IL MALE MINORE

“Il male minore. Devianza giovanile, un problema per tutti” è il titolo del volume che viene presentato giovedì 25 ottobre alle ore 20:45 presso l’Archivio di Stato di Rovigo, alla presenza dell’autore don Gino Rigoldi e coordinato dal direttore del Centro Francescano di Ascolto Livio Ferrari. L’incontro è il quinto della rassegna “Storie e pensieri per riflettere”, i libri che ci raccontano, organizzata dall’Archivio di Stato e dal Centro Francescano di Ascolto .

  

Virginio Rigoldi, detto Gino, nasce a Milano, fondatore e il presidente di Comunità Nuova. Nel 1972 ha chiesto e ottenuto di diventare cappellano dell'Istituto penale per minorenni Beccaria, incarico che tuttora esercita. Nello stesso anno ha iniziato ad ospitare in casa sua un primo gruppo di minori che uscivano dal carcere senza casa e famiglia, coinvolgendo i servizi sociali ed un gruppo di volontari perché nascessero risposte concrete a favore di troppi giovani abbandonati. Sono cosi nate a Milano le prime tre comunità alloggio: case nelle quali i ragazzi vivevano con don Gino e con gli educatori, frequentando la scuola e le attività di sport e tempo libero presenti nei quartieri. Nel dicembre 1973 è stata fondata Comunità Nuova, l'associazione, che ormai vive da 29 anni, si è ampliata ed ora gestisce comunità per bambini, per minori, per tossicodipendenti; svolge anche attività nel quartiere di Baggio in un Centro per Giovani e nei cortili delle case popolari.

In questo libro racconta le storie di bambini che vivono per le strade e affronta il problema della prostituzione minorile, della droga, della criminalità e della violenza giovanile. ‘I più violenti sono i giovani italiani’ afferma don Rigoldi, ‘non gli stranieri’.

"Scrivo questo libro – dichiara don Gino – perché ho vissuto a sufficienza per capire con qualche approssimazione alcune regole del vivere e per proporre ai giovani un'esistenza bella e anche buona, per se stessi e per la società che condividiamo. Perché mi pare tipica di questi tempi una "normalità" delle scelte correnti, del senso comune che, secondo me, normale proprio non è. C'è un bel salto di qualità fra le scelte personali e sociali e i valori etici o politici, laici o religiosi che vengono dichiarati. Penso per esempio alla decadenza "tranquilla", "normale", delle relazioni fra gli esseri umani, con particolare riferimento all'educazione dei ragazzi in famiglia e nei luoghi di aggregazione a loro dedicati. Perché non ne posso più delle drammatiche denunce di problemi piccoli e grandi dell'umanità, che si fermano appunto alla denuncia senza assunzioni di responsabilità. La mia "normalità" mi spinge a pensare e ad agire con la convinzione, forse semplicistica ma spesso efficace, che tutti i problemi "sono fatti per essere risolti". Solo la morte non ci appartiene: questa impresa riguarda il Padreterno. Perché credo che noi, in Italia e in Europa, insieme con le migliaia di stranieri affluenti, abbiamo una grande ricchezza di intelletto e di passione, soprattutto nei giovani, che ha bisogno di essere riconosciuta e valorizzata.