«Prospettiva Esse – 2004 n. 3/4»

Indice

  1. Dell’indifferenza e dell’inganno
  2. Droga, per non dimenticare che esiste ancora (Valeria)
  3. Tabù nel carcere: la “cosa” (Valeria)
  4. Ricetta contro il “disagio” (C. Marani)
  5. Sono fortunata… almeno credo! (Valeria)
  6. Lettera al figlio (A. Sticotti)
  7. La mia vita senza freno (Lacky)
  8. Al peggio non c’è mai fine! (Valeria)
  9. Storie di ragazzi dentro le mura di un carcere minorile
  10. Non dovevi spegnerti così! (C. Gabriele)
  11. Perché le rivolte in carcere (a cura di “Dentro e fuori le mura”)
  12. Voli di dentro (poesie e quant’altro)
  13. Una bella promessa
  14. Great promises
  15. La nostra vita
  16. Our life

 

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Dell'indifferenza e dell'inganno

 

E’ stato organizzato un sit-in davanti al Parlamento, il 15 dicembre scorso, per manifestare il disappunto del mondo del volontariato e della società civile democratica nell’urgenza di riconsiderare tutte le possibili soluzioni in grado di fare del carcere una realtà in cui il tempo della pena possa assumere una reale funzione di risarcimento e di reinserimento autentico.

Il sistema carcere è in crisi e non può essere considerato l’unico rimedio ai disagi sociali e all’emarginazione, per la conflittualità che questi problemi inevitabilmente innescano rendendo invivibili le condizioni di vita delle persone detenute e degli operatori penitenziari. Troppi suicidi di detenuti e operatori penitenziari; inutili appelli; mobilitazioni e scioperi della fame non sono serviti a far approvare alcun provvedimento dal Governo e dal Ministro della Giustizia, necessità urgenti per risolvere i gravissimi problemi che attanagliano le persone che vivono nelle "città recluse".

Il problema, oggi più che ieri, si ripropone con forza perché il sovraffollamento, che riduce la possibilità di spazi per la socializzazione e per le attività di recupero, la incompatibilità con il carcere di alcune tipologie di detenuti, soprattutto quelli affetti da patologie psico-fisiche, la grave carenza di personale, i fondi sempre più esigui generano un corto circuito che rischia di far esplodere l’intero sistema penale sempre più simile a quelli dei Paesi dittatoriali e sottosviluppati.

Più specificamente il sit in è andato a sostegno di una proposta di indulto e per l'approvazione di riforme che consentano di risolvere i problemi del sovraffollamento attraverso la scarcerazione di tossicodipendenti, malati di aids, madri con i figli da zero a tre anni, malati psichiatrici e di tubercolosi, malati di cancro epatiti, malati terminali, ecc. Ma il sit-in ha voluto anche evidenziare i problemi del reinserimento e la non applicazione dei benefici previsti dalla legge Gozzini, nonché l’uso eccessivo della carcerazione preventiva.

Si è chiesto a tutte le forze politiche che con più ragionevolezza e meno strumentalità riconsiderino l’opportunità e la necessità di avviare un iter parlamentare per apportare le dovute soluzioni ma soprattutto che le Commissioni Giustizia di Camera e Senato si adoperino perché lo scarto tra la realtà carceraria e le leggi già varate ed esistenti sia colmato.

Tutti gli aderenti al sit hanno inteso, inoltre, sostenere la protesta civile, pacifica e silenziosa che da mesi viene portata avanti dalle persone recluse negli istituti di pena.

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Droga, per non dimenticare
che esiste ancora

di Valeria

Questa è la terza volta che sono una detenuta, la terza volta che sono un numero in matricola. Che poi nella mia ignoranza e nel totale disinteresse per l’argomento non so nemmeno se è sempre lo stesso visto che sono sempre io. Cambia forse se è differente il reato? O uguale ma nuovo? Oppure è come un codice fiscale, che una volta marchiato “pregiudicata” ti rimane accollato per tutta la vita? E fortuna la cosa non è di mio interesse…. Figuriamoci se lo fosse! Già sono una a cui la mamma insegnava “la curiosità fa parte dell’intelligenza purché non sia troppa, che diventa invadenza”. Da sempre se qualcosa risveglia la mia curiosità in positivo o in negativo giù a fare mille domande e alle “loro” risposte altre domande e quando le “loro” spiegazioni non mi soddisfano o peggio non trovano riscontro col mio pensiero allora sono guai! Miei guai! Non solo non colmo le mie lacune ma m’innervosisco per la totale ignoranza, indifferenza, superbia e quant’altro sbatto contro a quei “loro” a cui mi sono rivolta!

Mi leggo queste righe e mettendomi nei panni di un altro lettore (ci provo a volte, magari con insuccesso, ma ci provo a mettermici al posto altrui) mi sembra il tutto contorto, e così se vi va di continuare cercherò dove ho scordato l’inizio e il perché del mio scritto, avvisando già allora che è proprio la vita mia ad essere distorta, contorta, confusa… Sono tossicodipendente, potevo scrivere “ex”, è un tarlo che striscia per sempre nelle nostre teste (o è una mia buona scusa per la prossima volta?) e ogni volta che rientro al “Grand Hotel” di Rovigo o Venezia (dipenda dalla dea bendata) come ormai è ovvio al mondo intero, entro in astinenza! E si sta male… Dio, solo lui ne è testimone di quanto! E ogni volta io non sono quella che soffre peggio di un cane (per loro c’è il wwf, e per noi? Il Ser.t.!). Ma sono quel numero nuovo o vecchio che sia di matricola, e si ricomincia…. Anche se le mie forze sono rimaste tutte con l’ultima dose, devo fare la guerra per trovare la forza per le pratiche burocratiche infinitamente lunghe (è una mia sensazione?) Aspettare con vergogna le perquisizioni (se avevo qualcosa stavo ridotta così?) e poi finalmente ti butti in una lurida branda che a tutto pensi tranne alle pulizie, pur essendo io, a giudizio di molti, addirittura maniaca, e arrivano per chiederti se vuoi il vitto (giustamente) che ti fa correre, se hai la fortuna di arrivarci, alla turca per buttare fuori il veleno che hai dentro!

Alleluia! Mi dicono che c’è il medico! Giuro, mi alzo con tutta la dignità che riesco a trovare, cerco alla meglio di darmi una restauratina. Arrivo lì e dopo cinque secondi capisco che non essendo andata al Ser.t. negli ultimi sette giorni per la legge prima devono farmi gli esami delle urine, portarmi all’ospedale (non sanno ancora che esistono degli “stick” che danno risposta immediata tipo narcotest?), quindi aspettano due o tre giorni se va proprio nera, e poi ti concedono 25 milligrammi di metadone che ti tolgono completamente in cinque giorni. Io donna di 35 anni ancora, grazie a Dio, sana carina e non stupida, sto in quella sedia che mi contorco dai dolori spiegando (provandoci almeno) che se non andavo al Ser.t. da sette o più giorni è perché avevo tanta droga che non mi serviva il loro maledetto “metano”! Ma è la legge! Allo stremo provo a dire che in più uno scalaggio così rapido dopo mi pocurerà sofferenze ancora più dure, se possibile…. E mentre parlo, sudo freddo, tremo, mi tirano tutti i nervi, sento che dicono: “Vabbè per oggi diamogli un Muscoril”. La mia bocca tace, il mio cervello si chiude e ora so che non sono io (persona) ma un numero, mi togliete sta curiosità, vecchio o nuovo in matricola?

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Tabù nel carcere: la "cosa..."

di Valeria

In carcere non si parla di certe “cose”… silenzio, è vergogna! Tabù! Però le viviamo! Viverle ma non parlarne mai! Però esistono! Quando ti capitano poi, per la prima volta, e non capisci né quando né perché è cominciata, la vergogna aumenta…. È stata colpa mia? Ho detto o fatto “involontariamente” qualcosa che è successo e successo ora?

La “cosa” non ti ha suscitato neanche la curiosità mentale, ma ora te la senti sulla pelle e ti senti sporca! Ci mancava, di per sé, essere “ristretta”... ti senti e sei (quasi sempre!) colpevole ma il reato è nero su bianco, è un numero di procedura penale, questa “cosa” che mi morde la coscienza io non l’ho cercata! O invece sì? La vivo così male che sono sicura…. innocente sono! Il cuore va in tachicardia per l’agitazione, tesa come non mai, attenta al massimo, a come e specie con che parlo e perché? Perché “lei” è gelosa? Ma io sono una lei! Ho sempre e solo amato i “lui”! E ora che faccio? Spiegare? Parlare? (a chi?) Litigare? Ma scherziamo, la terza guerra mondiale farebbe meno “rumore”! Silenzio…. Nasconditi, vergognati, fingi che non esiste questa “cosa”, vivitela, subiscila e spera che finisca velocemente come è iniziata, sconta la tua “reale” pena ancora peggio se è possibile, forse è una punizione in più, forse me la sono meritata…. Spero di essere l’ultima a dover pagare anche questo prezzo.

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Ricetta contro il "disagio"

di Carla Marani

Ciao a tutti, sono anch’io una detenuta da un paio di mesi. Per me è la prima volta, e come per tutti, l’inizio è un grosso trauma da superare, mentre il prosieguo è un’accettazione consapevole, individualmente diversa , razionale o no, costruita o semplicemente assimilata con rassegnazione. In pratica, ognuno cerca disperatamente il modo per vivere all’interno del carcere e di passare il tempo che gli è imposto nel modo migliore. Io non sono “Mandrake” e per me è dura come per tutti, ma all’esterno il mio pane quotidiano è la “gente” e, diventando un po’ psicologa, vorrei, con molta umiltà, consigliare una ricetta per affrontare il “disagio”, sperimentata su me stessa e risultata non proprio male.

Gli ingredienti sono questi: calma, ma una calma razionale dettata da una profonda riflessione, che porta a convincersi del fatto che prima o poi l’incubo finisce. Rispetto e amore per gli altri, perché solo così si può essere riamati e rispettati a nostra volta. Estraniarsi all’ascolto di dicerie e pettegolezzi, ma ascoltare, pensare, valutare ciò che si è sentito, quindi comportarsi di conseguenza, ma non riportare i vari discorsi sentiti. Preparare se stessi, il proprio corpo, curare l’aspetto fisico, perché anche questo aumenta l’autostima e la fiducia in se stessi, e rende più sicuri e forti. Se si può, se si ha, donare con il cuore a chi invece non si può permettersi molto, naturalmente senza aspettarsi nulla in cambio.

Rispettare le regole e gli “assistenti”, sempre secondo giustizia, senza mortificare se stessi, senza perdere né dignità, né orgoglio, perché una correttezza sincera e non forzata, a volte viene molto più apprezzata. Non pensare mai a quello che pensano di noi, le persone fuori, perché oltre a non servire a nulla, travisiamo una realtà esterna che non conosciamo, rattristandoci inutilmente. Provare a comunicare con qualcuno, scrivendo tutto ciò che si sente nel cuore, nell’anima, ogni gioia, ogni tristezza, senza mai cadere nel volgare, restando nel totale rispetto per gli altri.

Purtroppo la disperazione più grande è l’impotenza: nell’agire, nel risolvere le cose con l’esterno, nell’essere autosufficienti, nel dover fare una domanda scritta. Anche per una penna o una semplice bottiglia di acqua. Quindi oltre al dolore per il distacco dalle persone che amiamo, per la perdita dell’amata libertà, e per questo tempo di vita non vissuto, dobbiamo saper convivere con il disagio delle piccole cose, della difficile quotidianità. Ma la vita è bella! E’in questo che dobbiamo credere fortemente, e pensare solamente a noi stessi, per ricominciare ogni volta.

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Sono fortunata... almeno credo!

di Valeria

Sono fortunata , almeno credo … Ogni volta che torno in carcere bene o male “lavoro”. Non importa se sono pagata due ore, in definitiva poi alla fine mi resta una miseria. L’importanza del vile denaro a parte, è la possibilità di essere fuori cella, e mica due ore! Quasi tutta la mattina fino alle 12,00 e più, e la mia testa è occupata. Dimentica, a volte dove mi trovo, che bella sensazione. Da sempre lavoro (in comunità mi accusano di farlo troppo, per non pensare; forse avevano ragione!). Ma in galera è quasi vitale, ti senti utile, viva, impegnata, orari da seguire, e per quante poche, pure con delle responsabilità. Allora ancora valgo qualcosa!

No, non è questo, è solo uno dei pochi diritti, dove c’è la possibilità del detenuto di lavorare, cosa che poi fai con serietà e passione o no, per me, non solo nessuno se ne accorge, ma neanche me ne frega, tanto, finito il mese, come è giusto, via due e sotto altre due. Il pensiero di tornare alla vita di detenuta comune, appiccicata alla branda, se non per le solite cose (non concesse la domenica che è la giornata peggiore di tutte) docce, lavare gli indumenti, e … basta. Poi che faccio? Come impegnerò il mio eterno tempo? Un modo lo trovo lo so: a costo di pulire la cella mille volte, ma la testa, i pensieri bui, è troppo, come farò a distrarmi? Mi sto fasciando la testa, prima di averla rotta, e solo il fare niente, la noia, la monotonia mi spegne il cuore.

Scrivo di continuo, ascolto assolutamente sempre musica e sogno ... ad occhi aperti. Socializzando il minimo indispensabile. Mi chiudo in me stessa, non mi fido di nessuno, la prima volta credevo nell’unione tra detenuti; ora vedo che c’è solo egoismo! Cortesia ma con distacco! Questa sono ora, mentre vorrei parlare ed ascoltare. Ma tutto è così banale, e tutto viene poi criticato, deriso! Già vissuto e sentito tutto questo, non mi ha lasciato niente, neanche brutti ricordi, niente, il vuoto, e allora se dopo cinque mesi, dopo un anno, dopo ... Nessuna mi ha lasciato ricordi perché crederci ora? Intanto domattina mi alzo per uscire a lavorare e sarà già di per se una giornata migliore, e poi … si vedrà!

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Lettera al figlio

di Antonio Sticotti

Carissimi,

              spero che G. non si sia arrabbiato troppo, se l’ho preso un po’ in giro nell’ultima lettera. L’ironia e la sua accettazione è il sale dell’intelligenza, perché smitizza l’orgoglio personale, riporta a terra la presunta superiorità sia di chi è colpito sia di chi la usa. L’importante è che non ferisca per cattiveria voluta e la mia non lo era. Sono felice per te, e per le tue doti, che dimostri sia negli svaghi, che negli impegni universitari. A proposito, bravo per il 30 nella tesina, non ti smentisci mai. Ti allego, per tua maggiore conoscenza, un articolo su Sottsass un designer tra i più famosi.

Anche a L. un bravo, sia per aver dato un esame difficile, sul cui esito non avevo dubbi, sia per aver mantenuto un ruolino di marcia da carro armato. Ho trovato in cella, che stiamo pulendo a fondo, una cartolina scritta in arabo, che tu stai imparando, e te la allego per un tentativo di traduzione. Indubbiamente è una lingua graficamente armoniosa, senza le asperità dell’italiano; pare la trasposizione in lettere dei geroglifici egiziani, splendidi nella loro semplice fluidità. Se tale armonia fosse anche parte integrante della religione e comportamento sociale degli arabi, il fondamentalismo islamico avrebbe poco terreno fertile, ed il mondo intero avrebbe prospettive più tranquille di pace e di coesistenza pacifica.

Cara L., grazie di aver ritirato i documenti, che finalmente ristabiliscono un po’ di verità, sino ad oggi a me negata. Come dice Pirandello, la vita è piena di infinite assurdità, le quali sfacciatamente non hanno neppure bisogno di  pareri verosimili, perché sono vere! Speravo di legger il pro-forma dell’articolo che hai predisposto per il giornale sull’intera vicenda. Sono comunque tranquillo su di te e sul tuo equilibrio, che, nonostante tutto e tutti, non è mai mancato. Un grande abbraccio per un enorme stima che ho per te, madre e moglie tenace, che lotta fieramente per ristabilire la verità e mantenere unita la famiglia. Anche se non è nel tuo carattere esprimere a parole i tuoi sentimenti, sono sicuro che mi vuoi bene; l’impegno costante dimostrato sino ad oggi lo conferma. Ti voglio bene, ed io te lo dirò ogni volta che posso!

Sto facendo, durante le lunghe, solitarie, notti di dormi-veglia, piani lavorativi per il futuro, ormai vicino, di libertà. Non capisco come Dio ci abbia potuto combinare questo scherzo tremendo; evidentemente era occupato in faccende più importanti. Comunque dillo alla zia, non mi è crollata la fede, che invece mi ha fatto compagnia anche in quest’anno di carcere, inutilmente sottratto alla mia famiglia ed alla mia vita. Indubbiamente ho sbagliato, ma non è sicuramente con il carcere che l’individuo si rimette sulla retta via, anche perché non c’è alcun aiuto in tal senso dalle strutture, teoricamente preposte, ma in realtà inesistenti. Non c’è nessun rapporto umano, nessun tentativo, esterno a te stesso, che agevoli la rivisitazione dei tuoi errori.  Non ho dubbi che avremo tempi migliori e che Dio conti. Verrà a vegliare su tutta la famiglia, e ci ricompenserà per gli enormi sacrifici che abbiamo sino ad oggi fatto insieme, nel nome di una giustizia non più erratica, come quella terrena.

          Buon lavoro, buoni studi, e tanta felicità. Bacioni, bacioni, bacioni.

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La mia vita senza freno

di Lacky

Un mattino avevo in mente di organizzarmi un giorno diverso dagli altri, stavo andando a fare il piercing, ma in pochi minuti la mia vita è cambiata in modo drastico, perché sono stata bloccata dai carabinieri per un controllo ed hanno visto che ero la ragazza che loro cercavano. Portata in questura mi hanno detto in poco tempo: “Va in carcere!” ed io non sapevo nulla del carcere, sono passati sette anni da quel giorno.

Dopo questi sette anni ho deciso di scrivere in questo giornale, di raccontare tutta la mia esperienza bella e brutta: “bella” da imparare per me, “brutta” per evitare e correggere.

In questi sette anni ho sopravvissuto in molte carceri, per le più svariate ragioni con qualche mia colpa. I primi anni erano sopportabili anche se ero dentro, ho trovato gente buona e la mia famiglia era molto vicina. Mi ricordo ancora un bellissimo giorno quando ho conosciuto Monica, una ragazza astuta e dolce nello stesso tempo, sono stata con lei quattro anni della mia vita, per me erano giornate sempre piene di sole.

Dopo, un giorno di giugno mi hanno portato via da lei e la mia vita è cambiata del tutto, sono diventata aggressiva, etc. La Monica che stava con me non mi faceva pesare la gabbia, ma mi rendeva molto felice, libera da ogni pensiero. Mi hanno strappato dal lei come se si strappasse un figlio alla propria madre, le cose che pensavo dovessero andare, non sono andate.

La mia vita si è stravolta in un incubo atroce, sono andata a Verona, dove per essere trasferita ancora una volta ho dovuto mettere le mani addosso a una ragazza.

Trasferita a Belluno per me tutto era buio, due anni d’inferno, di paure, e sola in una cella fredda e oscura dove non si potevano attaccare neanche manifesti del genere cantanti, etc.

In un pomeriggio di lavoro mi hanno detto: “Prepara la roba che vieni trasferita”. La mia vita era diventata un pacco postale, direzione Venezia. Per me tutto era nuovo, confuso, con gente che mi girava attorno ed io nervosa perché non ero più abituata; però passando il tempo mi ero abituata anche a quella confusione.

Sono passati sette mesi, di nuovo un trasferimento, il perché non lo so. Ma ora mi trovo qui a Rovigo e mi ritrovo a pensare: perché?

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Al peggio non c'è mai fine!

di Valeria

Già siamo quel che siamo….donne detenute che proprio per la loro sessualità e femminilità soffrono la ristrettezza (più mentale che fisica) dai maschietti. Ci manca mille volte di più: un complimento, una carezza, lo sguardo anche di uno sconosciuto, misto ad attrazione ed ammirazione, che ti fa sentire bella! Siamo donne! Oggi c’è stata una festa di là, al maschile, in teoria la festa era per tutti i reclusi a Rovigo, uomini e donne, e anche se ero una delle poche che già aveva comunicato alle agenti che non sarei andata (già vissute queste esperienze, dove se ti fai un po’ carina, lo fai solo per loro, sia questo a torto o a ragione, dove se lo sguardo, raramente innocente si ferma ed incrocia quello di lui, carino per te) ti senti dire: ”Si giri e non guardi” o, peggio, la mano dell’agente si poggia sulla tua guancia e ti gira il viso; perché, alla fine sono donna, convinta che uno sguardo non uccide, e sentirsi colpevole di aver guardato … beh no, grazie! Ma togliamo me: quasi tutte erano in attesa, pronte anche agli sguardi, certo, ma, soprattutto ad evadere un po’ da questa buia ed eterna monotonia, dieci minuti prima delle quindici, orario d’inizio, le agenti chiedono se sono pronte. Dieci minuti dopo tornano e con una normalità e semplicità che, giuro, non so dove si trovi, dicono: “Non si va più” più, non c’è personale per accompagnarvi!” All’ultimo un istituto di reclusione si accorge che non ci sono agenti? In galera le cose capitano all’improvviso? Sfiduciosa, come ormai sono, mi viene da pensare che tutto era già programmato, studiato, ma per guadagnarci cosa? Sulla pelle, le emozioni, sensazioni, e poi sulla delusione e rabbia che ognuna a proprio modo ha sentito, chi ci ha guadagnato? Nessuno? Perché allora? Mai avremo risposte a questo, ma la certezza di chi ancora ci rimette si, quella ve la do io, noi!

Noi, ragazze, che domenica mattina, mentre facevamo le pulizie della cella in pigiama, ben a due agenti chiediamo “C’è aria oggi?” (Quasi mai a noi è concessa!!) e ci dicono di no, te ne stai in pigiama, quindi, visto che è domenica, per tutti la peggiore, la più lunga giornata, e alle 13,30 passano e chiedono:”Chi va all’aria?”! Il tempo per cambiarmi di certo non me lo lasciavano … colpa mia che non sto sull’attenti! Forse!

Per fortuna, dopo tutto quel miscuglio inutile di sensazioni è venuta Rossella, bella persona che ti trasmette calore anche da lontano, che non  manca mai di farti una carezza (e le sue sono per tutte viste in modo amichevole, se te la fa una compagna … ahi ahi ahi … bla bla bla, inutili e stupidi!) E così, tra due stupide canzonette di Natale, tra bellissime e dolcissime poesie, l’animo si è un po’ riscaldato, ingentilito, poi finisce e torni in cella e aspetti per la socialità, ma ti senti rispondere che stasera non c’è per nessuna, che non c’è nessuna domandina, minimo cinque. Fosse stata una sola, l’abbiamo fatta ancora venerdì, una può essere una nostra dimenticanza, ma cinque teste recluse hanno errato o nessuno si è interessato alle nostre così banali richieste? E si sta sempre zitte, si accetta tutto, senza discutere ne obiettare o peggio controbattere. Paura? Di cosa? Di quel tarlo che piano piano, forse, ma dico forse, da sole ci siamo create, è dentro la nostra testa, se chiedi “aria o socialità” e non te la possono concedere (pur essendo uno dei nostri rari diritti) sarai la prima ad essere “sballata”! Qualcuna doveva ripeterle queste cose (non sono la prima, lo so bene, visto che è la terza volta che vengo qui e niente è cambiato in meglio) e se a “partire” sarò proprio io … Beh è vero che al peggio non c’è mai fine, ma è anche vero che la vita, a volte, quando pensi di stare per affondare, ti riserva una corda che ti aiuta a rialzarti.

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Storie di ragazzi dentro le mura
di un carcere minorile

 

Il nostro è un giornale che “esce” da un carcere per adulti, ma questa volta abbiamo deciso di ospitare le testimonianze di ragazzi, che stanno nel carcere minorile di Casal del Marmo, e che fanno un giornale che si chiama “Garçon”. Ci sembra importante pubblicare alcuni loro racconti, per capire meglio le difficoltà, le tentazioni, la voglia di trasgredire di tanti giovanissimi, e per aiutarli, se possibile, a non finire anche loro prima o poi in una galera “per grandi”. 

Ma prima di tutto vogliamo farvi conoscere un piccolo testo, tratto da “Innocenti evasioni”, il giornale dell’istituto Penale Minorile di Treviso, che descrive benissimo proprio il carcere per adulti visto da un ragazzino, che ci ha passato per sbaglio un po’ di tempo.

Adulti per sbaglio

Non ci sono attività se non dopo 6 mesi, allora si poteva fare un lavoro di pulizie però è difficile perché tutti lo vogliono fare. Ti fanno tanti rapporti anche per un niente e ti mandano anche in isolamento.
C’è tanta differenza per le condanne, lì sono più lunghe. Gli agenti sono più severi, si va all’aria tre volte al giorno e tutto funziona a domandine, le si scrive a mano e dopo non si sa se sono state accettate. Io dicevo che ero minorenne e non potevo stare lì, ho tentato anche il suicidio.

Il mangiare era brutto, chi poteva si arrangiava in cella. (Da “Innocenti evasioni”)

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Le testimonianze di “Garçon”

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Aiuto!!!

Ho voglia di gridare, mettermi in mezzo al viale immerso nella nebbia notturna e gridare fino a stanare i gatti dai cassonetti, svegliare le papere nello stagno e zittire ogni essere umano presente in questo posto! Mi sento decisamente sotto pressione negli ultimi giorni, ad ogni passo sento qualcuno che pronuncia il mio nome! (…) E poi ci sono le lezioni, lo psicologo, il bimbo che piange la notte, la gente che ti parla nel cervello senza capire che non è proprio il caso. Non rispondi e allora chiedono ancora più insistentemente, rispondi a una domanda e sei fregata perché poi te ne vomitano addosso altre duemila che sono sempre le stesse, inutili, sfinenti, asfissianti richieste di conforto! Ok! (…) Poi vengono e mi dicono che sono dimagrita, che sto proprio bene, che ho una bella faccia... Ma perché nessuno, mai, nemmeno per sbaglio, si ferma a chiedermi come sto? Male, sto male, mi sento i nervi che si attorcigliano ad ogni suono, più cerco di rendermi invisibile, più la mia presenza viene notata! Era un sacco di tempo che non mi sentivo così nervosa, strana, sfibrata, esaurita! Vorrei poter pensare un po’ di più a me, ma non c’è uno spazietto dove nascondermi a riposare! Non chiedo tanto. Mi conosco, so che mi basterebbe una giornata da passare sola con me per ricaricarmi, ma non importa a nessuno! Il permesso mi ha resa di buon umore e disponibile e così tutti a chiedere, senza limite, senza ritegno poi, però, quando alla fine sbrocchi, si dimenticano di tutto quello che gli hai fatto e ti chiamano stron… egoista! (Handy)

Quando stavo a Quito

Quando stavo a Quito andavo a scuola oppure andavo a rubare. Avevo molti compagni della mia età con cui uscivo quando non andavo a scuola. Non stavo solo per la strada, ma anche nei paesi vicini dove andavo a trovare altri miei amici. Per la strada giocavamo al pallone oppure si andava a rubare. Ho cominciato a rubare da piccolo e a tredici anni ho fatto le prime rapine. Ero anche piccolo quando ho imparato a giocare a poker. Giocavo per la strada: a volte vincevo, a volte perdevo. Nessuno mi ha insegnato a fere le rapine, perché ho imparato guardando.

I miei genitori quando mi vedevano con i vestiti di marca che compravo con i soldi rubati mi menavano e a volte mi strillavano. A Quito ci sono molti ragazzi e ragazze per la strada. Sono quasi tutti poveri, con case povere e stanno in giro per trovare la gente da rapinare. Sono stato in collegio per un anno, ma non mi piaceva e sono andato via. Conosco tanti ragazzi italiani della mia zona e a volte vado con loro a rubare e per questo sono qua in carcere condannato ad un anno ed un mese. (Hannibal e Freddy)

Sto vicino alla finestra e…

Sto guardando fuori come piove, piano, piano e sto pensando tanto, tanto, con l’aria che mi accarezza la pelle e mi vengono i brividi. Ho tanto dolore dentro di me e vorrei che questo mio dolore si trasformasse in felicità. Qui dentro è impossibile vivere: ti danno gli ordini come con un telecomando. Che cose!!! Dicono che la vita è bella, ma se fa schifo con tutto quello che anche fuori succede!!! Di fronte a me ci sono delle luci di tutti i colori e se ci fosse qualche altra qui seduta direbbe “che belli!”, ma per me non ci sono colori, non ci sono mai stati.

Se le mie lacrime fossero perle, sarei ricca! Se la sofferenza avesse la corona, sarei regina. La fantasia ti fa volare al di sopra di tutto e di tutti, come la musica che è un dolce suono che ti attraversa il cuore e ti tocca proprio dove ti fa più male. La musica è questo: ti capisce! Cosa ti resta di una persona? Il ricordo, una foto che lasciano profonde impronte nei nostri cuori, ma, improvvisamente, se ne vanno e ti lasciano il dolore.

Vorrei che le parole “dolore”, “morte” non esistessero perché ti fanno male, sono cose che ti distruggono. Il mio cuore è spento, non sa più ricevere amore e bene, sa solo di un dolore che non finisce più. Vorrei conoscere il limite di questa sofferenza, la sua fine, quando mi lascerà, quando smetterà di soffocarmi! Se il sonno fosse il futuro, solo così potrei sconfiggere il dolore e tutti i brutti pensieri!!! Sapete, sto rischiando di non sognare più, di non vivere più!!! (Susy)

La “signora”: mia amica, mia nemica!!!

La mia esperienza a contato con la “signora”, la droga (pe’ capisse!!!). La prima volta che ho toccato la droga, che ho incontrato “la signora”, avevo all’incirca tredici anni. Stavo in una comitiva di gente più grande di me e allora potete certamente capire! Ho iniziato come hanno iniziato quasi tutti, cioè con la canna o, per meglio dire, con lo spinello e, che vi posso dire, mi è subito piaciuto l’effetto che ho provato. Quando ne fai uso provi una sensazione che è piacevole: ti rilassa molto ma, se non sei abituato, può succedere che, la prima volta. puoi anche dare di stomaco.

Lo spinello è una droga che, oggi come oggi, si fanno quasi tutti i ragazzi verso l’età di quindici anni. Quando ho cominciato a frequentare certi locali come le discoteche, ho conosciuto un’altra “signora”, cioè un’altra droga come le pasticche, meglio chiamate “Checche”, “Bombe” e altri nomi. Anche quelle mi sono piaciute e l’effetto che provi non è come quello delle canne, ma è molto diverso. Viaggi completamente e, con le luci della discoteca, con la musica assordante, l’effetto è inimmaginabile!!! Vabbè: in poche parole stai ‘na “favola”. Poi, con l’adolescenza, ho provato di tutto. Quando stavo a Bastogi con i miei amici facevo uso di tutto: toccavo anche molto spesso gli psicofarmaci, conosciuti meglio come “Rivotril”, “Raip”, “Aminiase”, etc…

Queste cose le prendevo tanto per passare la giornata un po’ sconvolto, ma di queste cose non ci si deve vantare perché non sono esperienze piacevoli per i genitori. Ora vi parlo di cose più drammatiche che mi sono successe quando ho conosciuto un signore che mi ha rovinato all’età di sedici anni, facendomi provare la “Cocaina”. Con questa ho proprio superato il limite! Ora vi racconto. Ho iniziato a sniffarla per circa un anno, poi ho iniziato a fumarla con la bottiglia e vi posso assicurare che è la miglior droga, che ti fa sentire un leone, però a che serve se, per colpa sua, ora mi trovo in carcere??? (Marco)

Il futuro tra ragazzi

Io penso che rubare ai propri coetanei sia una cosa sbagliata, anche se da un altro punto di vista mi pare una cosa giusta, perché, quello che diceva Robin Hood, “rubare ai ricchi per dare ai poveri”, sembra una stupidaggine, però funziona cosi nella vita. Infatti noi cerchiamo di togliere a chi ha molto, non a chi non ha niente e poi, in fin dei conti, si tratta di un cellulare, di un motorino, di un Rolex o di poche centinaia di euro. Per la maggior parte i ragazzi fanno queste azioni perché hanno bisogno di soldi per passare una serata, perché, sai come sono i ragazzi di  oggi, in fin del conti, chi e che non ha mai fatto queste cose tra i ragazzi che, diciamo, sono cresciuti in mezzo ad una strada?

Chi agisce così deve essere considerato sotto due punti di vista: chi va a rubare perché ne ha veramente bisogno, tipo i ragazzi stranieri che vanno a fare i furti per mantenere la propria famiglia, per non farle mancare niente, io, dal mio punto di vista, lo trovo giustificato, invece ci sono ragazzi, come me, che rubano per se stessi, per comprarsi i vestiti di marca, per drogarsi e per mantenere i propri vizi, perché i soldi che gli danno i genitori non gli bastano. In fondo noi, ragazzi italiani, siamo fatti così! Io, però, a tutti i ragazzi che fanno queste cose qualche mese di galera glielo farei fare con la speranza che gli serva di lezione per il futuro. (Marco)

Sto in carcere

È la prima volta che vengo in galera. Il carcere è molto brutto. Secondo me fa male ai ragazzi perché a loro manca la libertà. E’ giusto pagare perché io ho tolto qualcosa a qualcuno. Quando sono arrivato in carcere ho pensato a quello che avevo fatto e mi sono risposto che l’ho fatto perché non avevo soldi. Sono pentito perché ho fatto la rapina; sto in carcere e penso che non lo rifarò più perché è molto pericoloso ed è brutto. Il tempo in carcere si passa così: dal lunedì al venerdì mattina si va in falegnameria, nel pomeriggio sto in cella.

Il sabato mattina tre ore di giornalino, mentre passo tutta la domenica in cella. Mi è molto difficile sopportare il carcere ed io quando mi chiudono la cella penso come la gabbia per l’uccello. Io ho un buon rapporto con tutti i ragazzi del carcere, ma preferisco stare da parte, solo. L’attività che preferisco e quella di falegnameria perché ci sono tante cose da fare e così il tempo passa più veloce. Non ho amici particolari qui dentro e per quanto riguarda il futuro ci penserò quando sarò fuori per adesso non ci riesco, non ci sono condizioni favorevoli. (Zhou)

Quello che avrei voluto essere

Quando ero più piccola pensavo di fare una vita normale, avere un lavoro normale, avere una famiglia e dei bambini. Ma fino ad adesso niente ho avuto, perché mi è stato tutto contrario. A sedici anni sono partita per venire in Italia: pensavo che un po’ cambiava la vita, che potevo trovare un lavoro per aiutare la mia famiglia, ma tutto è stato diverso.  Sì, ho trovato un lavoro dove potevo guadagnare un sacco di soldi ma questo lavoro era molto sporco, molto rischioso. Lavoravo come prostituta dove sopportavo tutta gente strana. Da quando ho cominciato questo lavoro la vita mia è stata solo nera, senza felicità, senza niente, solo soldi. Adesso che sto in carcere io ho avuto il tempo per pensare a quello che posso fare quando esco di qua.

Voglio dimenticare tutto e cominciare una nuova vita con il mio bambino, voglio trovare un lavoro normale e crescere il mio bambino.

Il carcere mi ha aiutata a cambiare e a pensare che i soldi non portano la felicità. (Giorgiana)

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Non dovevi spegnerti così!

di Chiara Gabriele

Ci sono vite che passano come un alito di vento. Non si fa a tempo a capire che cosa stiamo vivendo, che è già finita. Non c’è sedia elettrica peggiore di una vita consumata a metà come una candela a una festa in un parco. Viene una scarica di pioggia, gli ospiti fuggono e tu te ne rimani lì solo, spento. Eppure ne avevi ancora di cera da illuminare la notte, addirittura la più buia, mamma ti sei spenta e io non ti ero accanto. Dio solo sa quanto ho pregato di potermene andare al posto tuo.

Ancora sento le parole affaticate al telefono dove mi dici che mi aspetti. Ancora penso che tu lo stia facendo e l’eco delle tue parole riempie la mia testa ogni istante. Sento ancora il tuo profumo, i tuoi rimproveri. Ora mi addormento illudendomi che tu mi sia accanto accarezzandomi i capelli come sempre facevi. Sì, trentadue anni e ancora mi piaceva farmi coccolare da te. Ora ne ho trentatrè e sto ancora aspettando i tuoi auguri. Anestetizzata e ovattata da questa struttura carceraria che non mi aiuta a realizzare il fatto che non “sei” più.

I ricordi? Per ora si limitano al nostro ultimo incontro in ospedale, quando fra me e me pensavo che non potevi essere tu quell'esserino distrutto dalla chemioterapia, incosciente a causa della morfina e così piccola e indifesa. Volevo accarezzarti come tu facevi con me e invece ho preferito tornare in carcere. Qui ero al sicuro. Qui non si prova dolore. Qui c’è la medicina giusta: Tranquirit, Laroxyl, o quant’altro. Non è un problema il dolore non vissuto. Non preoccuparti, dicono loro... sì, dico io, giusto il tempo di terminare la condanna e poi potrò pian piano capire cosa è successo. Sì, perché fuori la vita continua, è qui che tutto sembra fermo.

Fermo a quel maledetto giorno in cui sono venuti a prendermi e in fretta e furia ho preparato le mie cose. Ancora non sapevo cosa ti aspettava. Da quel momento in poi hai pensato solo a me e hai smesso di lottare. Chissà perché le mamme dei carcerari muoiono sempre prima!

Non darmi preoccupazioni mi dicevi... e invece te ne ho date eccome! Dentro di me penso di sì.

Hai riservato Tutte le tue energie per una figlia che sicuramente non è un “modello”. Figlia che però aveva il diritto/dovere di starti accanto anche se per poche ore. (...).

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Perchè le rivolte in carcere

a cura di "Dentro e fuori le mura"
Gruppo di lavoro permanente sul carcere

Vista l’accesa discussione che si è scatenata nei mesi scorsi sui fatti di Regina Coeli crediamo doveroso far sentire anche la nostra voce. Dobbiamo da una parte esprimere la nostra piena e totale solidarietà ai detenuti che hanno attuato la protesta, dall’altra tentare una riflessione sullo “stupore generalizzato per una protesta non-pacifica.

In realtà ci si dovrebbe stupire sul fatto che episodi come quello di Roma non accadano giornalmente ed in tutte le carceri italiane viste le attuali condizioni dì non-vita Negli ultimi quattro anni i detenuti italiani hanno effettualo decine di proteste pacifiche (molto spesso in accordo con la direzione) con il risultato di non vedere accolta neanche una delle loro rivendicazioni ma, anzi, di vedersi anche beffare con il cosiddetto “indultino” con il quale si mistifica la rimessa in libertà di 5600 detenuti. I (pochi) difensori di questo aborto legislativo si scordano di dire che, essendo i requisiti per l’indultino più restrittivi di quelli di altre misure alternative come - ad esempio - l’affidamento, essi avrebbero potuto tranquillamente uscire con tali misure. Anzi è significativo che molti abbiano accettato un regime di fatto più penalizzante (firma giornaliera, possibilità di revoca per cinque anni a prescindere dalla durata del residuo pena, ecc.) invece delle normali misure, segno inequivocabile che quest’ultime vengono concesse con sempre maggior difficoltà. La trasversale criminalizzazione dei fatti di Regina Coeli segue il copione consolidato per cui è lecito rivendicare i propri diritti, ma solo nei modi e con le regole che i! sistema stesso stabilisce in modo che, salva una parvenza di democrazia, la rivendicazione stessa sia del lutto inefficace (il parallelo con gli autoferrotranvieri non è assolutamente casuale).

Illusi, derisi, abbandonati a loro stessi e costretti a vivere (?) in quattro o cinque in loculi di pochi metri quadri per 21 ore al giorno, senza assistenza sanitaria, con un vitto del valore di 1,58 euro al giorno per colazione pranzo e cena, esposti a malattie, condizioni igieniche inesistenti, soprusi e umiliazioni (molto spesso anche pestaggi). In questo quadro non stupisce affatto che anche il maggior deterrente (insieme all’immancabile repressione interna) a vere e proprie rivolte e cioè l’accesso a misure alternative previste dalla legge Gozzini (pur con un iniquo criterio di premialità) possa venire meno giacché tale accesso è sempre più virtuale che reale. In tale contesto invitiamo tutte le forze impegnate sul fronte carcere, oltre a manifestare la propria solidarietà ai detenuti “ribelli”; anche a partecipare fisicamente al processo che (sic) verrà celebrato nei loro confronti, come atto tangibile d’appoggio alle loro giuste rivendicazioni.

A quanti poi attribuiscono la degenerazione delle carceri esclusivamente all’attuale politica del ministro della giustizia - sul quale non ci pronunciamo - ricordiamo che le cause legislative dell’incremento del numero di detenuti dai 25.000 del ’90 agli attuali 57.000 sono state tutte varate dal centrosinistra: legge sull’immigrazione, legge Craxi-Jervolino-Vassali sulle tossicodi-pendenze per non parlare dell’ignobile pacchetto giustizia che ha portato, tra l’altro, il minimo della pena per un semplice furto da sei mesi a tre anni.

Cosi come sempre più settori della sinistra appoggiano in pieno la cosiddetta politica della “restituzione del danno”; sventolandola come progressista quando invece nel suo significato intrinseco ci riporta indietro di almeno vent’anni al concetto di pena come espiazione e riparazione nei confronti di una società perfetta alla quale non si può attribuire nessuna correlazione con il reato, atto di pura devianza individuale. Tale concezione oscurantista era stata in qualche modo superata dall’introduzione della Gozzini che, pur con i suoi evidenti limiti, riconosceva un aspetto sociale del reato e quindi dell’esecuzione penale. In merito agli interventi da attuare per dare delle risposte concrete alla crescente disperazione dei detenuti, noi siamo convinti che esista una sola strada: un indulto vero e generalizzato per sanare una situazione d’inanità nella quale versa ormai da anni l’Amministrazione Penitenziaria ma accompagnato da misure politiche senza le quali avrebbe un effetto solo temporaneo.

Tra esse crediamo prioritarie: una maggiore applicazione delle misure alternative previste per legge, anche creando le condizioni per cui non vengono concesse (di solito l’impossibilità di trovare un lavoro e/o un’abitazione); l’abolizione del “pacchetto giustizia” per riportare i limiti di pena ad una dimensione reale; una seria politica di depenalizzazione dei reati minori ed in particolare quelli legali ad immigrazione e tossicodipendenza.

 

dentroefuorilemura@inventati.org

http://www.inventati.org/dentroefuori

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Voli di dentro
(poesie e quant’altro)

SOLTANTO A TE

Iniziai ad apprezzare la bellezza del giorno

quando entrasti nella mia vita, mi indicasti la strada.

Ogni giorno è un giorno nuovo, che hai reso diverso da ieri.

Confido nel mio domani, perché lo vedo con gli occhi della fede.

 

Come proseguo nella mia vita, tu mi insegni tante cose

ed alla fine scopro che il tuo proposito è rendermi felice.

Molte sono le tue promesse, molti premi sono in attesa.

Che meraviglioso amico ho accanto, perciò non posso aspettare.

 

Non posso aspettare di lodarti, non posso aspettare a ringraziarti.

Sei sempre con me e per questo ti amo.

Tu mi perdoni sempre e so che anche tu mi ami.

Oh Signore, mio Dio, Ti offro adorazione, onore, lode,

soltanto a Te

Celeste Pangilian Pante

ONLY TO YOU

I began to appreciate the beauty  of the day

When you entered into my life and showed me the way

Everyday is a brand new day, coz you mode it different

from yesterday

And Im sure for tomorrow, coz the eyes of my foith

Can see i through.

 

As i go on with my tipe, You teaches me many thing,

Ond i found it at the end, to make me happy is your aim

Many promises you made, many prizes owaits

What a wonderful Friend have, for that i cant wait.

 

I cant wait to praise You i conf wait to thank You

You are always with me and for that i love you

You always forgive me and i know You love me too

Oh! Lord  my God, worship, pèraises and honor i offer, only to You

Celeste Pangilian Pante

INCUBO

Ho avuto un incubo, divenuto realtà.

Ora sto vivendo nell’oscurità, ma siamo tanti.

Mi ero guardata intorno e riflettevo

Osservando con cura, il posto a cui ora appartenevo.

Trascorsi un giorno o due, mi dissi “posso farcela”

Basta una tazza di sincerità, un cucchiaio di umiltà

Poche gocce di sorriso, una mente aperta ed un cuore pieno di bontà,

Versi tutto l’amore che hai, e vedrai che la vita non è male.

So che non è facile, ma forse sono preparata

A vivere in un mondo limitato, e ad accettare il nostro destino,

Siamo comunque prigionieri, perciò non aspettiamoci niente di beato.

Siamo qui per essere puniti, per tante nostre “cazzate”.

Disperazione, rabbia, solitudine ed amarezza, si possono trovare qui,

Qualcuno si comporta bene, con lo scopo di ottenere qualcosa

E questo viene detto qui “leccare”, ma per me è solo amare se stessi,

Che se usato così, a tua insaputa, diventa egoismo.

Sono sola e anche disperata, ma non posso biasimare nessuno

Nel fare del mio meglio, mi dico di non pretendere nulla in cambio.

Il mio Dio è comunque con me, mi guarda sempre.

So che Lui mi ricompenserà, per tutto ciò che ho fatto.

Celeste Pangilinan Pante

NIGHTMARE

I had nightmare turned into reality

Now i am living in darkness but  we are many

I looked around and studied for a while

Observing with care the place where i now belong

After a day ar two, i said i can make’ it

Just a cup or sincerity, a tablespoon of humility

A fen drops of smile, an open mind and a living heart to everyone

And pour all the love you have: wiel see that life is not bad.

I know its not easy but maybe i am prepared

To live in a limited world and to accept our destiny

We are prisoners anyway, so expect bot for “beuty”

We are here to be punished, for our “cazzate”

Desperation, anger,  loneliness and bitterness, you can find it here

Someone is doing good, with the aim of getting something

This behaviawe…the call iy “licking”, but rfor me its self-loving

If someone used to be like this, without her knowing, shell become sel fish

Im lonely and desparate too, but i can’t blame any are

In doing good i said to myself not to expeed in return

My good is always there anyway, looking at me everytime

I know he is the one who will reward me in all that I’va done

Celeste Pangilinan Pante

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Una bella promessa

 

Quando qualcosa  sembra troppo dura da affrontare

E nel profondo, dentro di te stai lottando troppo

Quando senti che qualcosa è insopportabile, che non va

C’è sempre una soluzione per tutte le tue disgrazie.

 

Dalla Bibbia leggi un bellissimo verso

Sicuramente può aiutarti ad affrontare una tale circostanza

I fardelli sono comuni comunque, ed ognuno di noi ha il suo da sopportare

Allora fatti coraggio e va avanti perché non c’è altro modo

 

Tutte le difficoltà che avete dovuto affrontare non sono state superiori alle vostre forze. Perché Dio mantiene le sue promesse e non permetterà che siate tentati al di là della vostra capacità di resistenza. Nel momento della tentazione Dio vi da la forza di resistere e di vincere. (Prima lettera ai Corinzi 10, 13)

 

Osservate come crescono i fiori dei campi: non lavorano e non si fanno vestiti…eppure io vi assicuro che nemmeno il re Salomone, con tutta la sua ricchezza, ha mai avuto un vestito così bello. Se dunque Dio rende così belli i fiori dei campi, che oggi ci sono e il giorno dopo vengono bruciati, a maggior ragione procurerà un vestito a voi, gente di poca fede! Perciò, non state sempre in ansia nel cercare che cosa mangereteo che cosa berrete: sono gli altri, quelli che non conoscono Dio, a cercare sempre tutte queste cose. Voi invece avete un Padre che sa bene quello di cui avete bisogno. (Luca 12, 27-30)

 

Con una tale bellissima certezza, come possiamo chiedere di più

Allora sorridi ed abbi fede che le sue promesse sono sicure

Puoi farlo passo dopo passo, puoi riuscirci giorno per giorno

E’ coma arrampicarsi su una montagna con la speranza di vedere

La fine di tutti i tuoi dolori, di avere riparo da tutte le tue preoccupazioni.

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Great promisses

 

When something seens too hard to hardle

And deep inside you, yonrehunting so much

When you feed something’s unbearable, something unfair

There is always a solution for all your cares.

From the Bible I read a beutiful verse

Surely it can help you to face such case

Burdens are common anyway and all of us has his own to bear

So take courage and go on cor there’s no other way

 

Corinthians 10,13

Every test that you have experienceed is the kind that normally comes

To people. But cod the promise, And he will not allow you to be

Tested beyond your power to remain firm; at the time you are so put

To the test, he will give you the strenght to endure it, and so provided

You with a way out.

 

Luke 12,27-30

Look at the birds in the sky, they don't plant seeds or gather

A harvest; they dont have a storage rooms or barns,God feeds then:

you are wort so much more than birds.

Look how the wild flowers grow; they dont work or make clothes for

them selves. It is God who clothes the wild grass (with be antiful calors)

Grass that is here today and gone tomorrow, dried and be burned –up.

Wont he be at the more sure to take care of you.

 

With such a beautiful assurance how cxan we ask for more?

Just smile and have faith that his promises are sure

Step by step you can make it, day by day you can have it

Its e like climbing on the mountain with the hope to see

The end at an yours pains, to have rest from all your wearies.

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La nostra vita

 

         La nostra vita è come una giornata, ha fasi e tempi

Mattina, mezzogiorno e pomeriggio, ecco come dove andare

E c’è anche una notte, che verrà sicuramente

Per avere riposo e sonno, ma che se ne andrà per sempre.

Il mattino è il più importante, allora svegliati e impara

Fai il meglio per essere preparato nell’affrontare il giorno

Raduna tutte le cose di cui hai bisogno,

perché la battaglia della vita sta tuonando

Armati di coraggio di fede …guarda ! sta arrivando mezzogiorno

 

Mezza giornata è passata, così anche la nostra vita

E a questo punto della nostra vita, ogni minuto è importante

Alcune correzioni per fare bene, dei sogni da realizzare

Porta tutto a un fine adesso, non c’è modo di tornare indietro

 

Metà della vita è passata, allora persiste con quella che hai

Fai tesoro del successo che ottieni,

ma continua a mettere ordine nell’irregolare sentiero

Afferra tutte le opportunità che verranno sul tuo cammino

Per te, per avere soddisfazione mentre riposi nel pomeriggio.

 

E’ già pomeriggio e tu cosa puoi dire?

Se guardi indietro nel tuo passato, la soddisfazione, la senti?

Ci sono dei frutti da raccogliere in tutto quello che è stato piantato?

La corona della vita, sei sicuro di riceverla alla fine?

Tutto quello che è stato fatto è già fatto

In questa parte della nostra vita, arriverà la rivelazione

La solitudine e i lamenti se molte cose buone sono lasciate incompiute

Bei tempi e vita soddisfatta se ti sei battuto bene.

 

In tempi belli o in brutti, soddisfatti o no

Per noi c’è tempo per riposare, per dormire la notte

Ma questa notte è diversa perché non si ripeterà mai

E’ tempo di morire e di andare per sempre.

 

Studia attentamente, quello che intendo con la mia poesia

Forse non è ancora tardi per te, per realizzare dei sogni

Corri…..usa ogni minuto

Perché come la vita ha un inizio, ha anche una fine.

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Our life

 

Our life is like a day, it has phases and times

Morning, mid-day and afternoon, that’s the way it must run

And there is also a night that the way it must run

And trhere is also a night that will surely come

To have rest and sleep but forever be gone.

 

The morning is the most important, so wake –up and learn

Make the best to be prepared in facing the day

Gather all things you need, coz lifes battle is roaring

Arm yourself with courage and beliefs… look! mid-day is coming

 

Half of the day spent, so also with our life

And at this paint of your life, every minute is important

Some correction to make right, some dreams to reach aut

Finalize everything now, there’s no way to go back.

 

Half of the life spent, so hald on with what you have

Treasure the succes you got, but continue to straighter the rough path

Grab all the chances that will come in your way

For you to have satisfaction while reesting in the afternoon.

 

Its all afternoon and what can you say?

If you look back in your past, satisfaction, do you feed?

Is there any fruit to gather in all that has been planted?

The crown at life ire you sure to recieve it at the end?

 

Whatever has been done is already done

At this part of life, revelation will come

Loneliness and lamentations if many good things left undone

Good times and satisfied life, if you fought with good fight

 

In good times ar in bad, satisfied at not

There is a time for us to rest, to have a sleep at night

But this night is different coz it will never be repeated

It’s time to die, and be gone forever.

 

Study carefully, what I mean with my poem

Maybe it’s not yet late for you to finalise some dream

Run….. use every minute

Coz as life has beginning, it has also an end.

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