«Prospettiva Esse – 1997 n. 0»

Indice

  1. PERIODICO AD USO INTERNO DELLA CASA CIRCONDARIALE DI ROVIGO
  2. Sorridi sei su Internet
  3. Corso di alfabetizzazione informatica
  4. Incontro con assessore Vallin (G. Sartin)
  5. Offri il perdono e ricevi la pace
  6. Incontro con i volontari (Q. Pavarin)
  7. Dal volontariato agli Enti (AM. Cuci)
  8. Gruppo del giovedì (Q. Pavarin)
  9. Voglia di fare (M. Cuci)
  10. Favola (Q. Pavarin)
  11. Il nostro amore (M. Cuci)
  12. La mia compagna (P. Novarese)
  13. Libertà (Q. Pavarin)
  14. Lettera a…

 

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PERIODICO AD USO INTERNO DELLA CASA CIRCONDARIALE DI ROVIGO

 

Anche questo tempo di detenzione fa parte della nostra vita; per non sentirci sepolti, solamente maltrattati ed inutili, cosa ne diciamo di esprimere la parte positiva della nostra personalità? Diventiamo vero soggetto che comunica! Schedati, controllati, “osservati scientificamente”: saremmo solamente un oggetto di informazione. Questo periodico è un tentativo di esprimere la nostra esigenza di socialità: per dialogare, per comunicare agli altri ed a noi stessi, che non siamo solamente dei personaggi negativi. Guardiamo ai sentimenti e all’umanità che c’è dentro noi! La solitudine, l’isolamento, l’affettività, non sono concetti astratti, perché noi viviamo questi problemi ogni giorno, con il rischio che il nostro cuore si inaridisca sempre di più. Usciamo! Apriamoci alla speranza, che è il motore principale dei desideri che vogliamo realizzare. La coscienza di sè stessi e l’orgoglio di non sentirsi inutili? Certo! Ecco quindi un gruppo che discute e lavora, che vuole migliorare il carcere, che parla con l’Istituzione e con tutti voi, che sviluppa idee, che promuove iniziative, che vuole stimolare: dialogando e confrontandosi con ogni persona disponibile. Vogliamo essere “Gruppo di Animazione” in collaborazione con gli operatori, con il volontariato, con gli enti sociali: non più oggetti, ma soggetti della nostra realtà. Modificare questa realtà non è facile: facile è guardare senza fare nulla, subire. Sicuramente abbiamo molte cose da dire. “Prospettiva Esse” vuole significare il nostro punto di vista che guarda alla società: “Esse” anche come speranza di migliorare la nostra vita presente e futura. Con questo, aspettiamo il contributo prezioso delle vostre idee, per essere con noi a dare forza al nostro impegno e tentare insieme di uscire almeno da quella prigione dell’anima, che è la nostra solitudine.

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Sorridi sei su Internet

 

Appena arrivato, ho avuto notizia di alcuni corsi che erano in fase di strutturazione. Mi si è parlato di un corso di fotografia e ciò mi aveva eccitato parecchio. Ci avevo lavorato con le macchine fotografiche e poterne usare una qui mi sarebbe piaciuto molto. Dopo qualche giorno i corsi erano diventati più di uno: giardinaggio, informatica e altro che non ricordo. La mia eccitazione era diventata scetticismo. Troppa carne sul fuoco. L’unico corso che io avevo visto prima in carcere era quello di termoidraulica, del quale avevo conseguito il diploma a Venezia, parliamo di S.M. Maggiore chiaramente; quel diploma, poi, era come il simbolo araldico della mia famiglia, prima di me, mio fratello lo aveva conseguito, e ciò significa anni di carcerazione e lezioni noiose che si ripetevano uguali ogni giorno. Insomma, alla fin fine avevo concluso che l’unica cosa che realmente desideravo era usare una macchina fotografica e un ingranditore, la mia grande passione. Morale: sto usando una tastiera, un video, un computer insomma. Tutti noi, siamo una decina circa, ci troviamo ormai da due mesi, precisamente dal 10 ottobre, ogni lunedì, martedì e venerdì, per tre ore al giorno. Nell’aula i banchi e le sedie sono quelli del passato, ma i computer ti lanciano velocemente nel futuro, macchine moderne, il penultimo tipo come capacità di esecuzione, questa è la cosa che più stride con il metabolismo delle giornate che trascorriamo qui in prigione. Eccoci qua, ognuno al proprio posto, seduti su dei banchi che anche mia figlia che frequenta la seconda elementare troverebbe stretti, e “antichi”; questo è il termine che con i suoi coetanei usa per le cose che riguardano la mia infanzia. Ore 8.30 firma del registro, ed esaurimento delle domande rimaste in sospeso dalla lezione precedente, il cavo di alimentazione, è staccato, solo così il professore, malgrado la sua simpatia, pazienza e chiarezza, riesce ad avere la nostra attenzione sulla lavagna, evitando che noi ci si tuffi subito dentro al video aggrappati alla tastiera. Sembriamo auto da corsa sulla griglia di partenza. Ore 9, accendiamo le macchine. Tempo fa ho sentito parlare che il computer è una macchina stupida, è solo una grossa memoria ma non c’è che un dialogo a direzione unica. Errore, lui parla, e chiede; per prima cosa esige che gli si parli con uno dei linguaggi che usa correntemente, QBasic, Pascal, DOS, etc, e ad un certo punto, quando il dialogo si fa più complesso, eccolo: mi sono bloccato, lo capisci perché? Lo capisce anche un bambino. Dimmi lo sai che fine ha fatto il tuo lavoro? Tutto ingoiato, sparito, lo hai salvato? Salvato con nome? Vuoi aprire, chiudere, copiare, cancellare, vuoi uscire? Che cavolo fai, lo spiritoso anche? Altro che senso unico, non ti molla un secondo. Con l’aiuto delle spiegazioni chiare del professore, qualche suo intervento di salvataggio in extremis, gli appunti presi da qualche volonteroso durante le lezioni e tanti tentativi, riusciamo a fare un bilancio familiare con grafico a vari colori, percentuali relative delle varie voci di spesa, un inventario di magazzino con tutte le voci dei materiali, quantità, prezzo; scrivere un testo scegliendo le varie grafie, incorniciato, ingrandito. Ore 11.30 firma di uscita dopo aver inserito con un nome preciso il nostro lavoro nella memoria del computer. Il professore, su mia richiesta, ha portato un paio di riviste di informatica e su una di queste ho letto: 20.000 fotografie su 200 CD-ROM, e più avanti, Kodak, Canon macchine fotografiche digitali. Le piccole camere possono collegarsi a qualsiasi personal computer attraverso un kit opzionale, oppure ad un normale apparecchio televisivo, si possono così inserire le proprie foto praticamente in tempo reale in un servizio tipo internet e far fare loro il giro del mondo. Altro che corso di fotografia; “antico” direbbe mia figlia, antico sì, ma molto più romantico, dico io.

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Corso di alfabetizzazione informatica

 

Corso di alfabetizzazione informatica: finanziato dalla Regione Veneto che ne è titolare. Come è nato: su indicazione degli Istituti del Veneto, il Provveditorato di Padova propone alla Giunta regionale che per il 1996 ha deliberato uno stanziamento di 620 milioni per l’organizzazione di 21 corsi di formazione di qualifica o di aggiornamento professionale. con caratteristiche e durate diverse, con il rilascio finale di un diploma, dopo una prova d’esame, o di un attestato di frequenza. Il nostro è un corso della durata di 100 ore, per 70 persone. 3 ore ai giorno, per tre giorni la settimana: il costo è di 7 milioni di lire, che comprende l’affitto di 6 computer e tre stampanti più il materiale d’uso; a fine corso i partecipanti riceveranno un attestato e un sussidio £ 1500 per ogni ora di frequenza: è gestito dall’ENAIP (Ente Acli Istruzione Professionale ), insegna il prof. Cassoli. La finalità di queste 100 ore è di acquisire una cultura di base nel campo delle tecnologie informatiche. A parte alcuni ritiri e l’uscita dall’Istituto di un paio di persone, l’andamento del corso ci sembra buono, sia per la frequenza che per i impegno dimostrato, oltre che per l’importanza che questo ha, senza dubbio, come “momento di aggregazione”. Auspichiamo il ripetersi di esperienze simili.

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Incontro con assessore Vallin

di G. Sartin

Dal “Gruppo del giovedì” è stata scritta una lettera al Sindaco di Rovigo e gli Assessorati ai Servizi sociali di Comune e Provincia l’esigenza era, ed è. quella di avere un contatto, un dialogo e una collaborazione con l’esterno per migliorare la vita in carcere e dare un senso ai concetti di rieducazione e reinserimento.

Anche se ufficiosamente sappiamo di aver suscitato l’attenzione dei nostri interlocutori. l’unica risposta e arrivata dall’Assessore ai Servizi sociali Carlo Vallin con una lettera e la visita.

Il 27 settembre, nella biblioteca dell’Istituto. presenti la Direttrice. l’équipe. il Comandante e una decina di noi (per motivi di spazio). c’è stato l’incontro. Abbiamo esposto un po’ le nostre richieste, che altro non sono che iniziative per occupare positivamente il tempo con lavoro e corsi di formazione. nonché vagliato la possibilità di lavoro esterno e di detenzione alternativa. L’assessore. dopo averci detto che al momento il territorio e l’Ente offrono poco. si è dimostrato ben disposto verso le nostre proposte. illustrando le opportunità attuabili in breve tempo Possiamo ben dire che l’incontro è stato positivo era la prima volta che un rappresentante del Comune di Rovigo entrava in questo Istituto e si è cosi iniziato un dialogo destinato a maturare nel tempo. Siamo convinti che l’Assessore Vallin ha avuto un’ottima impressione di noi, della partecipazione e del nostro interesse ad un reale percorso di reinserimento, e che potrà farsi portavoce e garante della nostra serietà. Il percorso da compiere e sicuramente lungo e dovrà essere il risultato nella volontà di realtà ben precise. e noi stiamo facendo la nostra parte Ci ha proposto una mini inchiesta per conoscere le nostre esperienze di lavoro, le capacità e le preferenze. Restiamo in attesa dei primi frutti e di un eventuale nuovo incontro come promesso nel frattempo noi continuiamo a lavorare per costruire la conoscenza di noi stessi e la volontà di migliorare la nostra vita.

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Offri il perdono e ricevi la pace

 

Proponiamo l’intervento che un nostro compagno ha letto il primo gennaio in occasione della marcia della pace.

Siamo tre detenuti in permesso premio, invitati a partecipare a questa manifestazione e dare la nostra testimonianza.

Di questo vi siamo molto grati. perché è un riconoscimento importante per la nostra dignità di uomini. Siamo anche portavoce del messaggio dei nostri compagni di detenzione che oggi idealmente vogliono essere qui con noi in questa marcia che parte proprio dal carcere.

Senza il perdono non c’è la pace e non c’è nemmeno la convivenza: questo è un tema che ci piace e ci emoziona, perché è un messaggio di speranza.

Noi siamo qui per testimoniare proprio la nostra speranza, di uscire dalla solitudine, dall’isolamento, dall’indifferenza, dall’egoismo e dal rancore che sono le mura più alte che possano mai tenerci prigionieri. Pensiamo che queste siano prigioni per ogni cuore, per ogni anima, anche per chi non vive la nostra stessa condizione.

Ci siamo chiesti: “In che modo possiamo offrire il nostro perdono? Proprio noi che sentiamo il bisogno di essere perdonati?!”.

Abbiamo accennato una risposta: “Offrendo la pace!...La pace interiore, individuale e collettiva; la volontà di pace, la necessità della pace!”.

A voi che siete la società. che siete “la gente”…: proponiamo con forza il nostro bisogno di riscatto e di riconciliazione. affinché la pena possa estinguere veramente il reato e ci sia data seriamente la possibilità di ricominciare. Umanamente, rivendichiamo la nostra dignità. perché nell’emarginazione e nel bisogno è difficile trovare la pace. e nell’ingiustizia sociale fermentano spesso l’odio e il rancore.

Abbisogniamo di perdono, è vero! Ma anche di aiuto morale e di coraggio: quello stesso coraggio che troviamo oggi ad essere qui con voi, protagonisti di un messaggio comune per tutti gli esseri umani.

“Se tutto nasce dal cuore, tutto rientra nei cuori!”: questo è il nostro messaggio d’amore che è impegno quotidiano al perdono, alla pace e alla solidarietà; un messaggio che vuole essere spirituale, ma anche sociale: “Che la pace nel cuore diventi pace nella società”.

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Incontro con i volontari

di Q. Pavarin

L’incontro con i volontari è stato promosso per iniziativa del “Gruppo del Giovedì” e del nostro giornale: la Direzione ha subito accettato, con disponibilità, e organizzato sull’onda dei precedenti incontri con l’Equipe. con gli agenti e con il Sanitario dell’Istituto.

Se la nostra richiesta era nata per conoscere, coordinare, incrementare la presenza, collaborare e quindi per valorizzare l’opera del volontariato, possiamo ben dire di aver raggiunto il nostro scopo: almeno come base di partenza di un lavoro “senza fine”.

Si è parlato di società, delle scarse risorse che offre, della cattiva organizzazione sociale, dei suoi problemi e della diffidenza che buona parte di essa ha nei confronti di noi detenuti; quindi: Volontariato come portavoce delle nostre esigenze, ma noi, come detenuti, protagonisti in prima persona nella consapevolezza di un recupero di noi stessi e della volontà di risocializzarci.

A tale proposito c’è l’esigenza di produrre da parte nostra uno sforzo da unire a quello del volontariato. Insieme: concetto espresso più volte; per questo desideriamo creare nuovi momenti d’incontro, di dialogo e di confronto, per una maturazione individuale e collettiva, coscienti del nostro passato, di questo presente da non sprecare e della speranza (che deve essere volontà!) di un futuro diverso. Grossi obiettivi.

Vediamo la possibilità di un salto di qualità per l’opera del volontariato che non deve essere limitata al pur necessario aiuto materiale. Possiamo tutti insieme creare le basi affinché la nostra condizione di emarginati abbia a finire e nella società noi si abbia le stesse opportunità che ogni uomo libero ha di esprimere le proprie esigenze e aspirazioni di vita.

Un buon traguardo, non vi pare? Che, anche se per alcuni appare semplicemente “ideale”, noi vogliamo tentare di raggiungere. Con questo ultimo “noi” intendo “tutti”, almeno tutti quelli che vogliono perseguire gli stessi nostri scopi.

Si tratta anche di fare un buon “lavoro politico” ed è evidente, come è stato riconosciuto dai volontari stessi, che questo nostro giornale è e dovrà essere strumento importante e punto di riferimento.

Il nostro commento è positivo e propositivo al tempo stesso: niente deve andare disperso dei potenziali sviluppi di tutto quanto è stato detto.

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Dal volontariato agli Enti

di M. Cuci

Il 27 novembre, su richiesta degli stessi detenuti, è stata organizzata una tavola rotonda con gli assistenti volontari che operano all’interno dell’Istituto della Casa Circondariale di Rovigo.

Sono intervenuti la direttrice dott.ssa Rosalba Casella, l’educatrice Cristina Iannini, Livio Ferrari, Maria Rosaria Felisati. Flavio Mandruzzato, Franco Cassetta e Giovanni Pavarin.

Ne è scaturito un dibattito acceso costruttivo, affrontando i disagi e le difficoltà che il detenuto, abbandonato a se stesso non è in grado di risolvere: il reinserimento in primo piano e il rapporto con la famiglia.

Dalla discussione abbiamo tratto un profilo fiducioso: le loro promesse di intervenire presso gli organi politici del Comune. Proprio questi organi politici che sono quasi sempre assenti, “sordi” ai problemi dei detenuti e degli ex detenuti.

La libertà dei detenuti deve essere guidata dai servizi sociali, progettata anzitempo e accompagnata. Le istituzioni Politiche Comunali devono rendersi conto della situazione con interventi forti e concreti, non devono continuare a dire “NON HO SENTITO”.

L’Associazione dei Volontari entra nel contesto sociale della vita del detenuto, comprende i disagi e i conflitti con l’esterno, ma non si può da loro pretendere la soluzione dei problemi quando gli stessi trovano molte più difficoltà presso gli enti preposti che non li affrontano in concreto.

Nel mese di settembre c’è stata una riunione con l’assessore ai servizi sociali del Comune di Rovigo, dott. Vallin. Nell’occasione mostrò la sua disponibilità a seguire i problemi dei detenuti, lasciandoci fiduciosi. Ora si viene a conoscenza che il dott Vallin abbia dato le proprie dimissioni dall’incarico; allora noi detenuti ci poniamo la domanda: esiste la speranza che il suo successore voglia seguire i problemi dei detenuti, quei problemi che sono già stati affrontati? C’è ancora la possibilità di affrontare questo dialogo già iniziato? Oppure quella disponibilità che il dott. Vallin aveva manifestato è già svanita?

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Gruppo del giovedì

di Q. Pavarin

Che cos’è il “G.d.G”? Al riguardo conosco la curiosità di molti e il “sarcasmo” di altri che dicono spesso: “Una riunione per soli tossici…”.

E’ vero: ci si incontra tra noi, detenuti con problemi di tossicodipendenza, ogni giovedì , in biblioteca. Si è cominciato mesi fa parlando di “migliorare il carcere”, considerando poi il migliorare se stessi: contemporaneamente…

C’è una psicologa del Ser.T. di Rovigo, la dott.ssa Secchi, e non credo di esagerare nel definirla una “nostra amica”, visto che il suo impegno mi sembra tanto umano quanto professionale; c’è l’educatrice, dott.ssa Tannini, amica anche lei, man mano che si è sempre più fatta coinvolgere; la Direttrice è la “garante-garantita” del nostro impegno e della tranquillità quasi naturale con cui si svolgono gli incontri; e ci siamo noi, sei o sette in passato, più di una decina attualmente.

Qualche volta partecipa la signora Zambello, assistente sociale del Ser.T., che in ogni caso segue il lavoro del gruppo.

Parliamo di noi e dei nostri problemi: parliamo del carcere e dei suoi problemi. Ci impegniamo stimolandoci a vicenda quando serve, maturando piano piano, insieme, tanto quanto lo vogliamo. Basta leggere il nostro “diario”, su cui annotiamo le nostre impressioni personali e la cronaca dei nostri incontri, per “toccare con mano” il valore che il “Gruppo del Giovedì” ha maturato nel tempo.

Noi lo consideriamo uno “spazio di libertà”, perché un po’ alla volta ci liberiamo dalle nostre paure, essendo, il momento del gruppo, un tentativo “di liberarci dalle prigioni dell’anima”... niente di così difficile; proviamo un po’ tutti a pensare da quante cose è condizionata la nostra vita, i problemi. le difficoltà, le incapacità, le incomprensioni…

Abbiamo e nostre “regole”: ma, se questo come concetto ci è un po’ indigesto, nei fatti ben si attua nel rispetto, la discrezione, etc.

Dal “G.d.G.’, dallo stimolo che il confrontarci ci ha dato, sono nate e si sono sviluppate alcune iniziative importanti: come questo stesso giornale, o l’incontro con l’assessore Vallin e le varie riunioni e “tavole rotonde” su temi e problemi del carcere.

Alcuni ragazzi sono usciti dal carcere in affidamento o in sospensione pena per entrare in comunità; altri seguiranno, altri ancora hanno ascoltato e dato il loro contributo al gruppo... ma, la presa di coscienza che abbiamo intrapreso, ognuno di noi individualmente la potrà portare fuori con sè, quando e come sarà, nella sua vita!... Un “modo altro” di essere detenuti, di considerare la propria situazione rispetto al passato e soprattutto rispetto al proprio futuro. Niente di tecnologico o di scientifico... solo magico! Nel senso che la “magia” è compiuta da noi stessi, dentro di noi, insieme e con l’aiuto di tutti gli altri.

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Voglia di fare

di M. Cuci

Ce la stiamo mettendo tutta, ora che ci stiamo riuscendo… non molliamo.

Il nostro giornale non ci annoierà, non lo troveremo insignificante, neanche brutto, gli sguardi che avremo non ci lasceranno indifferenti. Siamo sinceri, non mettiamo la parola “fine”, siamo appena agli inizi, se tutto ci sembra complicato, col passar del tempo sarà semplificato.

Non cerchiamo subito la luna, accontentiamoci di una stella, sarà sfolgorante per sentirci protagonisti.

E’ stata un’idea geniale la possibilità di far sentire la nostra voce a chi non è insensibile, vogliamo far vedere che ci siamo. Questo tentativo è per migliorare la vita di noi detenuti all’interno dell’Istituto e dovrebbe far reagire chi considera il carcere, non un luogo di repressione, ma come un momento per una riabilitazione e un recupero.

Il detenuto è malato innanzi tutto di ingiustizia; o perché l’ha commessa o perché l’ha subita.

In ogni caso la sofferenza il più delle volte è grande.

La sofferenza, l’onore del detenuto non è mai, non può essere mai un problema soltanto suo.

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Favola

di Q. Pavarin

Si chiamava Fantasia ed il suo sogno era la libertà: era una farfalla dalle stupende ali colorate, così bella da suscitare l’ammirazione di tutti gli insetti del prato, che nel suo volo dominava e possedeva.

Passava il suo tempo di fiore in fiore, scegliendo sempre i più belli, i più colorati e profumati: la sua vita era proprio un sogno, era appunto libertà.

Ma un bel giorno al suo risveglio si accorse con stupore che nel prato non c’era più un fiore: non era possibile!...Volò da un punto all’altro, incredula e disperata, finché non ebbe più nemmeno la forza di muovere le sue ali; si posò sull’erba cercando di capire il mistero di quella sparizione, e già sentiva una fame tremenda, abituata com’era a fare grosse scorpacciate di nettare prelibato: “Come farò? Cosa farò? Che ne sarà della mia vita?! Meglio morire...” e cominciò a piangere disperata.

Alcune formiche, indaffarate nel loro faticoso lavoro di ogni giorno, sempre avanti e indietro per cercare cibo e portarlo al formicaio, udirono i suoi lamenti e si fermarono incuriosite ed impietosite: “Ma, è Fantasia!... Cosa ti succede? Perché piangi?”.

Messe al corrente della situazione, non sapendo dare alcuna spiegazione, cercarono di rassicurare la farfalla, al momento rifocillandola: “Vieni con noi, c’è posto anche per te. Potrai lavorare con noi, saremo amiche e ci racconterai della libertà; ci dirai come sono belli e profumati i fiori e, se capiterà, un giorno ci porterai con te lassù in cima ad assaggiare il nettare”.

Non so come sia andata a finire, che passavo di fretta e non conosco il seguito di questa storia; ma sembra che la farfalla non riesca più a volare, che lavori ancora con gli insetti del prato e parli loro spesso dei fiori e della libertà; ora il suo sogno pare sia la speranza di rivedere, un giorno, il prato dall’alto, di posarsi sui fiori e raccontare loro di questa dura realtà, dei suoi nuovi amici e di una certa serenità.

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IL NOSTRO AMORE

Oltre l’orizzonte, … lontano

al di là del mare

ondoso e malinconico.

La vedi? C’è una luce.

Rischiara la notte profonda

con il suo splendore.

E’ forte.

Non è una stella,

neppure una nave lontana.

Laggiù.

La vedi? Là in fondo…

Tra le nubi scure.

Quella luce chiara e lucente

splende sul mondo intero,

sul mondo che ci apparterrà:

perché quella luce

è il nostro amore.

M. Cuci

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LA MIA COMPAGNA

La mia compagna è una donna forte,

la mia compagna è una donna fiera,

a volte arguta

a volte battagliera.

Ha condiviso rischi e tristezze

di questa vita senza più certezze.

Sa dominare gioia e dolore

perché comprende il mio profondo

amore,

una virtù affascinante e misteriosa

che la lega a quest’anima corrosa.

Vorrei che avesse un destino migliore,

vorrei al colloquio stringerla

per più di alcune ore,

vorrei darle quello che non ha,

vorrei essere quello che non sono

e non vorrei smettere mai di sognare

perché anche i sogni

mi aiutano a campare.

P. Novarese

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LIBERTA’

Vola

la libertà

nell’infinito

fuori di me…

Cerco

nel mio cuore

Un infinito

dentro di me! …

E’ questa

la mia libertà?

Q. Pavarin

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Lettera a…

 

Questo spazio è dedicato alle lettere che di volta in volta sceglieremo, dove tutti potranno scrivere e dire la loro a chi vogliono…

Questa è la lettera che il “G. di G.” ha spedito a maggio al Sindaco di Rovigo e agli assessori ai Servizi Sociali di Comune e Provincia.

In tal modo intendiamo riproporre a tutti la stessa “sfida”.

Siamo un gruppo di detenuti della Casa circondariale di Rovigo: si tratta di un gruppo particolare in quanto nato per iniziativa del Ser.T. e della direzione del carcere; da gennaio a marzo di quest’anno si è trattato di un esperimento poi prorogato, visti i risultati positivi e l’interessata partecipazione da parte nostra.

Cominciando da un dialogo mirato al nostro benessere si è subito sentita l’esigenza di parlare dei problemi della vita in carcere (in particolare di questo carcere) e di come migliorarla.

Una delle prime iniziative pratiche che prendiamo è quella di cercare un contatto con la realtà esterna. Ci sentiamo un po’ abbandonati a noi stessi e le poche iniziative intraprese dipendono dalla buona volontà personale di qualche operatore: ci sentiamo lontani dall’attuazione dello spirito dell’Ordinamento penitenziario. Per superare la diffidenza nei nostri confronti, ci teniamo a farci conoscere, nella convinzione che, avendo la giusta opportunità, possiamo esprimere qualcosa di buono.

C’è il problema di impiegare il tempo libero, affinché non sia regalato alla noia, perché non vadano disperse le nostre potenzialità e le possibilità di reinserimento, per non marcire nell’impotenza che diventa sfiducia in noi stessi e poi rabbia e ribellione ad ogni sistema. Per non parlare dei pericoli dovuti alla tossicodipendenza, dai quali non è sempre facile difendersi.

Se anche voi credete nei recupero dell’uomo che ha sbagliato, se esiste la possibilità che siate in accordo con noi sul fatto che si possa imparare una vita diversa. vi unirete ai nostri non facili sforzi tesi ad un futuro migliore. “Non esiste un male da cui non possa nascere un bene”.

Anche altri detenuti, non specificatamente utenti del Ser.T., sentono le nostre stesse esigenze e cercano un dialogo con l’Istituzione e l’esterno; facciamo pure presente la favorevole disponibilità di Direzione ed operatori ad un dialogo costruttivo: è il caso di cogliere l’occasione e costruire veramente quella umanizzazione del carcere di cui spesso si e sentito parlare e di creare opportunità di detenzione alternativa.

Quindi vi invitiamo ad un incontro, per parlare, e nel dialogo vagliare qualsiasi possibilità di intervento a nostro favore . Un “favore” che potrà anche riversarsi positivamente sulla società. Abbiamo già proposte e idee da discutere assieme a voi.

Dandoci una mano ci darete pure quel riconoscimento come uomini che riteniamo fondamentale: abbiamo veramente bisogno di crederci e di sentircelo dire. L’importante e cominciare e poi “da cosa nasce cosa”. Siamo sicuri che ne verrà fuori qualcosa di veramente buono!

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