«Prospettiva Esse – 2004 n. 1/2»

Indice

  1. La vita vale la pena viverla (M. Pizzo)
  2. Corsi di formazione e ozio (F. Cantini)
  3. Gratuito patrocinio (F. Cantini)
  4. Lavoro: necessità ed utopia (A. Corda)
  5. Un calcio all’indifferenza (F. Pellegrini)
  6. Il tempo non passa mai, per fortuna esistono gli amici (M. Pizzo)
  7. La fantasia del cuore che supera ogni muro e sbarra (M. Pizzo)
  8. La salute in carcere, problema sempre attuale (F. Cantini)
  9. La sanità in carcere (A. Corda)
  10. La storia dell’uomo segnata dalla ricerca scientifica (V. Occari)
  11. Voli di dentro (poesie e quant’altro)
  12. Uomini di potere (J. Florentina)
  13. Il mondo dei “se” (M. Pizzo)
  14. Quanto sono belli i piedi di coloro che portano il buon annuncio del bene (C. Pangilinan)
  15. Aiutiamo l’ambiente (G. Zordan)

 

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La vita vale la pena viverla

di Modesto Pizzo

Che ore serene ho goduto un giorno, come ancora ne è dolce il ricordo, ma mi hanno lasciato un vuoto che duole, un vuoto che il mondo non riempirà mai, ma un fisso inalterabile dolore, non dimentico ciò che il cuore ha dentro.

Resta dunque la medesima tristezza, né si cura di vista e di stagioni. Non ho mai conosciuto una felicità piena che durasse a lungo, i miei giorni sono sempre amareggiati. Penso di non rimpiangere un solo “eccesso” della mia vita aperta a tutti gli stimoli, mi rammarico solo ora che sono qua delle occasioni e delle possibilità che non ho saputo cogliere. Vivo più che posso, devo imparare a vivere con l’illusione della libertà.

La vita senza amore non è vita, questa è la conclusione.

Libertà è la prima parola che mi viene in mente, quando penso alla parola libertà sono felice nel senso più ampio del termine, che rinchiude cioè fortuna e piacere. Quale felicità veramente c’è nella parola solitudine? Chi può godere da solo, ovverosia come posso trovare la felicità nel godere di ogni cosa? E’ indicativo il fatto che i legami a cui più tengo riguardano persone ben precise che mi sono care. Moglie, figlia, amici e talvolta anche posti particolari.

Questi pensieri specifici che faccio mi appaiono come unici e insostituibili, sembrano racchiudere tutto il significato della mia esistenza. Mi sono riservato un retrobottega tutto mio, sicuro, in cui possono collaborare la mia vera libertà, il più importante ritiro e la solitudine. Soltanto quando sono solo posso scoprire la vita personale, nel tempo che passo qui la solitudine era la mia tentazione, ora è la mia amica. Di che altro potrei accontentarmi, dopo aver incontrato il carcere.

Ho fatto la mia passeggiata quotidiana alle ore quattordici del pomeriggio, mi sono fermato ad ascoltare il silenzio, chiamavo, urlavo dentro di me i nomi più cari, e come risposta mi arrivava del vento freddo. La peggiore solitudine è l’essere privi della vera amicizia; il detenuto, salvo quando mangia, dorme o passeggia o viene interrogato, è lasciato completamente solo.

Ho visto che il saper stare soli rappresenta una preziosa risorsa, mi permette di entrare in contatto con i miei sentimenti più intimi, di superare il dolore di una perdita, di riorganizzare le idee, di mutare atteggiamenti. Non c’è luce nel mondo del carcere, è tutto buio, in questa tenebra si riesce a trovare la pace e la capacità di vivere in un mondo privato, fatto di illusioni.

E’ come se avessi intrapreso un lavoro con la mia fantasia che si prolungherà ormai per anni, sono spinto a sfruttare le risorse della mente, a non lasciarmi sfuggire nulla di significativo, a creare qualcosa.

Le lezioni che ho imparato per la mente sono: che devo cercare in me stesso la felicità e che qualsiasi difficoltà può venire superata nel momento che l’affronto: ho risorse interiori a sostegno.

Questo cambiamento in me è dovuto ad una sola cosa: ho imparato a sopportare senza mormorazioni mentre prima mi sforzavo di tenermi attaccato ancora a mille cose e siccome tutte una dopo l’altra mi sono sfuggite, ridotto a me solo, ho ritrovato infine il mio stato normale, pur incalzato da ogni lato rimango in equilibrio perché non mi attacco più a nulla, non mi appoggio che su me stesso.

Da allora ho ritrovato la pace dell’animo e quasi la felicità, perché in qualunque situazione io mi trovi è soltanto l’amor proprio a rendermi felice. Il mio cuore si nutre ancora di sentimenti per i quali vivo con gli esseri immaginari che io produco e come questi esistono realmente ed esisteranno finché durano le mie infelicità e basteranno finché durano le mie infelicità e basteranno a farmele dimenticare … per il resto lascio fare alla mia vita, perché la vita ha ragione in ogni caso.

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Corsi di formazione e ozio

di Ferdinando Cantini

Dalla norma costituzionale per cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, alla inquietante realtà del mondo carcerario dove prolifera un sottomondo nel quale si illudono di vivere detenuti e operatori penitenziari. Da tutto questo emerge un quadro drammatico del sistema penitenziario in Italia: sovraffollamento, personale scontento e demotivato, assenza totale o quasi di strumenti legislativi volti a incentivare le occasioni di lavoro dei detenuti e dulcis in fundo continui tagli nel bilancio per i fondi destinati allo sviluppo e riordino del sistema penitenziario.

Il condannato è abbandonato a se stesso, come del resto lo è la struttura che lo ospita. Il carcere è rimasto sostanzialmente chiuso alla società civile, la quale ne giustifica l’esistenza come istituzione, ma solo allo scopo di rimuovere una realtà scomoda, difficile e inquietante.

Emerge come nuovo comune sentire un’altra concezione che potremmo definire “utilitaristica della pena”, come forma di riequilibrio sociale, necessario essenzialmente a placare i sentimenti di una società offesa dal crimine.

Esiste la consapevolezza della necessità di indirizzare il detenuto in espiazione della pena verso percorsi di istruzione o di attività lavorative, così si iniziano corsi di studio e attività di assemblaggio seguite da cooperative esterne, ma purtroppo troppo spesso viene abbandonata la linea tendenziale di un programma individualizzato per condurre il detenuto a un graduale reinserimento nel contesto sociale. La necessità di tenere comunque impegnati, anche se in attività senza senso, i detenuti, prende il sopravvento per debellare i molti danni causati dal troppo ozio.

Particolarmente inadeguata appare la situazione del trattamento penitenziario che è molto distante da quanto prevedrebbe la legge proprio nel profilo della ”personalizzazione”, quindi prevale l’attività di custodia, finalizzata solo al mantenimento dell’ordine e della disciplina interna.

E’ ancora  rara l’eventualità di sottoporre i detenuti ad un programma di rieducazione individuale e rare sono anche le occasioni di lavoro.

I migliori risultati di reinserimento, quando si ottengono, sembrano più dovuti alla buona volontà degli operatori, dei volontari o di qualche direttore illuminato, ma il più delle volte il detenuto deve affidare le sue speranze alla fortuna di poter essere nel momento giusto al posto giusto per poter fruire di qualcosa utile al suo percorso.

Tutta questa precarietà di situazioni di vita reclusa e la mancanza di obiettivi concreti, programmati e finalizzati ad accogliere una convinta partecipazione del detenuto ai programmi di trattamento vengono a penalizzare molte possibilità di successo che si potrebbero ottenere.

Infatti sono sempre in costante aumento i casi di recidività dei condannati e di quelli che ricevono risposte sanzionatorie dal nostro ordinamento, di ciò ne sono testimonianza le numerose revoche che avvengono ultimamente al provvedimento di “indultino” che è stato concesso.

La necessità di corsi di studio, di formazione professionale e di attività lavorative sufficientemente remunerate sono estremamente necessarie ad elevare i livelli di vita nelle carceri e per condurre il detenuto attraverso un programma trattamentale, il più possibile individualizzato a determinare il proprio riscatto e reinserimento.

La situazione, sotto molti punti di vista, appare complessa e foriera di sviluppi imprevedibili e forse anche impensabili.

Si sta rendendo necessaria una nuova impostazione e un ripensamento sulla politica penitenziaria. Le carceri pullulano soprattutto di emarginati, tossicodipendenti e extracomunitari, ma soprattutto di criminalità di piccolo cabotaggio.

E’evidente che qualche sporadico corso o qualche occasione di lavoro in più non sono sufficienti a mantenere vive le aspirazioni di reinserimento e di riscatto di un detenuto.

Le riforme penitenziarie, per rendersi credibili, hanno auspicato la programmazione di una detenzione attiva e non supina a vecchi stereotipi che sintetizzano il carcere con “portoni” che si chiudono. Espiare una pena, e scontare una pena, sono situazioni diverse e possono conseguire risultati diversi, tutto dipende dalla politica penitenziaria che  si vorrà portare avanti fornendo gli strumenti e gli spazi necessari.

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Gratuito patrocinio

di Ferdinando Cantini

Art. 47 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea “A coloro che non dispongono dei mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia”. Il Gratuito Patrocinio consente alle persone che vivono in stato di indigenza economica e sociale, di essere difese gratuitamente da un avvocato davanti a qualsiasi giudice del nostro paese e di non pagare le spese del processo. Si tratta di un diritto garantito dalla Costituzione della Repubblica (Art. 24) e dalla Convenzione Europea sui diritti dell’uomo (Art. 6). La finalità perseguita è quella di assicurare condizioni di uguaglianza a tutti i cittadini anche in sede processuale per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi.

Il gratuito patrocinio inoltre rappresenta per gli avvocati un obbligo morale ed un titolo onorifico nella loro carriera personale. L’avvocato, infatti, è tenuto ad accettare di prestare la propria opera nello esclusivo interesse del cliente senza riceverne da lui compenso in quanto “non abbiente” quindi non in grado di affrontare il pagamento delle spese legali.

Funzionamento: il gratuito patrocinio viene introdotto inizialmente dal R.D. 30/12/1923, nr. 3282 con un procedimento abbastanza complesso, riordinato e semplificato successivamente dalla legge 30 luglio 1990, nr. 217, poi modificata dalla legge 20 marzo 2001, nr. 134, la quale sancisse la facoltà del richiedente a scegliere il proprio avvocato e che il compenso al difensore o ad il consulente tecnico avviene a spese dello Stato con esenzione di ogni altro tributo.

Dal 1° luglio 2002, il patrocinio a spese dello Stato è applicabile a: tutti i giudizi penali e a tutte le azioni civili ad essi connesse, ai processi penali militari, ai processi civili (inclusi i processi sul lavoro, di risarcimento danni, e di volontaria giurisdizione), ai processi amministrativi (compresi i ricorsi al Garante per la protezione dei dati personali) e ai processi di impugnazione al decreto di espulsione stranieri.

Sempre dal 1° luglio 2002 il limite del reddito annuale per poter accedere al patrocinio (al di sotto del quale una persona è considerata “non abbiente”) è uguale per tutti i giudizi nella misura di €. 9.692,22 pari a £. 18.000.000. Ogni due anni, con decreto del ministro della Giustizia tale limite di reddito può essere aggiornato in relazione alla variazione dei costi della vita.

Per accedere al patrocinio a spese dello Stato è sufficiente preparare un’istanza in carta semplice contenente i propri dati personali, l’autocertificazione circa il reddito, gli elementi di fatto e di diritto alla base della propria richiesta, con la specifica indicazione delle prove a sostegno. L’istanza con la firma dell’interessato autenticata dal difensore o dal funzionario ricevente va presentata personalmente o inviata a mezzo raccomandata al giudice procedente (nel caso di procedimento penale) oppure al Consiglio dell’Ordine degli avvocati del Tribunale competente per territorio.

Possono accedere al patrocinio a spese dello stato: i cittadini italiani; gli stranieri e gli apolidi residenti in Italia;  e gli stranieri, anche se non residenti in Italia, sottoposti all’espulsione amministrativa previo certificazione anagrafico tributaria del Paese di origine.

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Lavoro: necessità ed utopia

di Antonio Corda

Il lavoro nella nostra società è tutto o quasi, ed è il mezzo dignitoso che ci porta a costruire la nostra vita e portarla avanti, ci permette di vivere in una casa, creare una famiglia e mantenerla, anche se nella società attuale con un solo stipendio non si fa molta strada, ma questo non dovrebbe essere  un motivo per scoraggiarsi e fare dell’altro. Il mondo del lavoro è molto complesso, almeno secondo il mio punto di vista, c’è da dire che non tutti ne conoscono la priorità perché o non hanno mai lavorato per un motivo o per l’altro e quando avrebbero voluto questa possibilità non gli è stata concessa e tutto ciò trova delle responsabilità nella nostra società. Prendiamo ad esempio, come nel caso nostro, che usciamo di galera, opportunità non è che c’è ne offrono molte per reinserirsi, un poco per la fedina penale e un poco perché molta gente non ha mai lavorato e non sa fare altro che delinquere.

Quando uno esce secondo voi cosa può fare? Questo non è un ragionamento per dare una ragione alla delinquenza, ma desidero porre la questione sulle persone come noi.

Comunque lavoro ce n’è, anche se nella stragrande maggioranza dei casi bisogna essere molto fortunati o molto raccomandati, a meno di essere veramente abili nel proprio lavoro.

Altrimenti bisogna accontentarsi di lavori marginali e dequalificanti, lavori cosiddetti precari e molte volte sottopagati. Alla fine c’è ancora da fare i conti con il pregiudizio della gente e questo è un ostacolo considerevole da superare, perché non è semplice fare breccia nei pregiudizi altrui.

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Un calcio all'indifferenza

di Francesco Pellegrini

E’ stato fischiato l’inizio del torneo di calcio a cinque, organizzato dalla Uisp con l’aiuto degli operatori interni e come ogni anno è stato scelto un tema per caratterizzare l'impegno sportivo.

L'argomento di questa volta riguarda il doping, visti i tempi, e mai scelta fu così azzeccata anche se ormai sono anni, anzi decenni, che questa parola viene associata allo sport, mentre è altro e soprattutto rovina quello che di bello e di pulito c'è nello sport.

Il torneo "Un calcio all'indifferenza" è giunto alla sesta edizione e per me è la prima volta che ne prendo parte, un'occasione di esercizio fisico e occupazione di tempo che va sfruttata. Specialmente qui in carcere, dove lo sport diventa di fondamentale importanza, una valvola di sfogo, un modo di poter scaricare tensioni che si accumulano durante la permenenza tra le quattro mura.

Giochiamo spesso tra di noi, ma il torneo viene vissuto in maniera diversa dalle solite partitelle. Il solo fatto di affrontare una squadra esterna  o avere qualcuno che ti arbitra, cambia le cose; tutti si impegnano a dare di più.

Si aspetta tutta la settimana il sabato, che è la giornata in cui si gioca, perché almeno in quei due tempi da venticinque minuti, tutti i problemi restano fuori dal piccolo rettangolo di gioco, insomma si può avere la possibilità lecita di evadere dalla routine quotidiana.

La vicenda sportiva per la nostra squadra è stata alquanto altalenante. Infatti dopo aver vinto la prima partita abbiamo malamente perso la seconda e ora viaggiamo malinconicamente a metà classifica...ma ci rifaremo.

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Il tempo non passa mai,
per fortuna esistono gli amici

di Modesto Pizzo

Sono un detenuto del carcere circondariale di Rovigo. Sono già diversi anni che soggiorno in questa struttura, per aver commesso un reato che, a mio dire, è più imputabile a questa società del consumismo. Sono convinto che chi legge sarà d’accordo nel rilevare che il consumismo porta alla ricerca più sfrenata del benessere, io come tanti altri, ho fatto l’errore di cercare il benessere attraverso la cocaina (droga). Non me ne vergogno, ormai ciò che è fatto è fatto, ora sono qua per pagare alla società il mio debito.

Tutto questo serva di monito a tutti quei giovani, che rischiano di rovinarsi la vita con l’uso di questi “strumenti” per raggiungere un finto benessere, che porta piano piano al degrado della persona fisica. Nonostante tutte le vicissitudini posso dire di essere stato fortunato, la mia vita è quantomeno salva e, grazie a questa struttura, sono riuscito a dimenticare il mio brutto passato.

Tutto ciò lo devo anche alle amicizie che sono riuscito ad instaurare qui dentro, dove ho riscontrato molta umanità tra le persone detenute. Tra gli agenti penitenziari devo dire che vi è molto spirito di sopportazione e come tale ci aiuta a passare le giornate.

Un aspetto significativo della mia locazione è che la mia cella è proprio di rimpetto all’ufficio degli “spesini”. Due detenuti che passano la giornata lì dentro a “fare finta” di curare le nostre esigenze voluttuarie, tra una spesa e l’altra si è instaurato un rapporto allegro.

Considerato il fatto che parte della giornata la impiego a fare lavori esterni, posso uscire di cella e ho il tempo di zuzzurellare con gli amici “Princi e Pici”, che sono i diminutivi degli spesini e già i nomi sono tutto un programma?

Questi simpaticissimi si divertono a farmi degli scherzi, come ad esempio rubarmi i pantaloni finché dormo, oppure nascondermi secchio e scopa, attrezzi di lavoro che mi servono per pulire gli uffici, oppure mi raccontano a non finire un aneddoto sui conigli cinesi, una vecchia storia avvenuta nelle cucine di questo carcere, costata cara all’amico Princi, il quale aveva cercato di salvaguardare la nostra salute. Come sono capaci di fare scherzi con il sorriso in bocca, li accettano anche, cosa che non tutti sopportano. Tutto ciò mi riempie la giornata. Dunque Princi e Pici grazie di esistere!

Grazie a questi giullari la giornata passa velocemente, il problema cala alla sera, quando ognuno è rinchiuso nella propria cella e deve confrontarsi con il proprio televisore. In questa fase pensi a tutto ciò che hai lasciato a casa, figli, famiglia, lavoro che per ovvi motivi hai perso e non sai se lo potrai riavere. Questo frangente di tempo, seppur breve, diventa lungo e interminabile. Il sole del mattino, sembra che ogni giorno di più tardi ad arrivare.

La morale che scaturisce dai miei lunghi esami di coscienza è questa: la felicità e il benessere si possono ottenere con il rapporto dell’amicizia, mentre la pace interiore si ottiene con la riscoperta dei valori della vita, con la riscoperta di quei principi fondamentali avuti fin dalla nascita, ma dimenticati strada facendo.

Un’ultima cosa vorrei dire agli amici lettori detenuti che leggeranno queste poche righe: prestate attenzione ai momenti di solitudine, e da lì prendete la forza per ricostruire la vita, riconsolidando amicizie e quant’altro per il rispetto e la dignità degli altri.

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La fantasia del cuore
che supera ogni muro e sbarra

di Modesto Pizzo

Con la mia fantasia tendo continuamente verso oggetti della natura che si presentano invitanti, il desiderio di fondermi con loro, il bisogno sempre nuovo di possederli per soddisfare un’esigenza mentale. Niente è più terribile del fatto che le azioni che faccio debbano essere esaminate dalla volontà di un altro, nulla è concesso, nulla è tentato per attirare l’attenzione o mantenere vivo l’interesse.

Dal carcere posso dire solamente di vivere la vita più che si può. Non è sempre importante quello che si fa purché si riesca a vivere la vita che si desidera. Visto che mi trovo in carcere non trovo senso e scopo alla vita, però dal male ho ricavato anche del bene. Il mantenere la calma, il non rinnovare nulla, il rimanere vigile alla realtà prendendo le cose come sono e non come avrei voluto che fossero.

Ho pensato che se non si accettano le cose, esse in un modo o nell’altro si rivoltano indietro, ora invece non è più così  e solo accettandole è possibile prendere posizioni di fronte ad esse. Anch’io voglio partecipare al gioco della vita, nell’accettare ciò che la vita mi offre. Tutto è finito per me, tutto quel che è esterno ormai non mi tocca, in questo mondo non ho più né parenti, né amici, né fratelli.

Se intorno a me riconosco qualcosa non sono che oggetti dolorosi e strazianti per il mio cuore. Allontano, dunque, dallo spirito ogni oggetto penoso, trovo consolazione, speranza e pace in me. Mi dedico interiormente alla dolcezza di conversare con la mia fantasia, che è la sola cosa che non mi può essere tolta. Mi ritrovo a passeggiare da solo e penso alle mie disgrazie, sogno il premio che questo cuore avrebbe meritato, perché ogni strana idea che mi passi per la testa passeggiando trova sempre il suo posto. Non ho più né da lodarmi né da biasimarmi, sono in mezzo agli uomini una nullità non posso essere nient’altro. Ma in questa inattività del corpo la fantasia è vigile e produce ancora sentimenti e pensieri.

Giunto all’età di quarantun anni, sbattuto tra la povertà e la fortuna, dalla furbizia e l’errore, pieno di vizi derivanti da abitudini senza cattive inclinazioni nel cuore, andavo avanti a caso, ora per un certo tempo sono costretto a cambiare modo di vivere e di questo mi farà bene.

Siccome questa vita non è che un insieme di prove poco mi importa che tali siano di una specie piuttosto che di un’altra, anche se portano conseguenze quanto più le prove sono grandi, forti, numerose, tanto più mi importa saperle vincere. E non sono altro che uno sciocco, vittima e martire di un errore trovato nel cammino della mia vita. Ragionando così con me stesso, giungo a non lasciarmi più turbare nei miei principi e argomenti da difficoltà che oltrepassano le mie capacità. Tranquillo di questa situazione trovo sia la soddisfazione di me stesso sia la speranza e la consolazione di cui ho bisogno nel mio stato. Così quaggiù non si può avere un piacere che passi, in quanto alla felicità duratura dubito che qualcuno l’abbia conosciuta. E come posso chiamare felicità uno stato fuggevole che mi lascia ancora il cuore inquieto e vuoto che mi fa rimpiangere qualcosa o desiderare qualche altra.

Il sentimento dell’esistenza da solo e per se stesso è un sentimento prezioso, di pace, che basterebbe a rendere questa esistenza cara e dolce. O come quella che possono dare i piaceri della vita, ma di una felicità completa, perfetta e piena che non lascia nel cuore un vuoto che sento il bisogno di colmare. Ma vi furono tempi più felici in cui seguendo i moti del cuore potevo rendere contento un altro cuore che ogni qual volta mi è stato possibile un tal piacere l’ho trovato più dolce di ogni altro, questa mia inclinazione fu viva, vera, pura, e mai nel mio segreto intimo l’ho smentita. Ma da queste buone azioni fatte con il cuore nascevano catene di obblighi da me imprevisti e a cui non potevo più sottrarmi. Ma non rimpiango affatto queste esperienze perché riflettendovi, mi hanno procurato nuove possibilità di conoscere meglio me stesso e i veri motivi della mia condotta in tante circostanze su cui così spesso mi son fatto illusioni. Posso perciò capire che per me scrivere non è una professione ma una vocazione all’infelicità. Verrà anche la libertà, per me così sereno e spensierato, lo imparo ogni giorno, lo imparo a prezzo di dolori ai quali sono grato, la pazienza e tutto. Quaggiù dove ritorno ho alte mura di recinzione e reti poderose percorse dai venti, qui sento che a quei dubbi e sentimenti che nel loro profondo vivono di vita propria nessun uomo al mondo può dare risposta. Ora vivo le domande, forse così a poco a poco mi troverò un giorno lontano a  vivere le risposte.

Ma accetto tutto con grande fiducia e se solo viene dalla mia volontà la prendo su di me e non odio nulla. Ebbene in questo stato non cambierei vita e destino con quelli dei più fortunati e preferisco essere me stesso con tutta la mia miseria. In quanto a me che non trovo da rimproverarmi altro che errori, accuso la mia debolezza e mi consolo perché mai un male premeditato mi ha sfiorato il cuore.

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La salute in carcere,
problema sempre attuale

di Ferdinando Cantini

Già nel nostro numero precedente decantando le capacità di far quadrare il bilancio domestico della nostra ipotetica massaia, avevamo affrontato le illogicità di un sistema che per varie ragioni di proprie scelte economiche taglia sempre più i fondi per il bilancio destinate a sostenere le spese sociali. Anche i fondi destinati alle carceri, comprese le spese destinate a scopi sanitari, subiscono la stessa sorte. Tutto ciò nonostante il continuo incremento che ha la popolazione detenuta, la quale è passata dai 47 mila detenuti nel 1995, ai 54 mila detenuti nel 2003, (nonostante il tanto temuto nefasto intervento dello “svuota-carceri” (?) indultino). I fondi stanziati per la sanità penitenziaria, invece, nello stesso periodo, hanno avuto uno sviluppo inversamente proporzionale alla crescita della popolazione detenuta, infatti sono calati nel complessivo di 348 euro pro capite.

Questa è la realtà che si respira all’interno di quei portoni circondati da alte mura. C’è anche chi segnala che i già gravi problemi non sono minimamente in via di risoluzione, anzi si stanno ulteriormente aggravando. “Il carcere è la nostra Africa”, lo sostiene Giulio Starnini, direttore dello staff tecnico dell’ufficio sanità del Ministero della Giustizia. Secondo una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità i sieropositivi in carcere sono quasi l’8% della popolazione detenuta e le infezioni croniche di epatite superano il 40% della stessa. Però questi sono solo i casi estremi, più eclatanti, ma anche la sanità spicciola di ogni giorno, fa acqua da tutte le parti.

La più semplici necessità, dalla pastiglia per il mal di testa al tranquillante ed antidepressivo, ai purgativi lassativi (necessari per chi è costretto a far pochissima attività fisica), sono un piccolo ma quotidiano problema. Non parliamo (sarebbe assurdo) della prevenzione, non solo abolite, ma perfino scomparse dalla memoria sono le visite specialistiche per prevenire l’insorgere di malattie endemiche o particolari del detenuto. Dimenticavo di sottolineare che con il crescente arrivo in massa di persone dai Paesi del terzo mondo, alla già precaria situazione va aggiunto il rischio di espansione nelle carceri della tubercolosi. C’è da chiedersi se con la sentenza di condanna o con l’ordinanza che impone la misura di custodia in carcere, i detenuti sono stati privati del diritto alla salute sancito dalla Costituzione. E’ un enigma da risolvere, trovare un’adeguata soluzione, ma se mancano mezzi, soldi, strutture, perché non si inizia a pensare a qualcosa di alternativo al carcere, oppure a carceri alternativi, autosufficienti economicamente, perché i detenuti lavorino all’interno delle strutture penitenziarie come realtà produttiva. E come realtà produttiva anche i mezzi idonei a salvaguardare l’inalienabile diritto a conservare la loro salute.

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La sanità in carcere

di Antonio Corda

La sanità in carcere è uno dei tanti seri problemi che purtroppo giorno dopo giorno noi detenuti dobbiamo affrontare, pur sapendo che la malasanità è un problema che ancora oggi esiste nonostante i grandi risultati della scienza medica (trapianti, aids e svariate ricerche) si possa perdere in un contesto carcerario dove ci sono detenuti (esseri umani) con gravissimi problemi di salute che giorno dopo giorno, si sentono abbandonati a loro stessi.

Assumendoci le nostre responsabilità nel farvi sapere che esiste una forma di incompatibilità di fondo tra detenuto e sanità (dottori ed infermieri), ci sentiamo costretti a esprimere i nostri sentimenti di malessere che ogni giorno ci affliggono facendoci pesare la nostra esistenza, essendo noi vivi!

Carissimi dottori vi mettiamo a conoscenza dello sforzo fatto da queste persone per raggiungere il loro obiettivo, ma sappiamo anche che la nostra vita è nelle mani di persone non sempre attente e formate in tema penitenziario pur se laureate.

Puntualizzando una delle cause di scarso interesse da parte del mondo sanitario, cioè quella di tralasciare ovvero di non prendere in considerazione la cosa più importante, vale a dire la mancanza di farmaci, anche una semplice terapia di minore importanza, facendoci credere nella scarsità di fondi da parte dello Stato, ma questo governo è presente o assente?

Sicuramente il problema tossicodipendenze è molto serio e va affrontato con diversa considerazione da parte di tutti, non solo dalla sanità, sentendoci emarginati, poco considerati, di peso per la società.

L’errore più grosso della nostra vita è stato quello di aver conosciuto questa maledetta droga e automaticamente la galera, delinquere è tutto ciò di negativo che si viene a presentare dal momento che scegli questo tipo di vita.

Vivendo in carcere si viene a conoscenza di episodi pesanti, persone che per avere un po’ di considerazione arrivano ad autolesionarsi gravemente, per ottenere una semplice terapia o una visita medica. Basta sapere che per avere delle visite specialistiche a volte si deve attendere anche un mese, cosa che sicuramente succede anche fuori per chi è povero mentre chi ha i soldi può permettersi un consulto a pagamento.

In conclusione ciò che volevamo farvi sapere è semplicemente questo: la vita è una dura battaglia sia per chi sta fuori e sia per chi come noi è in questa situazione, ma siamo convinti che con più fratellanza e aiuto da parte di tutti qualsiasi tipo di problemi, grandi o piccoli che siano possiamo sconfiggerli.

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La storia dell'uomo segnata dalla ricerca scientifica

di Vincenzo Occari

La storia dell’uomo è costellata di esplorazioni nei vari campi della scienza, in particolare in astronomia numerose sono state le ricerche per conoscere sempre di più l’universo. Lo sviluppo tecnologico ha permesso la creazione di strumenti sempre più sofisticati ed efficienti, attualmente c’è un telescopio in orbita terrestre che esplora lo spazio profondo in assenza di inquinamento luminoso, ma quello che, forse, affascina di più sono le missioni spaziali. Dagli anni sessanta ad oggi si sono susseguite numerose imprese spaziali i cui risultati più importanti sono stati sicuramente portare l’uomo sulla Luna e raggiungere e atterrare su Marte con le sonde per l’osservazione da vicino del pianeta. Le recenti imprese spaziali hanno portato l’attenzione sul pianeta a noi più vicino, le sonde che ad oggi stanno esplorando Marte inviano numerosi dati che dovranno essere analizzati e raccolti in valutazioni per aggiornare quello che sappiamo del pianeta.

Marte è il pianeta del sistema solare più vicino alla Terra ed è circa la metà di essa. La distanza Terra Marte, a causa dell’eccentricità dell’orbita terrestre, può variare tra circa 55 e 110 milioni di km. (ci si trova in condizioni favorevoli per il lancio di una sonda spaziale ogni 26 mesi). La maggior parte delle conoscenze su Marte ci provengono dalle esplorazioni statunitensi, tra le principali  ricordo: Mariner 9  (1971-72) che ha fotografato circa il 70% della superficie e Viking (1975-76) con due piccole sonde che atterrarono su Marte per cercare l’eventuale presenza di vita e la meteorologia del pianeta. Mars Pathfinder ha sicuramente aperto la strada alle attuali ricerche,  oltre alla grande quantità di informazioni, ci ha permesso di sperimentare nuove tecnologie. In particolare si voleva provare l’innovativo sistema per far atterrare Lander e il Rover, un robot semovente, meraviglia di tecnologia miniaturizzata in grado da determinare la massa e la composizione chimica delle rocce e del suolo, la superficie del pianeta assomiglia a quella dei deserti terrestri, il  suo colore rosso è dovuto alla presenza di ossidi di ferro formatisi in seguito all’esposizione per milioni di anni all’ossigeno e dal vapore acqueo della sua atmosfera.

Oltre alla “ruggine rossa” sulla terra e su Marte troviamo la “ruggine grigia” aggregata in un minerale chiamato ematite, che si forma in pozze stagnanti d’acqua oppure dove attività vulcaniche sotterranee generano acque in pressione. Molteplici sono gli aspetti nella morfologia del pianeta (fenomeni erosivi, alluvionali, depositi stratifondi, escavazioni di natura fluviali, ecc.) che suggeriscono per il passato un ambiente profondamente diverso da quello del giorno d’oggi.  E’ infatti presumibile che un “effetto serra” generato da CO2 e dall’H2O  liberati ai prodotti di degassificazione interna abbia caratterizzato il clima primitivo del pianeta garantendo una temperatura abbastanza elevata da consentire lo stabilirsi di una circolazione d’acqua completa con condensazioni, piogge, raccolte in bacini fluviali e marini, evaporazione. Siffatte condizioni, molto simili a quelle terrestri, permasero fino a 3, 8 miliardi d’anni fa, fino a quando il processo di rarefazione del manto aereo portò all’estendersi delle escursioni termiche diurne e stagionali e all’abbassamento generale della temperatura, l’incrudimento del clima e l’intrappolamento, congelati nel suolo, dei residui d’acqua e di altri fluidi. L’atmosfera di Marte, che in passato era decine e centinaia di volte quella attuale, ha una pressione al livello del suolo (dove la temperatura media è inferiore a –60 gradi centigradi, ai poli raggiunge valori di –128 gradi centigradi mentre nelle regioni sono possibili temperature di +30 gradi centigradi) di circa 0,07 barie, circa il 7% di quella terrestre. Essa è composta principalmente di anidride carbonica (95%), ma contiene anche azoto (2,7), argon (1,6%), tracce di ossigeno, vapore acqueo, monossido di carbonio, cripton e xenon.

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Voli di dentro
(poesie e quant’altro)

L'AMORE

L’amore è un dolore profondo di gioia,

ti da così tanta felicità, che quando ti manca

ti senti morire;

senza l’amore non c’è vita,

non ce strada, non c’è canto;

l’amore è una parola di cinque lettere

che è motivo

di sofferenza e di allegria.

L’amore è essenziale come l’acqua e l’aria,

come la stessa vita; chi può aver vissuto senza amore

non può dire di essere vissuto,

l’amore è un dono meraviglioso

che ti fa camminare sulle nuvole.

L’amore ha una dimensione infinita e sarebbe

un peccato esprimerlo in un solo modo.

L’amore non si può soffocare,

perché continua a vivere dentro noi;

L’odio stesso è una forma d’amore

che amareggia l’anima ed i ricordi.

Dite voi, con le vostre parole,

ma non dimenticate che la vita stessa è amore.

E’ che cosa è l’amore!

Claudia Marin

LACRIME D'AMORE

Ti ho amata dalla prima volta che ti ho vista,

ma non volevo ammetterlo a me stesso

nella tua semplicità eri bellissima ma pungente,

si pungente come una rosa,

pari alla tua bellezza,

che è riuscita a fare breccia nel cuore di chi non ha mai amato

Solo il mio cuore è sempre stato un deserto di sentimenti

prima di conoscere te

Ho cercato di scacciarti per il mio non sapere amare

Ma le lacrime d’amore hanno fatto sbocciare la rosa dell’amore

nel deserto del mio cuore

Grazie, si grazie di avermi insegnato ad amare.

Antonio Corda

PER GIULIA

Io non ritornavo e tu piangevi

e non poteva il mio sorriso

togliere

il pianto dal tuo bel viso.

Modesto Pizzo

GRAZIE A DIO

Ogni giorno ringrazio Dio,

per la vita

perché vivere è un canto di allegria,

quando apro gli occhi

e scopro di fronte a me un nuovo giorno;

do grazie a Dio

per poter respirare;

do grazie a Dio

per continuare a stare in questo piccolo mondo

che a noi pare così grande.

Do grazie a Dio per non perdere la fede,

la speranza ed i sogni. Per continuare

a credere che ogni giorno è migliore.

Do grazie a Dio ogni volta che sono abbattuta,

triste e senza meta e felicità per il futuro, perché.

allora mi soccorre la fede, ed in quel momento

guardo il cielo e prego e scopro che ci sono tante cose

per andare avanti,

c’è la famiglia, che è tanto triste per me

ci sono persone che hanno bisogno di me,

ma che io nel mio egoismo non ho mai visto.

Sento una luce nuova dentro di me,

una forza che mi fa pensare che tutto è possibile,

anche cambiare il mondo, alla fine io potrò

riposare nello spirito di Dio.

Per tutto questo, per un nuovo giorno di vita

Ringrazio Dio, anche se sono qui dentro dove dovrò

restare per molto, ringrazio Dio

per poter guardare la televisione e vedere che il mondo continua

a girare, e il sole appare ogni giorno e riscalta il mio cuore e tante altre cose.

Per questo ogni giorno ringrazio il Signore

Claudia Marin

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Uomini di potere

di Jordan Fiorentina

Ognuna di noi ha la sua capacità di guardare al futuro e di affrontare la sua vita. Allora ognuna di noi è andata per la sua strada, facendo quello che voleva, pensando “Chi se ne frega!”. Io non sono qualcuna, forse non conto niente, ma, in ogni modo, anche nel piccolo, cerco di essere utile.

Non voglio spendere questa unica vita che ho pensando sempre a me. E vorrei convincere anche voi, specie voi, uomini di potere. Ma ho paura di aprire la mia bocca, ho paura di aprire i miei occhi. Non sento più il battito del mio cuore. Dentro di me c’è tanta voglia di arrendermi perché sembra che alla fine sia tutto uguale “depressione”.

Guardo quel regno che una volta era aperto, adesso è chiuso. Il suo comandante è diventato cieco e sordo. Ma è veramente così???… Ma no , non è cieco né sordo, solo che c’è un grande muro e la porta è chiusa.

Una carrozza è arrivata, e un gran bell’uomo scendeva, ha parlato con la guardia e dato una busta,

e con le sue urla la porta si è aperta. E dentro quel palazzo io ho sentito la festa. Adesso ho capito benissimo, ho lo strumento per distruggere quel muro. Non ho neanche la busta per pagare quella guardia che con il suo potere può aprire quella porta. Ma se urlare è il mio strumento urlerò più forte sapendo che ci sono ancora uomini di potere con cuore, non vedono muri, non cercano buste,

c’è una grande felicità di aprire porte chiuse. E tu che leggi questa poesia mia, sei uno di loro che può fare grandi cose? Vai!  Corri! Sei ancora in tempo, raggiungi quelle piccole mani e portale dentro. Perché anche se siamo poveri abbiamo ancora un futuro Se non abbiamo nulla adesso forse domani ce la faremo. Ma aiutateci oggi con la vostra grande capacità, ed il nostro futuro sicuramente brillerà. Dio nel suo piano ha portato voi ad essere qualcuno. Con tutto il cuore fate il vostro meglio, e Dio sicuramente fa il resto.

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Il mondo dei "se"

di  Modesto Pizzo

Sono ritornato da una passeggiata nel parco, quasi per magia, il solito zainetto invisibile di tristezza che mi porto sempre dietro è scomparso. C’erano molti bambini sui prati, sulle panchine gli anziani si godevano i primi raggi colorati della stagione.

L’aria era solcata da uccellini che trasportavano qualcosa nel becco, l’acqua delle fontane sgorgava limpida e i pesci rossi venivano in superficie a chiedere cibo. Nelle aiuole erano già sbocciate le primule e le viole.

Camminando tra i vialetti, quasi senza rendermi conto ho cominciato a respirare in maniera più profonda. Per alcuni preziosissimi istanti mi sono sentito parte attiva del grande processo della vita. Tutto cantava intorno a me e anch’io avevo voglia di cantare mi sentivo felice.

Ma esiste davvero la felicità!? E io potrò mai essere felice? La felicità, che mitica, straordinaria, inafferrabile parola. Ogni essere umano vi aspira eppure è così difficile da raggiungere, così difficile da definire.

Io so bene, invece, che cos’è l’infelicità. E’ la condizione in cui mediamente ho trascorso gran parte della vita. Sono infelice per questo e per quell’altro, perché non ho questo e non ho quest’altro, perché non posso fare questo o quell’altro. Gran parte della mia vita è stata basata sui “se”. Il “se” sembra essere l’indispensabile opposto alla felicità.

Dal se potessi avere un Euro al mese, al se fossi più alto, più magro…se avessi un amore …se fossi un campione …se avessi un lavoro …se vincessi la lotteria …se non avessi incontrato il carcere. Il mondo dei “se” è un vortice, un buco nero.

Basta perdere l’equilibrio un istante e ci si finisce dentro con poche speranze di uscirvi. Ma la felicità è davvero legata ai “se”?

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Quanto sono belli i piedi di coloro che portano il buon annuncio del bene

di Celeste Pangilinan

Le prigioni sono prigioni…non possiamo cambiarle. Ma in questo angolo, pesando la bontà, indossando un cuore puro, vivere prende idea nel pensare-in-scatola. Non mi sto riferendo ad una persona in particolare, voglio invece presentare il tutto…ta-tadah!! La prigione di Rovigo e tutti i suoi uomini in uniforme, compresi i sacerdoti e i suoi volontari, compresi gli uomini dell’ambulatorio.

Io sono una delle loro clienti (suona meglio alle orecchie), una che sta dietro le sbarre. Non è ancora chiaro? Okay, lo scriverò meglio. Una prigioniera. Va bene? Meno male.

Il nostro personaggio principale, come ho detto, è la prigione di Rovigo. Voglio giusto farti sapere che voglio ringraziarti per essere gentile, per trattare tutti noi in maniera dolce, cosa che noi, come detenuti, non meritiamo. Lo so, abbiamo dei diritti ormai, ma io vedo che voi fate molto di più di questo.

Io sono stata nelle carceri di Milano per una settimana, e ora sono qui a Rovigo da un mese. Sono andata in Chiesa sia la domenica mattina sia alla funzione della domenica pomeriggio che avevo dimenticato. Era logico che nella Chiesa l’attività continuava in ogni caso. Durante questo periodo noi abbiamo un’opportunità per parlare con loro, per scoprire che cosa sentono e per dare un aiuto a nostro piccolo modo. E come tutti sappiamo arrabbiarci, è normale, ma non sono normali la solitudine e la disperazione che si sentono nell’aria. Ciò non è normale. Non ci piacciono le prigioni, noi vogliamo la libertà, anche se non è facile là fuori, ma noi preferiamo essere là fuori che detenuti qui. Ciò che non è naturale è lo staff o gli uomini in uniforme devono essere inclusi nella lista per essere sempre più arrabbiati di noi, tutti più arrabbiati? Noi non siamo già abbastanza arrabbiati? Noi siamo già abbastanza in collera perché le cose nella nostra vita non sono andate bene. Non aumentiamo i nostri fardelli noi non ne possiamo sopportare altri. Meno male che ricordo subito che secondo la Bibbia: “Una risposta gentile vola via come un soffio mentre le parole dure bruciano sempre”. Così mi sono detta: “Tardi o no, in ogni caso, scrivo semplicemente e gentilmente io ho fatto la mia parte, tu fai la tua parte e qualunque cosa accada uno dei due dirà grazie. “Porca miseria!”. Ma ragazzi, noi come detenuti non siamo nella posizione per cambiare ciò che voi non volete cambiare in voi stessi, noi non abbiamo il controllo delle cose o della situazione che vi appartiene. In ogni caso controlliamo noi stessi, il nostro comportamento, i nostri atteggiamenti. Avere buon cuore è già un buonissimo rimedio! Non pensate a che tipo di gente essi sono, pensiamo a chi siamo noi, non pensiamo che gli altri siano accondiscendenti con noi ma che noi possiamo fare qualcosa per gli altri. La mia aspirazione è risollevare un po’ alla volta chi si sente giù.

Le prigioni sono prigioni, comunque, noi non possiamo cambiare quest’idea e come ho detto nelle mie poesie “ In ogni caso noi siamo detenuti e non siamo in attesa per bellezza ”.  Beh, abbiamo visto abbastanza della prigione di Milano.

Dove sono adesso? Che posto è questo? Qualche volta mi sembra di essere in una chiesa, altre volte mi sembra di essere in una comunità che si occupa dei bisognosi e dei poveri.

A volte mi sento a casa. Sono qui da un mese e una settimana ma già vedo un concerto di movimenti di cuore, fantastico! I volontari sono carini, cercano di aiutarci in tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ed eventualmente ciò che noi vogliamo: quel che si vuole è diverso da quanto si ha bisogno.

Possiamo vivere senza ciò che vogliamo, ma non senza ciò di cui abbiamo bisogno, ma loro cercano di darci entrambe le cose. Se qualcuno celebra il suo compleanno i volontari  portano una torta o del gelato per la nostra soddisfazione. Un piccolo pensiero per fare sentire felice chi festeggia, per fare sentire noi come piccoli uccellini nel nido, sotto l’ala di una madre amorevole e protettiva.

Anche il sacerdote ha sempre un sorriso da elargire a tutti, i suoi consigli ricchi di spunti di riflessione, e sì, anche il suo portafoglio è aperto a chi chiede. D’accordo, può essere che stia agendo come la Bibbia insegna a proposito del “dare”. Dice la Bibbia: “chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà, chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Dio ama il donatore gioioso. E Dio può riversare su di voi ogni sorta di grazie, cosicché, avendo ogni autosufficienza in tutto e sempre, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene, come sta scritto: largheggio donò ai poveri, la tua giustizia dura nei secoli”.

Grazie a Dio e a te, sacerdote. Tu che continui a proclamare la parola di Dio, ricorda: “quanto sono belli i piedi di coloro che portano il buon annuncio del bene”. “Dio non è ingiusto da dimenticare tutto il tuo buon lavoro”.

Bene, cosa posso dire dello staff…Lo so, sono tranquilli per quello che scriverò su di loro perché sanno quello che stanno facendo con noi, è grande, loro sono sicuri che noi lo sentiamo. Loro si preoccupano di quello che noi proviamo. Alcuni di loro soffrono quando una di noi è sola o non partecipa all’aria, a giochi o ad alcune lezioni. Loro vogliono vederci sempre presenti ogni volta. D’accordo o meno, vogliono il meglio per noi, non solo dandoci cibo in più, vestiti e scarpe se le chiediamo, riviste da leggere, libri e la mia Bibbia inglese; la cosa più importante è che ci parlano in modo che per il futuro l’obiettivo sia esser una persona migliore. L’idea che ho avuto da alcuni di loro, dai loro discorsi, è che noi cerchiamo di essere ragazze educate, che parlano con intelligenza, che agiscono come persone mature: cercano di educarci in maniera forte e dolce allo stesso tempo.

Una notte, mentre ero in dormiveglia, ho sentito la mano di qualcuno toccarmi, come la mano di una madre che controlla il proprio bambino. So che loro hanno le proprie ragioni, ma la cosa importante è che quella carezza ha mosso il mio cuore. Per così tanti anni nella mia vita, ho sentito quel tipo di tocco solo con la mamma, e qui in prigione. Che splendida sensazione.

Non feci nulla quando l’agente (sono sempre due quelle che ci controllano) lasciò la stanza; quando sentii la porta chiudersi chiesi alla mia compagna di cella: “chi mi ha toccato? Perché le mie paure sono corse via dai miei occhi?”. La risposta non fu chiara, ma non insistei per scoprire chi fosse stato esattamente…voglio tenerlo a mente ogni volta che vedo una di loro, è bello pensare che potrebbe essere lei. In ogni modo, sono tutte carine e gentili. E sapete cosa? Ogni volta che arriva l’ora del controllo, mi copro la testa per sentire ancora una volta  quella mano accarezzarmi.

Grazie a tutti. Che Dio benedica voi e tutte le vostre famiglie per tutto il resto della vostra vita. Ancora una volta: “l’uomo mieterà ciò che avrà seminato, e facendo il bene non lasciamoci prendere da noia e stanchezza; a tempo debito mieteremo se non allenteremo il nostro impegno” (lettera ai Galati).

Loro hanno anche difetti. Talvolta fanno le cose un po’ in ritardo rispetto a quanto ci aspettiamo. Ma non credo che lo facciano intenzionalmente. Ogni cosa ha le proprie ragioni e il proprio tempo. E nessuno è perfetto. Io lo so e noi possiamo capire che si occupano di noi sempre. Nessuno può negare la verità, perché si può sentire ciò. Se qualcuno qui non si sente come me, il problema è suo, amico mio, perché non vuole sentire.

Abbraccia le cose positive della tua vita qui, e vedrai che le loro dita sono lunghe abbastanza per poter stringere tutti. Se pensi alla disperazione, nulla può cambiare, sarai sempre solo, così solo…

Voglio riportare una frase che ho letto tempo addietro e per me è bellissima, anche se poca cosa spero possa aiutare coloro che continuano a vivere la propria vita qui, in prigione: “Don’t grumble up if you don’t have what you want, but be thankful cause you don’t get what you deserve.” (Non brontolare se non hai quello che vuoi, ma sii grato perché ottieni quello che meriti).

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Aiutiamo l'ambiente

di Gianluca Zordan

Ogni giorno produciamo centinai di chilogrammi di immondizie; immondizie che inevitabilmente vanno ad aggiungersi alle tonnellate prodotte fuori dal carcere e buttate senza alcun criterio ecologico.

Con questo articolo vorrei porre all’attenzione della popolazione carceraria un tema che interessa tutti: il riciclaggio della carta, della plastica, delle scatolette di ferro e non dimenticare il verde esterno che anch’esso, seppur ridotto in poca qualità, può essere usato come ammendante per la composizione del composto di qualità per l’agricoltura, così come la frazione umida (avanzi alimentari) da noi prodotta.

Visto che il consumo di queste quattro sostanze è abbastanza elevato all’interno di queste mura, perché non sfruttarle a nostro beneficio? Con una maggior sensibilizzazione da parte nostra a questo problema, si potrebbe cominciare a dividere la carta, le bottiglie, piatti e forchette di plastica, lo scatolame vario per poi consegnare il tutto separato alle aziende municipalizzate specializzate nel riciclaggio, cosa fattibile, ottenendo un sensibile, ma non per questo trascurabile, ritorno economico per questa amministrazione.

Con un minimo sforzo da parte nostra, si avrebbe così la possibilità, oltre che la salvaguardia dell’ambiente, di poter disporre di una fonte di guadagno da poter beneficiare per attività ricreative e culturali ad uso comune, oltre alla possibilità di poter avere un cambio di materiale sportivo, di libri per la biblioteca, materiale per i vari corsi che si svolgono all’interno della struttura carceraria, cose a beneficio di tutti, e soprattutto importanti per poter noi fare qualcosa per salvaguardare l’ambiente che ci circonda, anche questa è rieducazione carceraria.

Sarebbe auspicabile un incontro di sensibilizzazione con i massimi esponenti della locale azienda municipalizzata nel settore rifiuti, i quali ci illustrassero la raccolta, la lavorazione, la gestione, al fine di diminuire il costo nella gestione dei rifiuti in provincia.

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