ANNO 2012

SOMMARIO anno 2012

  1. Un territorio che accoglie ed abbraccia (Livio Ferrari)
  2. Nel 2011, sulle strade della solidarietà
  3. I miei primi dieci anni (Rossella Magosso)
  4. Francescani: una storia di santi (Fulvianna Godino)
  5. Apriamo gli occhi? (Leopoldo Sartori)
  6. Lente d'ingrandimento sul Sinodo (Lucia Lago)
  7. Gli avvocati volontari (Francesco Carricato)
  8. Lo sportello Pinocchio (Federico Maronati)
  9. In ascolto di un "diverso mondo" (Fabio Furini)

[Sommario]

Un territorio che accoglie ed abbraccia

di Livio Ferrari

 

Un anno passa in fretta, ed eccoci qui a guardare indietro e fare il punto su quanto realizzato e vissuto nel corso del 2011.

Uno spazio significativo, per le attività della nostra associazione, se l’è ricavato lo Sportello Pinocchio, con dodici mesi di vita alle spalle e la concretizzazione dei percorsi di sostegno per i ragazzi autori di reato, considerando anche il protocollo d’intesa siglato con l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Venezia-Mestre. Il convegno realizzato a dicembre, “Minore e reato: autore e vittima”, è stato anche l’occasione per sancire pubblicamente la presenza di questo nuovo servizio.

La biblioteca del Centro, che conta circa 3.000 titoli, ha visto un significativo aumento dei prestiti, soprattutto per volumi sulla religione e il francescanesimo, anche se pure i testi relativi al carcere e alla giustizia hanno avuto un discreto interesse, considerate le richieste.

Le attività legate alla detenzione hanno avuto ancora una volta il ruolo preminente nell’impiego di risorse, di volontari e di tempo. Il numero di persone in esecuzione penale, interna ed esterna, è sempre ragguardevole e i bisogni perennemente enormi, in conseguenza di soggetti che versano in povertà quasi sempre estrema.

La necessità di un lavoro, soprattutto per ottenere una misura alternativa e per un futuro dopo il fine pena, la penuria economica che non permette loro di poter soddisfare neanche i bisogni più elementari e, spesso, la mancanza di un alloggio dove trovare asilo. I rapporti con la famiglia dei detenuti e il territorio occupano un importante spazio dell’attività dei volontari e, rispetto ai bisogni descritti, si è ripetuta l’attenzione della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo attraverso un contributo per l’acquisto di materiale per l’igiene e la pulizia dei detenuti della Casa Circondariale di Rovigo.

I nostri sette volontari autorizzati a frequentare il carcere rodigino hanno proseguito nell’incontro con i detenuti sia nella sezione maschile che in quella femminile, e hanno proseguito pure il confronto e il dialogo con gli operatori delle altre associazioni presenti all’interno del Coordinamento dei Volontari, alla cui guida c’è stato l’avvicendamento tra Paola Zonzin e Rossella Magosso.

E’ continuato anche il progetto di formazione al lavoro per persone condannate che viene svolto presso la Coop. Spazio Elle di Monselice, attraverso i contributi del Centro di Servizio per il Volontariato e il Comune di Rovigo.

L’amministrazione comunale di Rovigo, nel mese di febbraio, ha approvato l’inserimento della figura del garante dei diritti delle persone private della libertà nello statuto comunale, un fatto significativo che va oltre le appartenenze politiche e che pone la nostra città tra le prime che hanno assunto questo atto in tutto il Paese.

Grande partecipazione, circa 800 persone, ha avuto la sesta edizione de “Il carcere in piazza”, che a luglio ha visto l’esibizione della cantautrice Paola Turci e dell’attore Luigi Marangoni con brani tratti dal libro “Di giustizia e non di vendetta”.

Lo Sportello a Colori ha prodotto, tra l’altro, un corso di formazione per volontari della giustizia, sul tema dell’incontro in carcere con le persone transessuali, nella città di Belluno, organizzato dall’associazione locale Estramenia.

La nostra associazione ha partecipato alla costituzione del coordinamento locale di Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, a cui si aderisce a livello nazionale sin dalla nascita di questo organismo.

Lo Sportello di Avvocato di Strada ha vissuto il cambiamento che sta avvenendo sul nostro territorio, per una riduzione di nuove presenze di extracomunitari, l’arrivo di profughi e il “ritorno” a certi bisogni degli italiani. Insomma, tutta una serie di modificazione delle necessità e delle richieste, con un radicamento in aumento del servizio.

Il tema scelto quest’anno, per la convocazione assembleare, è legato al momento storico che sta vivendo il nostro territorio, insieme a tutto il Paese, e che è segnato pesantemente dai problemi economici e di mancanza di lavoro che stanno mettendo in ginocchio tante persone e nuclei famigliari. Ecco che in una situazione così drammatica, dove tantissime persone non sanno come procurarsi ogni giorno il cibo, diventa fondamentale l’atteggiamento di chi invece ha la fortuna di avere quelle risorse che gli permettono di vivere serenamente. Dalle esperienze prodotte è risultato evidente che, anche in presenza di una discreta sensibilità, non basta la solidarietà spicciola che può esprimere una fetta di popolazione, ma servono interventi e risposte strutturate come quelle che da tanti anni sta producendo il mondo dell’impegno sociale in collaborazione con i soggetti pubblici di riferimento.

L’atteggiamento di accoglienza è meno difficile da produrre di quanto si pensi, in fondo diventa abbastanza possibile creare spazi per dare risposte di alloggio, lavoro od economiche alle persone in difficoltà, ma la cultura dell’abbraccio è più difficile da percorrere. Perché se accogliere non è di sicuro un gesto così automatico, ma in certi frangenti può essere anche un modo sbrigativo di porsi, certamente abbracciare presuppone tutta un’altra posizione, non solo fisica, con un passaggio fatto di coinvolgimento ed investimento, che non può originarsi senza una profonda partecipazione e attraverso delle scelte precise.

Nella storia di oggi una cultura di questo genere, quella dell’abbraccio, s’intende, è un’espressione minoritaria e sicuramente controcorrente, perché, in questa società sempre più interetnica e complessa, l’analisi di questo incontro profondo è da riscontrare non con le persone più care ed amiche, ma con coloro che vengono rifiutati, evitati, emarginati, additati, espulsi. E, infatti, oggi come ieri non siamo ancora in grado come collettività di abbracciare le diversità, perlomeno di non averne paura, e quelle più attuali nella classifica degli indesiderati sono composte di bambini, donne e uomini stranieri, di persone detenute e di tossicodipendenti. Questi sono i principali soggetti esclusi dall’abbraccio della nostra società e l’obbligo morale per ognuno è quello di poter giungere ad accogliere tutti ed abbracciare il più possibile.

Allora diventa chiaro come la solidarietà sociale espressa da questa massiccia presenza della comunità, comunque, finora non è servita a modificare il negativo dell’esistente, perché dopo le numerose denunce che in tutti gli anni passati il volontariato ha suo malgrado dovuto fare, tutto è restato uguale a prima, e di fronte a ciò grande è il senso di impotenza e delusione nel dover assistere al perpetrarsi quotidiano dell’atteggiamento di lontananza che il mondo politico esprime come tassello “ultimo” di una società che è contrassegnata quotidianamente da involuzioni sociali e politiche.

Fondamentalmente la mancata efficacia al modificarsi delle politiche di welfare, a come non sia stato possibile riuscire ad incidere in questo possiamo riscontrarlo anche nell’ingenuità di fondo che permea il mondo del volontariato, che rimane un ostacolo alla coscienza della contrapposizione, in quanto dovrebbe essere eloquentemente evidente che per produrre effetti migliorativi all’attuale situazione ci si deve porre socialmente contro. Cioè essere consapevoli di muoverci a difesa di soggetti che sono al massimo tollerati e che in ogni caso danno fastidio. E’ impensabile continuare a cercare un falso dialogo, ad accettare le briciole che cadono dalle tavole dei politici e dei “paperoni” di turno, che d’estate inflazionano le pagine dei rotocalchi, immortalati su sfavillanti natanti davanti a spiagge dorate.

Cosa può interessare loro della marginalità sociale, degli immigrati, dei tossicodipendenti, delle persone distrutte dall’usura, di chi scivola giorno dopo giorno nella china dell’emarginazione, del bisogno, della disperazione insomma dei “brutti, sporchi e cattivi”, solamente che non diano fastidio, che non creino problemi tali da incrinare il consenso elettorale, perché in questi casi la solerzia a dare risposte è forte e puntuale.

Gli interventi contro l’esclusione sociale e le politiche di welfare sono necessariamente da rivedere, come è da ripensarsi tutti nei propri ruoli e nei rapporti con le istituzioni e lo Stato, ancorati come sono ancora a modelli oramai superati, da una storia che ogni giorno corre veloce e alla quale l’emarginazione sociale continua a rimanere uguale a se stessa.

In questo processo il volontariato  può contribuire ad alimentare scelte fondamentali, considerata l’esperienza acquisita e la disponibilità dimostrata, ma per farlo deve uscire dall’idea che tutto si esaurisca solo nell’azione concreta di solidarietà, dal questo microcosmo dell’intervento diretto, per diventare sempre e ancora di più un riconoscibile e coeso soggetto politico.

E’ necessario che faccia sentire la propria voce non in modo episodico ma comunicando quotidianamente, attraverso delle reti consolidate ormai da tempo, nel suo impegno volto a difendere i diritti dei più deboli, con una presenza assidua e costante nei luoghi dove si prendono le decisioni, dove si distribuiscono le risorse e si privilegiano certi interventi rispetto ad altri, senza continuare a demandare o peggio delegare questo alla partitocrazia rovinosa dell’Italia del nuovo millennio, di cui stiamo facendo purtroppo triste e deleteria esperienza!

“Un territorio che accoglie ed abbraccia” è questo il richiamo determinante della ventiduesima assemblea del Centro Francescano di Ascolto, per costruire insieme percorsi di pace sui quali tutti possano transitare, indipendentemente dal loro passato, capacità e forza, perché il presupposto fondante per accedervi è dato dall’impegno e onestà a provarci.

E in tutta questa sfida bisogna operare tutti assieme, senza personalismi, nella condivisione delle originalità che ognuno di noi esprime, per un futuro che tenga a mente gli errori del passato ma sappia essere aperto alle novità e alle modificazioni avvenute, per fare sintesi del positivo, togliendo più barriere possibili alla condivisione e alla solidarietà.

Saremo così nella condizione di buttare ogni chiave, di ferro o mentale, togliere le serrature per porte che resteranno sempre aperte, sorrisi che accolgono e braccia e mani che stringono in un abbraccio.

 

 

 

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Nel 2011, sulle strade della solidarietà

1.   Trento – Associazione Laici Trentini - Presentazione del volume “Di giustizia e non di vendetta”.

2.   Bolzano – Centro per la pace - Presentazione del volume “Di giustizia e non di vendetta”.

3.   Rovigo – Centro Francescano di Ascolto - 21^ Assemblea “Al Centro dell’anno che verrà”.

4.   Venezia – Associazione Il Granello di Senape - Presentazione del volume “Di giustizia e non di vendetta”.

5.   Torino – Gruppo Abele - Seminario “Dipendenza e carcere”.

6.   Badia Polesine (RO) – Parrocchia di Salvaterra - Incontro sulle povertà di valori.

7.   Padova – Istituto Tecnico Commerciale “A. Gramsci” - Lezione sulla tutela dei diritti umani per le persone ristrette.

8.   Mestre (VE) – Centro Culturale Candiani - “Sportelli carcere del Veneto e volontariato in rete”.

9.   Verona – Associazione La Fraternità - Presentazione del volume “Di giustizia e non di vendetta”.

10. Padova – Facoltà di Scienze Politiche - Lezione “Il Garante dei detenuti: ruolo, problemi e prospettive”.

11. Genova – Teatro Hops - 48 ore d’aria, festival di teatro e carcere - Presentazione del volume “Di giustizia e non di vendetta”.

12. Belluno – Associazione Estramenia - Convegno “I colori dell’identità”.

13. Rovigo – Circolo Francesco d’Assisi - Convegno “Tutti hanno diritto di cittadinanza”.

14. Lucca – Casa San Francesco - Manifestazione “Vent’anni dopo...”.

15. Rovigo – Coordinamento Volontari Carcere - Manifestazione “Il carcere in piazza”.

16. Fiesso Umbertiano (RO) – Comunità Emmaus - Incontro “Carcere e giustizia”.

17. Rovigo – Coordinamento provinciale Libera - Incontro “Sulle regole e sulla cittadinanza”.

18. Belluno – Associazione Estramenia - Presentazione del volume “Di giustizia e non di vendetta”.

19. Rovigo – Centro Francescano di ascolto - Incontro “Operazione Colomba”.

20. Treviso – Centro di Servizio per il Volontariato - Presentazione del volume “Di giustizia e non di vendetta”.

21. Rovigo – Centro Francescano di Ascolto - Seminario “Minore e reato, autore e vittima”.

 

 

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I miei primi dieci anni

di Rossella Magosso

 

Come sono giovane! Quest’anno festeggio i miei primi dieci anni dal mio arrivo in associazione, al Centro Francescano di Ascolto, una torta con dieci candeline lungo il percorso della mia vita.

Una torta dagli innumerevoli contorni, profumi, colori, sapori ... emozioni, sentimenti. In ogni taglio, in ogni porzione: donne, ragazze, mamme giovani arrivate a far parte del vasto mondo di persone in difficoltà: le persone ristrette; quanti volti ho incontrato.

Volti dai sorrisi tirati, masticati come gomma americana, sorrisi senza senso avvolti da una nebbia ghiacciata, sorrisi che arrivano da un’anima inaridita, sorrisi spenti ... quanti sguardi ho incrociato colmi di interrogativi, persi nel buio della notte in cerca di una fievole luce, sguardi ancora troppo lontani, sguardi tristi ... occhi smarriti, impauriti, occhi pieni di sfida, occhi che cercano, che temono; lacrime che scendono come pioggia di primavera a lavare il grigiore dell’inverno, togliere polvere accumulata in uno spazio di tempo fatto di vissuto spesso troppo impolverato, occhi fulminei da togliere il fiato.

Cuori che chiedono comprensione, affetto, amore, cuori induriti e sanguinanti, cuori spesso chiusi come uno scrigno senza chiave, ma pronti ad aprirsi se tu sai accogliere.

Mani allungate in cerca di calore; mani che hanno bisogno di essere riscaldate, contatto fisico per capire se c’è speranza, se il futuro accoglierà questa loro esistenza ancora troppo sconosciuta e che ha bisogno di conferme; non serve rassegnazione. Ragazze, donne dalle forti e pulsanti esistenze, in dubbie occasioni che la strada ha loro offerto, ma anche dalle innumerevoli fragilità; un muro le divide, un tormento che diventa dolore e solo con l’amore si può lenire, un muro raggiungibile … ma da scalare.

Il mio, il nostro … un percorso arduo, impegnativo, non senza contraddizioni, ma con tenacia e determinazione si possono avere risposte, seppur deboli … L’arrivo al Centro Francescano, il conoscere le persone che mi hanno accolta è stato per me qualcosa che ha fatto rifiorire il mio cuore, il mio pensare, una grande famiglia, con tutti lo stesso scopo, lo stesso nobile pensiero ... sapere accogliere le persone più fragili, emarginate, in difficoltà, che chiedono il nostro aiuto fatto di semplici parole, di dolci e sinceri sorrisi, di strette di mano, di abbracci, rivolti ad una porzione del mondo del disagio sociale ancora troppo sconosciuta. Cerchiamo di essere sempre pronti ad accogliere, ad ricercare nuove fonti, ad investire nuove energie per accoglierle nei nostri cuori e nelle nostre menti.

Informazione: sono la nuova responsabile del Coordinamento dei volontari del carcere di Rovigo, da qualche mese, da quando Paola ha avuto la seconda figlia e per questo ha dovuto sospendere l’attività.

Per me è un impegno che cerco di svolgere mettendoci l’entusiasmo e l’esperienza, purtroppo la distanza dal capoluogo e il poco tempo a disposizione mi rende il tutto un po’ più difficile, cercherò nonostante questo di essere all’altezza del compito che mi e’ stato dato.

E in questo tempo ho potuto constatare, una volta di più, come il rapporto con tutto il personale dell’Istituto sia buono, dalla direzione all’area educativa, con gli agenti della polizia penitenziaria, è improntato al dialogo e alla collaborazione, con il desiderio comune di riuscire a rendere meno pesante la vita delle persone ristrette, offrendo loro ogni giorno un messaggio di forte speranza, perchè la vita anche se non è sempre bella deve essere vissuta appieno.

 

 

 

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Francescani: una storia di santi

di Fulvianna Godino

 

Il Centro Francescano di Ascolto di Rovigo è sorto nel 1988 anche dalle intuizioni di padre Giorgio Cavedale e del maestro Luigi Mutterle, animatori della Gioventù Francescana del Polesine, l’occasione dell’assemblea mi dà l’opportunità di ripercorrere, felice, molti anni  della mia appartenenza al TOF – OFS.

Attraverso vecchi giornali francescani, sono risalita alla prima volta che ho partecipato ad una assemblea dell’associazione: era domenica 2 febbraio 1997 ed era l’ottava edizione. Appartenevo alla fraternità di un piccolo paese polesano, Canda, dove c’erano parroco e ministro santi: don Pietro Ermenegildo Perin  e il maestro Giovanni Magnarin, che invitavano spesso il maestro Mutterle o altri a fare formazione francescana ai parrocchiani di buona volontà. Così sono venuta a sapere per caso della assemblea e vi andai per semplice curiosità. Rimasi ammirata e commossa dalla capacità di tanti giovani di sacrificarsi nella gioia (faccio riferimento ai miei appunti del 1997).

Dopo la recita delle Lodi, sono seguite le relazioni dei responsabili dei vari rami di volontariato e mentre ci comunicavano il lavoro compiuto nell’anno appena trascorso, mi stupivo sempre più di come persone in età lavorativa e con impegni di famiglia, umanamente riuscissero ad arrivare a tanto. Il segreto c’è e ce l’ha spiegato padre Giorgio Cavedale presente all’incontro anche per rappresentare padre Urbano Bianco in viaggio di ritorno dall’Uganda. Mi piace ricordare con tanta commozione e gratitudine i due cappuccini veneti che dopo poco tempo il Signore ha presi con sé come intermediari speciali per ogni necessità di noi francescani secolari. P. Giorgio ci ha fatto notare che l’assemblea del Centro Francescano d’ascolto ha sempre un titolo programmatico non casuale: “Nel nome del Signore”, oltre all’aspetto organizzativo, c’è nei volontari francescani la consapevolezza di una presenza soprannaturale ed uno dei loro compiti è quello di comunicare questa presenza senza prediche, ma mettendo in atto le opere di misericordia. È Dio che agisce e chi lavora è strumento neppure il più importante, per il buon esito. Infatti alle spalle di questi, ci sono tante preghiere nascoste e silenziose ed offerte di sacrifici nei monasteri delle Clarisse e di una moltitudine di terziari e terziarie anziani.

P.Giorgio ha ricordato che “per caso” quest’anno l’Assemblea si tiene la domenica della presentazione di Gesù al tempio, ma nel caso c’è sempre un disegno di Dio. Tra la tanta gente presente, solo due vecchi. Simeone ed Anna si sono accorti di Gesù, cioè che quel bambino come tanti altri, presentato da una coppia del tutto simile a tante altre, era il Messia, lo hanno capito perché erano in preghiera, cercavano l’intimità con  Dio. Poi il Padre ha accennato al brano evangelico del seme, che solo se muore porta frutto. Il direttore Livio ha rimarcato:”abbiamo avuto esperienza quotidiana di fallimento, ma non ci siamo fermati”. È costante la Croce nella Chiesa, nelle fraternità ed il maggior peso ricade proprio sui fratelli anziani, malati che aggiungono alla loro condizione precaria e dolorosa, il senso talvolta angosciante della propria inutilità. Mi è sembrato opportuno ripetere dopo tanti anni il pensiero di P. Cavedale per abbeverarci ancora nella sua capacità di trasmetterci la fede granitica in modo originale ed incisivo.

Qualche anno dopo il mio primo incontro col Centro, ho cominciato a collaborare coi volontari, ma solo perché ero a fianco di Gigi Mutterle per gli articoli da inserire su “La Settimana”o per programmare qualche iniziativa diocesana per il TOF-OFS. In seguito, per qualche anno, ho fatto il mio turno settimanale di accoglienza. Ne approfittavo per leggere, nei momenti liberi, i quaderni delle attività francescane del passato conservati nell’ archivio in soffitta. Così ho appreso quanto hanno pregato e lavorato per la vigna del Signore i francescani del Polesine che ci hanno preceduto. Inizialmente la sede era in via Verdi, nella casa di Maria Roccato. Ho imparato molto da lei che ascoltavo con attenzione ed ora ho – dono di sua sorella - i suoi diari manoscritti a matita che contengono meravigliosi percorsi di santità.

Mi ha attratto pure un prezioso libricino artigianale che riporta la storia molto dettagliata del TOF in Polesine, dattiloscritto da Padre Elzeario Bulfon cappuccino. La prima Fraternità è sorta a Lendinara già nel 1216 e, soppressa da Napoleone nel 1810,  ebbe una buona rinascita col ritorno dei Cappuccini nel 1835. I terziari polesani aderirono con convinzione all’innovazione nel sociale di Papa Leone XIII ed in breve, come numero, si portarono in testa di tutto il Veneto, sostenuti da sacerdoti della Diocesi che erano pure terziari sulla scia di mons.Giacomo Sichirollo. Ma più che di numeri, desidero far sapere di quali iniziative sono stati protagonisti. Nel 1885 P. Piercrisalgo da Padova iniziò un lavoro in tutte le parrocchie della Diocesi ed anche oltre l’Adige e fino al Po con risultati sorprendenti. Nel 1887 il Polesine contava 50 “congregazioni” su 78 parrocchie e 10.000 terziari. La sola Lendinara aveva 800  terziari, prima nel Veneto. P. Piercrisalgo aveva troppo lavoro e non trovava tempo per formare i “discretori”. P. Girolamo che gli successe a Lendinara, compilò un regolamento che i lendinaresi seguirono, diventando Fraternità modello. In una relazione del 1907 è descritta la vita di fraternità: “adunanza mensile alla domenica in chiesa. Appena aperta la chiesa, i terziari assediavano i confessionali; poi ascoltavano la Messa e ricevevano la Comunione (in circa 400). Seguiva una conferenza per loro. Al pomeriggio la riunione del discretorio. Ogni anno esercizi spirituali di 8 giorni e si celebravano solennemente le feste di S. Francesco, S. Elisabetta e il Perdono d’Assisi ed i terziari partecipavano a tutte le celebrazioni religiose della città”.

Non c’è documento che attesti quando e da chi sia stata eretta la Fraternità di Rovigo, è  probabile che il tutto risalga al 1897 quando fu eretto il nuovo convento dei Cappuccini a Porta Arquà a Rovigo, presso il quale confluirono terziari da tutto il Polesine, dalle due fraternità di Adria con 200 iscritti ed anche della bassa Padovana.

La Fraternità di Rovigo fu centro di spiritualità francescana come Lendinara.

Trascrivo dalla storia di P:Elzeario:”I terziari erano consapevoli di essere un esercito destinato a dilatare il Regno di Cristo attorno alla pratica del Vangelo, perciò la loro azione si esprimeva in opere utili a tutti i bisogni della gente in seno alla Chiesa e alla società. Dunque il TOF polesano si adoperò in opere di carità: fu propagandata la stampa cattolica, distribuita gratuitamente; si insistette che ci fossero terziari catechisti per insegnare dottrina cristiana ai bambini; fu aperta una biblioteca circolante per una sana cultura al popolo; fondarono una associazione della buona stampa per diffondere giornali come Avvenire, La settimana cattolica, attraverso “strilloni” che passavano di casa in casa, vendendoli al pezzo simbolico di cent.3.  All’associazione aderirono anche molti non terziari.

La fraternità di Rovigo prese pure una iniziativa di risonanza nazionale. Nell’aprile 1908, in un congresso femminile di ispirazione liberale e laica, era stata approvata una mozione per abolire nelle scuole l‘insegnamento della religione. Ci fu un coro di proteste da tutta Italia, ma le terziarie della nostra Diocesi, pregarono e andarono di porta in porta a raccogliere firme ed offerte. Ma già il 24 febbraio 1908, al Congresso TOF a Rovigo, avevano mandato al Presidente del Consiglio Giolitti, il seguente telegramma:Mille terziari francescani raccolti a Congresso a Rovigo, rappresentanti 4200 terziari del Polesine, affermano la necessità dell’insegnamento religioso a scuola. Protestano contro minacciata abolizione e restrizione: reclamano dallo Stato rispetto della coscienza dei cattolici e cittadini. Domandano che l’insegnamento religioso, regolato per legge, sia impartito da persone idonee all’alto ufficio, anche non patentate.

Maria Roccato ricordando questa iniziativa, ripeteva soddisfatta: dopo 100 anni la religione cattolica si insegna ancora nelle scuole italiane. Sono convinta che molti nostri Santi stanno intercedendo per chi lavora nel Centro Francescano di Ascolto.

 

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Apriamo gli occhi?

di Leopoldo Sartori

 

In testa avevo un altro progetto per il mio modesto contributo all’Informale: una serie interminabile di titoli di giornali (di destra, di centro, di sinistra, di estrema destra di estrema sinistra) che nell’anno appena finito, ma continuano incessantemente anche in questo inizio 2012, hanno attirato la mia attenzione e che potevano essere un punto di partenza, anche per chi ha poco tempo, per approfondimenti personali e che comunque già da soli spiegano il livello di massima imperfezione a cui sono arrivate le nostre cosiddette “democrazie”.

La scintilla che mi ha portato invece ad approfondire, è meglio dire scoprire, quello che inconsciamente mi dava e mi dà inquietudine già da vari anni sono stati tre articoli apparsi verso la fine del 2011, quasi contemporaneamente, sui quotidiani (di destra e di sinistra, per non scontentare nessuno): “Cortina 80 ispettori del fisco a caccia di negozi dei furbetti. La Guardia di Finanza si dissocia” – segue l’articolo con i vari commenti; nella stessa pagina più in basso: “Sconto ai tedeschi della Bosch: a fonte di un debito con l’Erario di 1 miliardo e 400 milioni di euro pagano al Fisco 300 milioni e sanano la pendenza” – segue articolo e commenti; ecco la ciliegina, più sotto e più in piccolo l’articolo: “Pensionato si suicida dopo la richiesta di rimborso dell’Inps: …..a causa di un errore di calcolo dell’Inps si chiede la restituzione di 5000 euro rateizzate con rate di 50 euro mensili su una pensione di 700 euro”.

Se non bastasse nei primi giorni del nuovo anno altro trafiletto: “Rumeno ruba una barretta di cioccolato al supermercato…incensurato…due anni di carcere con il contorno di 600 euro di multa. Condanna esecutiva, senza condizionale”.

L’imperfezione di questa democrazia si chiama plutocrazia: dal greco ploytos (ricchezza) e Kratè (potere) cioè potere e predominio nella vita pubblica dei ricchi; più precisamente demoplutocrazia: regime apparentemente democratico in cui il potere è in realtà detenuto dalle classi economicamente più forti (i ricchi insomma). Il termine, che risale all’antichità ma che in realtà di è diffuso solo in epoca moderna, in ambito anglosassone e solo nei primi decenni del 1900 arrivò in Europa per merito di studiosi come Weber, Gramsci e specialmente Pareto, è stato bruciato dal fascismo e dal nazismo e quindi dopo la guerra e l’affermazione dell’egemonia americana in Europa, la parola stessa è diventata un tabù.

Dopo la Thatcher in Inghilterra e Reagan negli USA, plutocrazia e demoplutocrazia sono state riscoperte da movimenti, da sociologi, politici ed economisti. In Italia dal 1994 al 2011, salvo un breve intervallo, sono stati seguiti da governi di centro destra.

Parliamo di noi ora, ma vale per gli abitanti degli Usa come dell’Inghilterra.

La distanza tra i ricchi e la maggioranza della popolazione si è dilatata mostruosamente, con due conseguenze: da una parte la concentrazione del denaro ed il potere monopolistico di alcuni gruppi esercitano una influenza così pervasiva sulla politica da influenzare il gioco democratico (leggi ad personam - depenalizzazione dei reati finanziari e fiscali; inasprimento delle pene per i reati contro il patrimonio, per i reati (???) di clandestino (è una aggravante) etc. dall’altra lo sviluppo diseguale fa mancare allo stesso capitalismo uno sbocco adeguato (insufficiente potere d’acquisto dei lavoratori) e quindi recessione, disoccupazione etc.

La situazione italiana in Europa presta ora il fianco anche a una possibilissima tecnocrazia, in quanto come già la Grecia ci vediamo imporre un programma di bilancio, fisco e privatizzazioni dai tecnocrati della Banca Centrale Europea, dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, anche se con alcuni distinguo, più a parole che nei fatti, rispetto alla Grecia.

Per inciso questi tipi di stati tecnocratici, avvenivano regolarmente in passato nei Paesi del Terzo Mondo colpiti da crisi debitoria. La novità è che oggi li vediamo in Europa.

Il nostro Paese, l’Italia, ha vissuto gli ultimi 15 anni di “populismo” che apparentemente si manifesta contro i due mali precedenti: demoplutocrazie e tecnocrazie. Nella misura in cui pretende di restituire il potere al popolo sembra un alleato della democrazia, ma non lo è. Di solito incanta le masse con promesse demagogiche (caliamo le imposte, via la burocrazia, no stato di polizia fiscale, niente bollo auto e quanto altro  vi ritorna alla mente), irrealizzabili.

Quasi sempre ha bisogno di un capro espiatorio, un nemico debole, un bersaglio facile, ideali sono: minoranze etniche, i diversi, gli immigrati. Spesso dietro i populismi si nascondono interessi forti…: gratta gratta e si scopre che la plutocrazia è vicina.

Devo ammettere che le mie speranze su un futuro migliore sono legate ai “ corsi e ricorsi storici del Vico”, ad un proverbio “non tutto il male vien per nuocere”, ad una massima filosofica “ non esiste il bene se non c’è il male”, dal Vangelo e dalla vita dei Giusti e dei Santi.

Mi risulta difficile sperare che da solo il volontariato riesca a fronteggiare l’onda di “disperazione” che sta sommergendo i deboli sempre più numerosi: ristretti, emarginati, disoccupati, immigrati ed extracomunitari.

Probabilmente bisognerà prendere coscienza, per primi, della società in cui viviamo, che non è una democrazia come pensiamo e/o pensavamo, verificare singolarmente e in gruppo cosa possiamo dire e fare, di più, per aiutare il nostro Paese ad uscire da questo inganno. 

L’argomento è solo abbozzato, una cosa è certa, non dobbiamo nascondere la testa sotto la sabbia e pensare: “questo a noi non succede”; “questo in Italia non accade”.

Vi suggerisco di prestare molta attenzione a quello che è avvenuto negli Usa da Reagan in poi e quello che avviene ora per le elezioni presidenziali: il loro recente passata è il nostro presente degli ultimi 18 anni e il loro presente è il nostro prossimo futuro. Nessuno escluso, ricco o povero, immigrato o clandestino, ristretto o handicappato. Solo la politica (in senso negativo), l’alta finanza e i possessori di grandi patrimoni si salvano o quantomeno non si stressano.

 

 

 

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Lente d'ingrandimento sul Sinodo

di Lucia Lago

 

Si è concluso il 16 ottobre dello scorso anno, dopo un cammino di tre anni, il Sinodo diocesano. Era stato indetto il 10.05.2008 con l’obiettivo di verificare  se il nostro modo di annunciare i Vangeli  e di essere Chiesa risponde alle esigenze del tempo attuale e progettare una azione pastorale che sia insieme più fedele a Dio e alla persona, che vive in un periodo di forte e continuo cambiamento e che ha messo in discussione valori un tempo condivisi.

Per questo il primo anno è stato dedicato alla conoscenza della situazione culturale e sociale del Polesine per poterne cogliere gli aspetti positivi, quelli problematici e capirne le esigenze. Ci si è chiesti: “Signore, che cosa dobbiamo fare? “E’ lo stesso interrogativo che si erano posti coloro che avevano ascoltato Pietro il giorno di Pentecoste, dopo la discesa dello Spirito Santo: “Fratelli, che cosa dobbiamo fare?”. Questa domanda ha sollecitato tutti ad essere attenti agli avvenimenti per cogliere i fermenti di bene, le fatiche  e le difficoltà.

Il secondo anno è stato dedicato a costruire un modello di Chiesa missionaria che possa rispondere alle nuove chiamate e alle esigenze attuali, e ci si è chiesti: “Signore, quale Chiesa dobbiamo costruire?”. Il terzo anno è stato dedicato a tre soggetti che hanno, per motivi diversi, un ruolo fondamentale nella nostra comunità: la famiglia, nucleo naturale e fondamentale della società; i giovani, sentinelle del mattino, come li chiamò con tanto amore Giovanni Paolo II; i poveri, carenti di beni non solo materiali ma anche immateriali.

Con questa esperienza impegnativa la Chiesa diocesana ha cercato, prima, di rispondere alla domanda sempre rivolta ai personaggi centrali dell’antico testamento: “Dove sei?”, così ha potuto testimoniare la sua presenza forte in Polesine e rispondere alla richiesta di Gesù presente nel nuovo testamento: ”vieni e seguimi”.

Il Sinodo è stato, infatti, un tempo straordinario di grazia, vissuto con uno stile autentico e sincero che non dovrebbe mai venire meno. E’ stato anche un tempo di comunione tra i fedeli e le comunità parrocchiali; un tempo di partecipazione attiva alla vita della Chiesa; un tempo di discernimento nel quale si è cercato di cogliere i “segni dei tempi” per fare nuove le persone e le comunità. Così tutto il lavoro del Sinodo è stato riassunto nelle Costituzioni sinodali che orientano la vita e l’azione pastorale della Chiesa per il prossimo futuro.

Le Costituzioni sinodali sono ricche di appelli alla conversione degli atteggiamenti e degli stili di vita, invitano a crescere nella vita di comunione, chiedono di aiutare le famiglie a formarsi e a svolgere la loro missione, chiedono di accompagnare i giovani nel loro cammino di crescita e di essere solidali con chi è povero. Sarà importante tradurre questi orientamenti pastorali in operatività quotidiana per dare un volto nuovo alla Chiesa polesana, perché sia credibile ed efficace annunciatrice del Vangelo. E’ Gesù che chiede di essere segno e strumento del suo amore:”Io ho scelto voi perché andiate e portiate frutto”.

Ecco allora che questo periodo di grazia non termina se si fa attenzione, con cuore sincero, ai segni con i quali Dio chiama, perchè nella storia della Salvezza la chiamata arriva sempre in modo inaspettato.

Fu così per Maria che pronunciò il suo sì dopo la visione dell’Angelo, fu così per Giuseppe che disse il suo sì dopo un sogno e per i Magi che seguirono una stella.


 

 

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Gli avvocati volontari

di  Francesco Carricato

 

Durante il 2011 lo Sportello “Avvocato di Strada” di Rovigo ha incontrato diversi soggetti, la maggior parte stranieri, e ha affrontato tutta una serie di questione tra le quali una quarantina di casi “ordinari”, con un riequilibrio, rispetto agli anni precedenti, dei casi di diritto civile: sfratti, situazioni debitorie nei confronti di banche e di privati, questioni relative all’esercizio della potestà genitoriale ed ai minori, rispetto a quelli di diritto amministrativo e dell’immigrazione: espulsioni, richieste o rinnovo del permesso di soggiorno, riconoscimento dello statusdi rifugiato. Sicuramente la crisi economico-finanziaria in atto ha continuato a farsi pesantemente sentire ed ha colpito in maniera pesante le fasce sociali più deboli, vale a dire quelle che possono essere assistite da noi.

Per ciò che riguarda le pratiche di diritto penale, esse si sono attestate su un totale di cinque, relative soprattutto al reato di “clandestinità”, con riguardo al quale siamo riusciti ad ottenere una sentenza di assoluzione dalla Corte d’Appello di Bologna, alla luce delle Direttive Comunitarie varate in materia.

Immediatamente dopo l’estate abbiamo dovuto affrontare l’emergenza “profughi libici”, vale a dire persone che in seguito alla guerra civile libica sono fuggite da quel territorio ed hanno trovato ospitalità in Polesine; su richiesta ed in collaborazione con i Servizi Sociali del Comune di Rovigo, nonché con altre associazioni di volontariato, abbiamo predisposto e radicato ben 16 ricorsi avverso il diniego di riconoscimento di protezione internazionale. Tali ricorsi devono tutti essere ancora decisi, ma sino al termine del giudizio i richiedenti non potranno essere allontanati dal territorio italiano.

Il nostro Sportello, anche per sottolineare il proprio quinto compleanno, ha poi organizzato un’iniziativa culturale aperta a tutta la cittadinanza, un seminario dal titolo “La crisi, le nuove povertà e la tutela del lavoro”, tenutosi giovedì 15 dicembre presso l’Archivio di Stato di Rovigo, che ha visto come relatori: Antonio Mumolo, avvocato giuslavorista e presidente nazionale di Avvocato di Strada onlus; Silvia Ferrari, giudice del lavoro presso il Tribunale di Rovigo; Laura Calafà, docente di diritto del lavoro presso l’Università di Verona; Paolo Pizzichini, sindacalista Cisl e il sottoscritto che ha coordinato i lavori, in qualità di referente dello Sportello di Rovigo e membro del Direttivo Nazionale di Avvocato di Strada.

L’iniziativa è stata sì di taglio giuridico ma ha voluto anche connotarsi dal punto di vista della sensibilizzazione sociale, dal momento che l’obiettivo, direi raggiunto, è stato quello di riflettere sulle prospettive e sul futuro del diritto e della tutela del lavoro e dei lavoratori in questo periodo di difficile e profonda crisi finanziaria.

Lo Sportello di Rovigo di Avvocato di Strada è un servizio rivolto a chi è privo di fissa dimora e che perciò solo è escluso generalmente anche dalla possibilità di difesa a mezzo del gratuito patrocinio a spese dello Stato, ha quindi voluto sottolineare e rafforzare con questa iniziativa la propria presenza sul territorio rodigino, che lo ha portato in questi cinque anni ad occuparsi di circa 250 persone, con una prevalenza di utenza extracomunitaria e una grande maggioranza di pratiche relative al diritto di soggiorno sul territorio dello Stato, ma che in questi ultimi tempi ha visto crescere i casi di assistenza e consulenza a cittadini italiani per motivi strettamente collegati alla crisi economica in essere: perdita del posto di lavoro, sfratti per morosità, difficoltà finanziarie. Di qui lo spunto per il seminario in questione, che è stato anche accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Rovigo con 3 crediti formativi. Possiamo affermare che lo Sportello è ben vivo, attivo ed impegnato, ed accumula sempre più nei propri aderenti quell’esperienza e quelle capacità che senz’altro all’inizio difettavano e che sono quanto mai preziose per affrontare consapevolmente e con convinzione un’attività di volontariato. I giovani che l’anno scorso si erano avvicinati all’esperienza hanno proseguito convinti e motivati anche dopo la laurea e l’inizio del praticantato; pur non potendo in prima persona patrocinare cause o assistere casi, hanno collaborato attivamente e con entusiasmo alle attività, anche quelle formative e di supporto.

Lo Sportello di Rovigo di Avvocato di Strada inizia ormai a “diventare grande” e ad essere considerato un punto di riferimento all’interno della realtà sociale rodigina, sia per le istituzioni: Comune, Provincia, Casa Circondariale, sia per le altre associazioni di volontariato presenti sul territorio che si occupano di disagio sociale e di assistenza ai senza fissa dimora. Ciò ci consente di acquisire sempre più consapevolezza del nostro ruolo e dell’importanza della nostra, seppur piccola, attività di volontariato.

Di tutto questo, e di tutto ciò che siamo riusciti e riusciremo a combinare di buono, non possiamo che ringraziare il Centro Francescano di Ascolto, che ci ha dato e continua a darci l’opportunità di svolgere un servizio così delicato ed importante all’interno della realtà sociale rodigina.

 

 

 

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Lo sportello Pinocchio

di  Federico Maronati

 

Che cos’è

E’ un recente nuovo servizio di volontariato istituito dal Centro Francescano di Ascolto in collaborazione con l’Ufficio di servizio sociale per i minorenni di Venezia che si rivolge innanzitutto ai minori che hanno commesso reati e conseguentemente alle loro famiglie. La finalità di questo servizio come per tutti i servizi di volontariato è quella di accompagnare, supportare, aiutare persone, in questo specifico caso ragazzi molto giovani per un pezzo della loro storia a cucire piccoli o grandi strappi della loro esistenza. Nello specifico, lo sportello “Pinocchio” si rivolge a ragazzi che abbiamo commesso reati in età minorile accompagnandoli nel percorso di messa alla prova o di preparazione ad esso.

La messa alla prova

Il sistema giudiziario italiano in presenza di reati commessi da minori, offre a questi la possibilità di un iter giudiziario dedicato e molto diverso da quello normale, con la possibilità per il minore autore di reato di “riparare” al reato stesso attraverso un percorso specifico identificato come “messa alla prova”, al termine del quale se conclusosi positivamente c’è la cancellazione del reato. Le condizioni per la messa alla prova richiedono innanzitutto il riconoscimento e l’assunzione di responsabilità da parte del minore dell’errore/reato, e l’impegno a riparare attraverso un percorso di tipo sociale e personale. Il tutto seguito da un’équipe di figure professionali le cui competenze specifiche possono essere diverse a seconda del caso, coordinate sempre dall’assistente sociale del tribunale dei minori.

La nostra responsabilità

Ma la domanda che tutti noi ci dovremmo porre è: “perché un minore commette reati?”, quali sono le condizioni che hanno favorito, indotto e generato tale effetto? Si perché il reato è un effetto negativo per definizione ma che scaturisce da una causa, molto spesso identificabile nella storia del ragazzo e più nello specifico nella famiglia e nel contesto sociale nel quale vive. Ecco perché siamo chiamati tutti a riflettere ed assumerci la nostra parte di responsabilità sociale su questo, come su tanti altri fenomeni della nostra società ed ecco allora che se tentiamo di guardare questi eventi da una diversa prospettiva, vediamo che è più corretto parlare di “Minore e reato come autore e vittima”.

E’ facile giudicare la persona o in questo caso il ragazzo per il reato commesso, un po’ più scomodo e difficile è ricostruirne la storia e comprendere dove e quali siano state le prime cariche esplosive che ne hanno minato un sano percorso di crescita. Questo non per giustificare la responsabilità del reato commesso, ma perché è fondamentale che tutta la società acquisisca una maggiore consapevolezza, sensibilità e responsabilità in relazione ai bambini, adolescenti, ragazzi, giovani. Siamo noi che con le nostre scelte o non scelte, politiche, economiche, sociali, educative, professionali, etiche, ecc. rischiamo di minare il loro futuro alimentando un contesto sociale con modelli educativi più o meno favorevoli alla legalità.

Ecco perché molte delle responsabilità di queste forme di disagio sono in buona parte riconducibile ai modelli educativi e valoriali della nostra società e, conseguentemente, alle crepe che tali condizioni contribuiscono a creare all’interno delle famiglie in relazione alle storie di origine dei genitori e quindi a cascata sui giovani/figli, sempre più precocemente grandi ma contemporaneamente sempre più vulnerabili, fragili e bisognosi. Sì, perché in una società dove l’orientamento comune è al tutto subito, al massimo, allo sballo, al figo, all’apparire e non all’essere, in una società dove credere su dei valori di giustizia, onestà, legalità, etica, è considerato un elemento di fragilità, i giovani che sono ancora “teneri” con poca o nulla capacità di scindere, capire e soprattutto scegliere, rischiano di essere travolti dalle tendenze e diventare dei “giganti dai piedi di creta”. Grandi nell’apparenza ma fragili nella sostanza! Per questo ritengo che i giovani abbiano bisogni di modelli coerenti e credibili, di legalità, di giustizia, di equità, di imparare che nella vita esistono tempi e metodi! Tutta la confusione sociale, morale, affettiva, valoriale, ecc. a cui sono sottoposti e iper sollecitati, li porta a stare male creando un mix esplosivo altamente infiammabile, che trova una serie di starter nella necessità di diventare adulto precocemente, nella fragilità personale e caratteriale, nelle amicizie e nel bisogno di affermazione. Spesso capita di vedere genitori che non sono consapevoli del proprio ruolo e che sono rimasti loro bambini in corpi di adulti, allora sorge la domanda: “ma i figli di queste persone quali possibilità hanno di imparare a crescere progressivamente appropriandosi della relazione età - consapevolezza – responsabilità - maturità?

La visione dei ragazzi che commettono reati in età adolescenziale non vuole essere per nulla accondiscendente o giustificatrice, al contrario debbono assumersi la responsabilità delle loro azioni; ma anche e per prima la società, ogni uno di noi dalla scuola, alla famiglia, alle istituzioni, dovremmo acquisire lo stesso grado di responsabilità!

I volontari

Noi volontari siamo semplici strumenti, con tutti i limiti, ci si mette a disposizione per un certo periodo e per un percorso della vita di questi ragazzi, per alimentare in loro una inversione di tendenza nelle scelte quotidiane che li hanno portati a deviare dalla strada maestra. La nostra, nel caso di effetto positivo dell’impatto, può diventare anche una figura adulta di riferimento per il minore, che serve a sopperire alle lacune dell’eventuale negatività delle figure genitoriali ed educative coinvolte.

L’azione volontaria è supportata dalla supervisione dell’assistente sociale dell’Ussm e da un’azione d’équipe attraverso le quali confrontarci e mettere a fuoco le varie sfaccettature dei percorsi intrapresi, per alimentare una maggiore efficacia del servizio.

 

 

 

 

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In ascolto di un "diverso mondo"

di Fabio Furini

 

Fare un bilancio di un anno trascorso al Centro Francescano rischia, in questi tempi, di essere una sconfortante relazione di come si vive male ai margini della nostra società. Si potrebbero segnalare e descrivere le solite situazioni di un mondo parallelo di uomini e donne che bussano con insistenza alle uniche porte in cui forse si sentono ancora ascoltate ed accolte.

Le nostre entrate sono sempre ben aperte e visibili. Per arrivare a noi c’è anche un supplemento di fatica (le scale!) che sembrano un ostacolo per chi non ha più speranza, ma sono anche tempo di ulteriore interiorizzazione delle proprie richieste ad accogliere tutti coloro che hanno bussato a molte porte, spesso chiuse.

Quando si entra c’è sempre qualcuno di noi che saluta,  sorride,  accompagna e cerca di mettere a proprio agio chi nella vita si sente da troppo tempo a disagio. Tra  volontario e ospite la relazione è inevitabilmente fatta di sguardi, di studio, molte volte di frasi amare e  atteggiamenti di sfida, quasi a mettere alla prova: se siete qui, dovete avere una risposta da dare per ciò che vi racconto. Spesso, per alcuni di noi, il rapporto si estende ad una Terza Persona, a quel Signore che ci ha condotti in questo luogo, in questo momento e con tutta la nostra persona ad incrociare una vita diversa dalla nostra. A volte a farla da padrone è anche il silenzio iniziale. Anche questo è strumento di relazione, un piccolo dialogo che annulla le distanze e avvicina due vite per un progetto ancora sconosciuto.

Credo che l’ascolto inizi proprio da questi “incroci”, si deve essere pazienti, rispettare i tempi dati dall’altro, solo così si è accoglienti, solo dopo ci si dispone a capire cosa quella persona cerca ancora di positivo per cambiare la propria vita. E se anche non fosse in ricerca, il fatto che è in quel luogo da grande dignità al suo gesto di affidare la propria vita alle risposte di sconosciuti. Molte volte non ci sono risposte certe, ne bacchette magiche che trasformano il dolore e la sofferenza in sollievo e serenità d’animo. Lo stare lì per l’altro è però già una grande risposta, diversa da quelle formulate da chi si sente padrone del destino dell’altro. Per questo ascoltare è sempre stato nel nostro stile di volontari una necessità irrinunciabile, senza la quale ogni idea e rapporto non può svilupparsi e produrre interventi concreti nella vita delle persone che ci scelgono come altra spiaggia di un definito traguardo di vita. All’inizio del 24 esimo anno di servizio non siamo ancora stanchi di accogliere ed ascoltare quegli uomini e donne che altri hanno lasciato ai margini della vita, privandoli di dignità e di amore.

E passiamo ora ai bilanci, parola magica in questo momento di ennesima crisi e di ricette che curano solo chi sta già bene. Anche quest’anno vi presentiamo dati e tipologie che fotografano una società sempre più povera di mezzi e di speranza. E sapendo che anche noi pian piano iniziamo a farne parte, è ancora più pressante la voglia di spenderci per costruire progetti di solidarietà e percorsi di denuncia che possano riuscire a smontare una politica che aiuta troppo chi sta meglio e sopporta con fastidio chi è in difficoltà.

Nel 2011 il servizio ascolto risulta integrato con le diverse progettualità della nostra Associazione e ogni servizio ritrova in sede uno spazio d’incontro e degli strumenti idonei ad ascoltare il disagio per definire percorsi di accompagnamento e di recupero per chi porta le sue sofferenze nelle nostre vite.

Persone e non numeri

La tabella dei dati non è però  solo arida matematica, è anche la fotografia di una realtà che da anni incontriamo nel nostro territorio. La crisi, che in tv sembra riguardare altri, è tanto vicina a noi da non farci stare tranquilli. Alle persone che rappresentano il disagio e la povertà frutti di percorsi di vita sbagliati, si stanno aggiungendo persone che vedono ogni giorno ridotto il loro benessere personale e familiare. Basta un piccolo imprevisto: perdita del lavoro, malattia, piccole dipendenze, disagi familiari, imprevisti economici. E chi prima viveva dignitosamente e bene si ritrova privo di mezzi e di strumenti per continuare a farlo. Non c’è più solo lo straniero e chi delinque in cima alla piramide della povertà, soprattutto quest’anno sono arrivati padri e madri di famiglie che si disgregano, gente senza futuro, perché senza lavoro e prospettive di vita, persone deluse da risposte generiche e da un altruismo cui si pagano pegno. Persone arrabbiate e sfiduciate da coloro a cui hanno affidato la  responsabilità di governarli e di assicurargli un equo benessere socio economico. Sono gruppi invisibili, ai media e alla società perbenista, perché considerati solo una fetta minoritaria e disturbante.

I dati segnalano un aumento di questo disagio nascosto, di lavoro che manca, di denaro che sparisce presto, di sostegno a chi vive per forza di cose alla giornata. A ciò si aggiungono la difficoltà di assistere coloro che sono svantaggiati, perché portatori di handicap, di patologie o per il solo fatto di vivere soli, pensionati ed anziani.

Rimane allarmante il dato delle persone senza diritti, specialmente stranieri, non tutelati, anzi colpiti da leggi indegne di un Paese democratico. Sono coloro che vivono ai margini, privi di un’identità, che pagano ingiustamente per colpa di leggi ingiuste. Dai volontari ricevono supporto non solo di ascolto, ma anche risposte concrete di accoglienza che le riconoscono persone visibili. degne di amore e di solidarietà.

La diversità, ormai esorcizzata come pericolo per le sicurezze sociali, crea un senso di paura e di rifiuto di queste persone, negandogli ogni possibilità di migliorare la loro vita, in una nazione come la nostra che si sente ancora ricca di risorse e di opportunità.

Si stabilizza il dato dell’ascolto di stranieri con problemi di carcerazione confermando una situazione di rifiuto delle ormai evidenti e consolidate diversità esistenti non solo da noi, ma nel mondo intero.

Arrivano ancora richieste d’aiuto legate al mondo delle dipendenze, ma anche di situazioni familiari particolari in cui mancano sostegni concreti. Se non s’investe economicamente nella prevenzione, fatta anch’essa di risposte e di accoglienza, non si può pensare di risolvere situazioni di disagio estremo, ma solo tamponare con interventi di scarso impatto sociale.

Il mondo carcerario conduce molte persone al servizio ascolto. Sia chi ha avuto problemi giudiziari, che i loro familiari e le persone coinvolte in questa problematica usufruiscono del servizio. La presenza dei volontari del carcere in sede diventa essenziale per continuare il lavoro iniziato e condotto nella Casa Circondariale di Rovigo. Sempre più frequenti sono relazioni e interventi con persone detenute in altri penitenziari.

Una sede attiva e accogliente

La sede dell’Associazione è il punto di riferimento per tutti i volontari. In continuo aumento sono le richieste d’informazioni, i contatti con enti pubblici e con l’associazionismo del Terzo Settore, segno che il nostro lavoro incide sempre di più negli interventi sociali richiesti nella nostra provincia. Il quotidiano lavoro di segreteria permette di mantenere i contatti con tutte queste realtà, ma soprattutto offre informazioni a chi cerca aiuto o riferimenti adeguati alla propria richiesta.

Nel quotidiano disbrigo di pratiche amministrative (dalla corrispondenza ai contatti telefonici) i volontari ricevono preziose informazioni e importanti conoscenze per rispondere alle richieste degli utenti, dei loro familiari o di chi è in prima linea nell’aiutarli.

La segreteria assicura anche il passaggio quotidiano delle richieste di colloquio, delle attività promosse dall’Associazione, delle informazioni provenienti da altri enti, delle adesioni ad iniziative (convegni, forum, incontri) promossi in tutta Italia.

Continuano le richieste di fare volontariato nell’Associazione.  Il gruppo dei volontari sta cambiando faccia anche ai servizi dell’Associazione. Per i nuovi volontari c’è sempre la cura della formazione personale attivata con corsi ed inserimenti graduali nei servizi.

Ripartire da chi non spera

Mettersi a servizio dell’altro significa fare un tratto di cammino con lui occupandosi della sua vita e delle sue richieste d’aiuto. In questo percorso nulla deve essere dato per scontato, perché ogni giorno le persone si presentano ai noi con problemi sempre più complessi che hanno bisogno di risposte concrete. Si deve continuare ad occuparsi delle vecchie e nuove povertà che purtroppo crescono e si aggravano, segno di una società sempre più divisa dalla ricchezza e dall’egoismo.

Da sempre lo stile della fedeltà al servizio, sostenuta da una formazione umana e da una conoscenza delle problematiche sociali, è il modo con cui noi costruiamo i nostri progetti e percorsi di rientro dalla marginalità. E’ il nostro contributo gratuito per costruire un futuro di speranza per la nostra società. Dobbiamo tenere sempre più spalancate le porte del nostro Centro, lasciare che entrino e escano le persone vere e non solo i loro problemi.

Se sapremo sempre ascoltare senza giudicare, in una dimensione di vera accoglienza della persona per le sue qualità, potenzialità e diversità, allora potremo dirci veramente volontari. Vogliamo impegnarci sempre di più per combattere crisi vere o presunte, ripartendo da coloro che dentro il buio delle scelte politiche sono i primi a soccombere e perdere la speranza. Ridare slancio alla loro vita significa scommettere sul futuro della nostra nazione.