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VOCI DA DIETRO LE SBARRE, LA PIAZZA PARLA DI CARCERE

 

Ivana Monti, perla della serata, ha letto passi del libro di Livio Ferrari. Grandi artisti, brani emozionanti fatti di musica e parole per costruire un ponte ideale tra chi è dentro e chi vive fuori.

 

Per il terzo anno consecutivo una serata d’estate viene dedicata all’ascolto di chi non può farsi sentire: i detenuti. La loro voce è affidata ai volontari del Coordinamento della Casa Circondariale di Rovigo appartenenti alle associazioni del Centro Francescano di Ascolto, Portaverta, Caritas e San Vincenzo: il cuore grande della solidarietà cittadina che ogni giorno opera per costruire un ponte ideale tra chi è dentro e la realtà che sta fuori. Un ponte che un giorno, più o meno lontano, chi è dentro attraverserà per addentrarsi in un mondo che non conosce più, che d’abitudine gli è ostile.

Suoni forti, prole ancora più forti per denunciare violenze inaccettabili nelle carceri di ieri, privazioni e mortificazioni in quelle di oggi; il disagio e dolore di chi ha familiari in carcere; la violazione dei diritti dei minori che crescono nei luoghi di pena con madri detenute. I versi dissonanti di poesie e canzoni che hanno ricordato traumi e frustrazioni, angosce e domande irrisolte di coloro che nella vita non hanno approdi, di chi nasce perdente e sa che la fortuna non si toglierà mai la benda dagli occhi per guardarlo, fosse solo per un attimo.

Piazza Vittorio Emanuele si è riempita di persone venerdì sera, per seguire Andrea Bagno che presentava la manifestazione “Il carcere in piazza (per non dimenticare)”, organizzata dal Coordinamento dei volontari del carcere di Rovigo; per ascoltare la musica alle chitarre di Paolo Capodacqua, al sax di Nicola Alesini, i brani di poesia e le canzoni offerte da Claudio Lolli, e la lettura recitata di passi sulla realtà carceraria proposta da Ivana Monti. La testimonianza viva del carcere registrata nel libro “In carcere, scomodi”, di Livio Ferrari, direttore del Centro Francescano di Ascolto, attraverso la lettura di alcuni passi da parte di Ivana Monti. Infine le lettere inviate dal carcere di alcune detenute, lette da volontari, perché non ci si dimentichi di loro; perché si valuti che la separazione, il silenzio, il tempo che trascorre vuoto di attese, lontano dalla speranza, è davvero una punizione che può portare al desiderio della fine.

Lo stesso Livio Ferrari è intervenuto dal palco per denunciare tutta l’ingiustizia di chi auspica la pena di morte per i reati più abominevoli; per chiedere veri programmi di reinserimento per chi ha sbagliato. Perché, come ricorda Ferrari nel suo libro, “la giustizia non è davvero uguale per tutti finché in carcere, per la maggior parte, ci vanno coloro che commettono reati comuni. Mentre chi inquina l’ambiente, froda nella produzione di alimenti, non ottempera alle norme della sicurezza sul lavoro, chi si rende colpevole di bancarotta molto spesso non varca la soglia del carcere e alla lunga resta impunito”.

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