ANNO 2009

SOMMARIO anno 2009

  1. Le sfide future per una società più solidale (Livio Ferrari)
  2. Nel 2008, sulle strade della solidarietà
  3. Corrispondenza amica... (Rossella Magosso)
  4. L'immigrazione connota sempre più l'attività di “Avvocato di strada” (Francesco Carricato)
  5. La soffitta di Maria Roccato (Fulvianna Godino)
  6. La rinnovata biblioteca del Centro Francescano di Ascolto (Chiara Tosini)
  7. Il tempo per il dialogo e il tempo per il futuro (Alessandro Sovera)
  8. Se anche tu vedi la stessa luna non siamo poi così lontani... (Irene Rigobello)
  9. In ascolto di nuovi e vecchi disagi (Fabio Furini)
  10. Ci siamo anche noi... e a colori! (Annamaria Visentin)
  11. Il ruolo dei volontari della giustizia (Paola Zonzin)

[Sommario]

Le sfide future per una società più solidale

di Livio Ferrari

 

Questo ventunesimo anno di vita dell’Associazione è iniziato in un clima sociale e politico con segnali a dir poco inquietanti e preoccupanti rispetto alla tutela dei diritti delle fascie più deboli ed emarginate della nostra società, soprattutto immigrati e rom. Un accanimento inveterato con atteggiamenti di xenofobia e intolleranza da ritorno al passato, cancellando diverse conquiste di civiltà e leale convivenza che avevano contraddistinto il nostro Paese dalla metà sino alla fine del ventesimo secolo.
Uno degli aspetti più allarmanti è l’aumento di atti violenti da parte della popolazione più giovane, dai ragazzini dodicenni agli studenti universitari, che sono indicatori di uno sfaldamento sempre maggiore della famiglia e dei valori che questa sapeva trasmettere. Molto è dovuto al fatto che i giovani sono lasciati a sè stessi, nella solitudine delle fatiche della crescita e nelle contraddizioni sociali, nonché per i messaggi negativi con i quali vengono ogni giorno tempestati dai mezzi di comunicazione, che sono responsabili di una diseducazione e di una manipolazione della verità per fini politici.
Qui ci sarebbe da aprire una pagina macroscopica sulle responsabilità della politica, quella al soldo dei poteri occulti (leggi massoneria e mafie) che per i propri loschi fini, economici soprattutto, sta sacrificando vite umane e il futuro di intere fascie sociali.
Ma torniamo alla nostra vita associativa e voltandoci indietro per rivedere l’anno appena trascorso possiamo dire che è stato tutto un susseguirsi di iniziative ed impegni, con le novità che si sono aggiunte.
Da un fatto doloroso è nato un nuovo servizio, come il grano che muore e dà frutto. Attraverso un incontro pubblico abbiamo posto alla collettività la questione della transessualità, aiutati da esperti e da coloro che vivono questa dimensione in prima persona. L’apertura dello “Sportello a colori” è stata la logica conseguenza e un tutt’uno con l’arrivo di nuovi volontari, con una professionalità e specializzazioni tali che ci consente di poter portare avanti non solo un servizio di accoglienza ma prospettare per l’anno in corso tutta una serie di attività e progettualità, di ricerca e di proposte da attuare sul territorio. Questo servizio si occupa della difesa dei diritti delle persone transessuali, travestiti e transgender. Si interessa della difesa dei diritti in campo lavorativo e assistenza per tutti coloro che per pregiudizio sono esclusi dai servizi riservati a tutti gli altri cittadini e lavoratori, sostegno ai familiari e agli eventuali soggetti reclusi nella Casa Circondariale di Rovigo. Opera in collaborazione e in rete con agenzie pubbliche e organizzazioni private presenti sul territorio locale e nazionale, per dare risposta alle richieste che servano a migliorare ed elevare la qualità della vita delle persone transessuali.Lo sportello opera in collaborazione con il Mit (Movimento Identità Transessuale) di Bologna e il Gruppo Abele di Torino.
Successivamente siamo stati letteralmente assorbiti dalla preparazione del ventennale dell’Associazione. L’organizzazione di un convegno, che si è tenuto il 23 ottobre nella sala degli arazzi dell’Accademia dei Concordi, con la scelta dei relatori, tra tutti gli amici e i compegni di strada di questi anni e la pubblicizzazione. La predispizione di un volume che contenesse tutte le progettualità, ricerche, collaborazioni e servizi sviluppati in questi venti anni. Quindi la registrazione di un dvd che in qualche maniera raccogliesse alcune testimonianze significative del nostro operare attarverso alcuni volti che sono stati significativi per le scelte prodotte.
Il tutto è stato possibile anche grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che da anni ci sostiene ed ha apprezzato il nostro impegno sociale.
Nel mese di ottobre, precisamente con ordinanza sindacale n. 2008/27 del 06/10/2008 sono stato nominato “Garante dei diritti delle persone private della libertà personale”, in base alla relativa delibera del Consiglio comunale, n. 71 del 23/09/2008, istitutiva di tale figura nel Comune di Rovigo.
Il Garante ha il compito di tutelare i diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione quali il diritto alla salute, al lavoro, all’istruzione. Deve, inoltre, vigilare sul rispetto della normativa prevista dall’Ordinamento Penitenziario, dal relativo Regolamento e da tutte le norme che possano riguardare i detenuti. Il Garante, rispetto a possibili segnalazioni che giungano alla sua attenzione attraverso telefonate, e-mail, lettere, si rivolge all’autorità competente per chiedere chiarimenti o spiegazioni, sollecitando gli adempi-menti o le azioni necessarie per il ripristino dei diritti del detenuto eventualmente violati, o parzialmente attuati. Promuove inoltre iniziative per sensibilizzare la cittadinanza sui problemi della reclusione e su quelli successivi del reinserimento nella società civile e mantiene contatti periodici con le associazioni maggiormente rappresentative nell’ambito dell’esecuzione penale per uno scambio reciproco di informazioni e proposte. Il Garante è un organo monocratico che svolge le sue funzioni in piena autonomia e indipendenza; deve però riferire al Sindaco, alla Giunta, al Consiglio Comunale, sulla attività svolta e sulle iniziative intraprese, sui problemi insorti o irrisolti, presentando apposita relazione annuale. Quella del Garante dei detenuti è comunque una figura nuova e sperimentale, non ancora dotata di poteri effettivi e non prevista dall’Ordinamento Penitenziario; ad esempio il Garante non ha il diritto di ispezionare gli istituti di pena, che la legge riconosce invece ai Parlamentari e ai Consiglieri regionali, ma può accedere alle carceri in virtù della stessa norma prevista dall’Ordinamento Penitenziario che consente l’ingresso ai volontari. Questo quadro è destinato a mutare con l’approvazione della legge istitutiva del Garante nazionale, attualmente in fase di discussione al Senato. Il Garante nazionale sarà dotato di poteri effettivi e di ispezione, avvalendosi per il suo operato delle segnalazioni dei Garanti locali.
Ritengo, comunque, che la mia nomina sia un riconoscimento da condividere con ogni volontario e sia frutto della qualità degli interventi fatti dall’Associazione, perciò un riconoscimento al Centro Francescano di Ascolto soprattutto.
Pochi giorni prima delle iniziative per il ventennale è venuta a mancare la nostra prima benefattrice, Maria Roccato, che sin dall’inizio della nostra storia, il 1988, è stata entusiasta della nascita di questo tralcio di solidarietà e carità cristiana. Il dolore per la sua morte è stato un poco mitigato dalla certezza che il suo desiderio di diventare santa è sicuramente stato premiato, perché chiunque l’ha conosciuta avrà colto la fede profonda che emanava sia nei gesti che nelle opere, in “perfetta letizia”. Noi ringraziamo il Signore di avercela fatta incontrare e attraverso la sua testimonianza aver avuto l’opportunità di crescere a nostra volta nello spirito francescano.
Il 2008 è stato denso anche di altri eventi. Dopo anni di “provvisorietà”, infatti, finalmente la nostra biblioteca è stata razionalizzata con l’applicazione delle regole sulla catalogazione. Tutto questo è avvenuto attraverso l’opera delle volontarie e sulla spinta dell’essere entrati a far parte del Sistema Bibliotecario Provinciale, unica biblioteca di associazione nel panorama polesano.
A luglio si è tenuta la terza edizione di “Il carcere in piazza”, organizzata assieme al Coordinamento dei volontari della Casa Circondariale, che ha visto una presenza massiccia di pubblico, circa settecento persone, e l’esibizione di alcuni artisti di grande spessore come l’attrice Ivana Monti e il cantautore Claudio Lolli.
Per il terzo anno consecutivo una serata d’estate viene dedicata all’ascolto di chi non può farsi sentire: i detenuti. La loro voce è affidata ai volontari: il cuore grande della solidarietà cittadina che ogni giorno opera per costruire quel ponte ideale tra chi è dentro e la realtà che sta fuori. Un ponte che un giorno, più o meno lontano, chi è dentro attraverserà per addentrarsi in un mondo che non conosce più, che d’abitudine gli è ostile.
L’attrice Ivana Monti ha letto passi tratti dal mio libro “In carcere, scomodi”. Suoni forti, parole ancora più forti per denunciare violenze inaccettabili nelle carceri di ieri, privazioni e mortificazioni in quelle di oggi; il disagio e dolore di chi ha familiari in carcere; la violazione dei diritti dei minori che crescono nei luoghi di pena con madri detenute. I versi dissonanti di poesie e canzoni che hanno ricordato traumi e frustrazioni, angosce e domande irrisolte di coloro che nella vita non hanno approdi, di chi nasce perdente e sa che la fortuna non si toglierà mai la benda dagli occhi per guardarlo, fosse solo per un attimo.
Piazza Vittorio Emanuele si è riempita di persone, per seguire Andrea Bagno che presentava e per ascoltare la musica alle chitarre di Paolo Capodacqua e al sax di Nicola Alesini che hanno accompagnato le canzoni di Claudio Lolli. Infine le lettere inviate dal carcere di alcune detenute, lette da volontari, perché non ci si dimentichi di loro; perché si valuti che la separazione, il silenzio, il tempo che trascorre vuoto di attese, lontano dalla speranza, è davvero una punizione che può portare al desiderio della fine.
Infine un mio breve intervento dal palco per denunciare tutta l’ingiustizia di chi auspica la pena di morte per certi reati e per chiedere invece veri programmi di reinserimento per chi ha sbagliato. Perché “la giustizia non è davvero uguale per tutti finché in carcere, per la maggior parte, ci vanno coloro che commettono reati comuni. Mentre chi inquina l’ambiente, froda nella produzione di alimenti, non ottempera alle norme della sicurezza sul lavoro, chi si rende colpevole di usura molto spesso non varca la soglia del carcere e alla lunga resta impunito”.
L’ultima comunicazione che mi sento di fare, in questo bilancio di fine anno, è per l’attività di consulenza prestata al Ministero della Solidarietà Sociale , rappresentando lo stesso per le politiche carcerarie in Commissioni presso il Ministero della Giustizia. La fine della legislatura anzitempo ha chiuso anche la mia collaborazione. Pur se poco prima di Natale sono stato convocato dalla Direzione Generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in qualità di esperto, per analizzare il problema della “prevenzione dei suicidi e tutela della vita e della salute delle persone detenute e internate” in un momento di costante crescita della popolazione carcerata, e per predisporre delle relative iniziative.
Un altro anno è passato, abbiamo detto, e se lo guardiamo con gli occhi del mondo non possiamo di certo essere contenti: ancora guerre e fame, ancora difficoltà di ogni genere che rendono la vita difficile e colma di preoccupazioni..
Spesso ci commoviamo per le moltitudini di gente sofferente e disorientata che ha bisogno di aiuto, preoccupati perché pochi sono capaci di ascoltare, accogliere e di rispondere ai loro bisogni. Quanti vivono nella solitudine, schiacciati da sofferenze e problemi, alla ricerca di qualcuno che li ascolti e risponda. Quanti oggi soffrono la sete! Sete di amore, di accoglienza, di comprensione per le proprie debolezze, di risposte ai propri dubbi, sete di compagnia nella solitudine, di speranza nei momenti di disperazione... Dobbiamo saper leggere ovunque “i segni dei tempi”, al di là dei nostri confini, che a volte sono stretti e limitati. Anche in questo tempo, nel mondo, c’è gente che viene incarcerata, torturata e uccisa per motivi assurdi: guerre sante, interessi economici, sfruttamenti...
Siamo capaci di prendere posizione davanti a tante ingiustizie? Abbiamo il coraggio di esporci, di rischiare, di difendere non solo a parole ma con i fatti i diritti dei più deboli? Se ci definiamo cristiani non abbiamo scampo: questo deve trasparire dal nostro comportamento. Se questo non avviene, non possiamo dirci cristiani, perché l’amore che Dio ha per noi non ci ha toccato il cuore e non ha cambiato la nostra vita.

 

 

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Nel 2008, sulle strade della solidarietà

 

  1. Rovigo – Istituto Tecnico Commerciale De Amicis – Lezione “La pena di morte”
  2. Pesaro – Istituto Superiore Scienze Religiose – Convegno “Il carcere, la giustizia e la comunità cristiana”
  3. Rovigo – Centro Mariano Beata Vergine Addolorata – Incontro “Serata per operatori sociali e della carità e per il volontariato”
  4. Tolmezzo (Ud) – Conferenza Regionale Volontariato Giustizia Friuli Venezia Giulia – Convegno “In carcere scomodi. Cultura e politiche del volontariato giustizia”
  5. Rovigo – Centro Francescano di Ascolto – Seminario “Transessualità oltre lo specchio: parliamone”
  6. Venezia – Associazione Il Granello di Senape – Convegno “Escludere e punire o prendersi cura e integrare”
  7. Roma – Città dell’Altraeconomia – Assemblea “Il razzismo ci rende insicuri”
  8. Rovigo – Caritas Diocesana – Tavola rotonda “Quali opere di carità gestiamo sul territorio? Cosa ci fa dire che sono buone? In che modo possono rendere gloria al Padre?”
  9. Rovigo – Centro Francescano di Ascolto – Convegno  “1988-2008, Venti anni accanto agli ultimi senza andare fuori tempo”
  10. Rovigo – Giovani del PD – Incontro “Leggere Gomorra”
  11. Rovigo – Parrocchia del Duomo – Riflessione “Cinema, culture a confronto”
  12. Rovigo – Liceo Scienze Sociali – Lezione “Il volontariato e la giustizia”
  13. Villadose (Ro) – Parrocchia San Leonardo Abate – Incontro “Il volontariato e l’impegno sociale”
  14. Pontecchio Polesine (Ro) – Comune di Pontecchio –  “Contro la violenza alle donne e di genere”
  15. Verona – Frati Minori San Bernardino – Convegno “Ascoltare, accogliere, giudicare un fratello”

 

 

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Corrispondenza amica ...

di Rossella Magosso

 

Una lettera, poi un’altra e un’altra ancora, e cosi via, questo ricevo da parecchi mesi, è cosa straordinaria perché non si tratta di qualche innamorato che me le invia ma alcune persone particolari, direi anche “speciali”.
Sono ormai parecchi anni che faccio visita settimanalmente come volontaria alle ragazze ristrette nella Casa circondariale di Rovigo, dove trovo detenute di varie nazionalità, la difficoltà della lingua rende l’impresa alquanto ardua per potere arrivare a loro, ma nonostante le molte difficoltà arrivo e riesco ad avere la loro attenzione, e anche in relazione al fatto che c’è un ricambio abbastanza continuo delle detenute, non dovendo scontare pene lunghe in quanto condannate per reati non troppo gravi.
Il tempo degli incontri in carcere è tiranno ma riesco ugualmente ad instaurare con loro un bellissimo rapporto. Avere la loro stima e fiducia, entrare a far parte del loro mondo, dove non c’è posto per molte persone che non facciano parte della loro storia: è stimolante e impreziosisce il nostro impegno.
Spesso mi chiedo cosa vedono, cosa si aspettano da me, queste ragazze, cosa riesco trasmettere loro, visto il riscontro positivo, il coinvolgimento è ormai consolidato, frutto di costanza di lavoro di impegno passione e amore. Amore per una realtà, per un mondo emarginato, dove attorno girano solo belle parole e molta indifferenza, in una società intollerante alle problematiche esistenziali delle persone. Dare un senso alla vita fatto di buoni propositi, progetti per il futuro, questo è il messaggio che porto a loro puntualmente.
Vi chiederete cosa c’entra con le lettere che mi arrivano, tutto è collegato. Perché queste lettere mi sono scritte da alcune ragazze ristrette che vengono state trasferite in altre carceri.
Con loro ho condiviso momenti molto belli, di pomeriggi fatti di grandi risate, scambi di opinioni, di confidenze personali, di progetti, di grandi sogni.
Tutto questo fa sì che si viene a creare fra di noi simpatia e fiducia, che va oltre al momento di condivisione e crea così continuità, nonostante la lontananza.
Con me si sentono libere, dove lo spazio è infinito e gli orizzonti lontani, in certi momenti siamo e viviamo in un’altra dimensione, una realtà dove c’è vita, c’è speranza, c’è linfa vitale per un futuro migliore.
In noi si alimenta il desiderio di parlare, di confidarci, c’è la voglia di raccontarsi, di confrontarsi, di esultare e anche di piangere.
E’ questa la mia corrispondenza amica …, posso trovare persone che capiscono, realizzano l’errore commesso … sono private della loro libertà, ma non per questo rinunciano a lottare per uscire da un tunnel dove tutto è nero, ma dove può filtrare anche la luce per rischiarare la loro lunga strada.
La consapevolezza di dovere scontare la loro pena non viene meno con la speranza di un prossimo futuro, fatto anche per loro di pace e amore, rispetto e considerazione della persona.

 

 

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L’immigrazione connota sempre più

l'attività di “Avvocato di strada”

di Francesco Carricato

 

Lo sportello di “Avvocato di Strada” di Rovigo ha continuato nell’anno appena trascorso la propria attività all’interno dell’Associazione Centro Francescano di Ascolto, probabilmente assottigliandosi nei numeri dei volontari disponibili – spesso per motivi del tutto contingenti e …molto belli, quali ad esempio una gravidanza, o ancora la preparazione dell’esame di avvocato -, ma non offrendo certamente un servizio meno qualificato e “convinto”.
Ritengo infatti che un’esperienza esigente e irta di difficoltà come quella del volontariato richieda una motivazione ed una convinzione profondamente radicate, che devono essere costantemente verificate e vagliate, anzi direi quasi “purificate” dalle incrosta-zioni che via via possono appannarle e financo rovinarle.
Noi dello sportello di Avvocato di Strada di Rovigo stiamo cercando di mantenere il nostro impegno, per quanto ci è possibile, con le nostre forze che forse possono essere più esigue rispetto al momento dell’entusiasmo iniziale, ma che certamente sono “definite” e rafforzate nelle proprie motivazioni e convinzioni profonde dal cammino fatto e dagli obiettivi raggiunti.
A volte, certo, si verificano incomprensioni, intoppi, difficoltà, e non sempre riusciamo ad affrontarle nel miglior modo possibile; di questo siamo consapevoli, così come siamo anche consapevoli del fatto che tutto ciò che facciamo potrebbe essere sicuramente migliorato.
Sappiamo anche, però, che lo slancio e l’entusiasmo iniziali non sono sufficienti per portare avanti nel tempo un servizio importante ed impegnativo come quello che ci è stato affidato, e che pertanto questi “incidenti di percorso” devono essere messi in preventivo, con la consapevolezza però – e di questo andiamo fieri ed orgogliosi - che chi continua ad impegnarsi e a prestare servizio lo fa con spirito di assoluta gratuità e dedizione.
Questo spirito ci ha consentito di riuscire a prenderci in carico molte richieste – come l’anno scorso per la stragrande maggioranza di persone extracomunitarie, aventi ad oggetto problemi di ottenimento o rinnovo del permesso di soggiorno, ovvero decreti di espulsione, con l’aggiunta per quest’anno del contenzioso relativo a numerosi mancati riconoscimenti dello status di rifugiato -, ad ascoltare sempre e comunque anche le storie di persone di cui non possiamo occuparci perché non in possesso dei requisiti necessari per poter accedere al nostro servizio – che prevede: essere senza fissa dimora, privi di residenza ed in condizione di non poter nemmeno beneficiare del patrocinio gratuito a spese dello Stato -, persone che sono state comunque indirizzate nelle sedi istituzionalmente competenti per poter affrontare le loro problematiche, ad incontrarci periodicamente per confrontarci e discutere insieme in ordine ad aspetti giuridici e comportamen-tali nel nostro servizio, nonché, infine, a portare a compimento il Corso di formazione “La disciplina dell’immigrazione extra-comunitaria in Italia” – finanziato dal Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di Rovigo -, strutturato in cinque incontri, dal 31 gennaio al 20 marzo 2008, con relazioni sicuramente interessanti ed approfondite e con il riconoscimento, da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rovigo, di n. 3 crediti formativi per la partecipazione a due dei predetti incontri.
Abbiamo ora in animo di organizzare, su sollecitazione dell’Assessorato ai Servizi sociali del Comune di Rovigo e del Centro Territoriale Permanente, un corso di formazione per detenuti, da svolgere all’interno del carcere rodigino, che sarà strutturato in n. 4 unità formative, la prima con oggetto “La Costituzione, educazione civica e diritti-doveri dei cittadini”, la seconda riguardante “I diritti-doveri degli stranieri sul territorio italiano. La disciplina dell’immigrazione”, la terza concernente “Principi ed elementi di diritto e procedura penale. L’esecuzione della pena e misure alternative”, l’ultima relativa a “Proble-matiche relative alla famiglia ed ai minori”; il corso si svolgerà da febbraio a novembre di quest’anno.
Mi sembra dunque di poter affermare che lo sportello di Rovigo di “Avvocato di strada” sia ben vivo e si stia consolidando in consapevolezza e maturità, pur tenendo conto di tutte le difficoltà incontrate e le nuove che via via si affacceranno sul nostro cammino.
Di tutto questo, e di tutto ciò che riusciremo a combinare di buono, non possiamo che ringraziare il Centro Francescano di Ascolto, che ci ha dato e continua a darci l’opportunità di svolgere un servizio così delicato ed importante all’interno della realtà sociale rodigina.

  

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La soffitta di Maria Roccato

di Fulvianna Godino

 

Si tramandano vari casi di invenzioni o scoperte avvenute in cantine o soffitte dove persone sconosciute avevano installato il loro laboratorio e trascorso talora molti mesi nella ricerca del “qualche cosa” che avevano intuito. Raggiunta la conferma dei loro studi, i loro nomi sono diventati famosi ed inseriti nei libri di storia.
Visitando, circa 15 anni fa, per la prima volta, una soffitta in via Verdi 23 a Rovigo, rimasi meravigliata dei vari strumenti per la comunicazione: macchine da scrivere, ciclostile, computer e scaffali con audiocassette e giornali, riviste particolarmente specializzate nelle varie forme di disagio; insomma un laboratorio per la conoscenza di tante emarginazioni e la trasmissione della carità per alleviarle.
Era la prima sede del Centro Francescano di Ascolto di Rovigo, dove agiva un gruppo di giovani volontari, spronati e guidati da un giovane frate cappuccino, sostenuti ed affiancati dal maestro Gigi Mutterle, che per età poteva essere il loro nonno, ma ne condivideva lo stesso entusiasmo giovanile.
La soffitta era della casa di Maria Roccato, una maestra in pensione, all’anagrafe già in là con gli anni, ma che ha sempre creduto fortemente nella capacità dei giovani di fare il bene.
Ritorno a ricordare gli albori del Centro Francescano di Ascolto di Rovigo, perché il primo ottobre 2008 Maria Roccato è andata a ricevere il premio della sua bontà e generosità dal suo Signore, che per tutta la vita ha amato e cercato di seguire nella gioia con lo stile di Francesco d’Assisi. In occasione del suo transito verso la vera vita, sul settimanale diocesano è stata ricordata da tanti amici. Livio Ferrari, direttore dell’Associazione, ne ha così tratteggiato la figura: “Maria Roccato l’ho conosciuta nella primavera del 1988 attraverso Padre Giorgio Cavedale, che mi ha condotto in via Verdi al civico 23 dove abitava e, attraverso la sua grande disponibilità, nell’ottobre dello stesso anno, è nato il Centro Francescano di Ascolto in locali di sua proprietà, messici a disposizione fino al 1995, quando siamo emigrati nell’attuale sede. Maria negli anni non è stata solo la nostra prima benefattrice, ma un esempio di cristiana: mai una parola fuori posto, sempre e per qualsiasi cosa un rifarsi alla Parola del Signore, e a conclusione un sorriso di gioia per essere dentro a questo disegno divino. In tutti i volontari che l’hanno conosciuta ha lasciato un segno indelebile del puro spirito francescano, nella semplicità della sua esistenza, nell’amore verso il prossimo, nel condividere con entusiasmo e gioia le nostre iniziative e spronarci nei momenti di fatica e abbattimento. Quando poteva partecipava alle nostre giornate di ritiro e ai nostri incontri, e nel momento che la salute non glielo ha più permesso, ci ha sempre raggiunto con un pensiero scritto. Mi mancherà quel sorriso con cui mi accoglieva ogni volta che andavo nella sede di via Verdi, o la incontravo per strada, anche negli ultimi tempi in cui si faceva accompagnare, mantenendo sempre una grande lucidità e gratitudine per tutto quanto le era stato donato nel nome del Signore”.
Quei volontari, i primi e poi quelli che si aggiunsero negli oltre 20 anni, rimarranno sempre nell’anonimato, perché il bene non fa rumore, ma i loro nomi sono scritti nella mente di Dio, e nel cuore di San Francesco che si compiace che questi giovani cerchino di mettere in pratica la sua predilezione verso i “lebbrosi”, emarginati per qualsiasi motivo, perché più bisognosi di affettuosa attenzione. E resteranno nella memoria riconoscente le centinaia di persone che si sono presentate al Centro, ricevendo sempre attento ascolto, fraterna accoglienza e spesso aiuto per la soluzione dei loro problemi, senza la minima diffidenza verso il “diverso”.
Infine noi impegnati al Centro, abbiamo la benedizione di Maria Roccato. In una delle ultimissime mie visite alla cara malata che si stava spegnendo, raccolsi le sue opinioni ottimistiche sul futuro, che per la forza di volontà, scandì con un filo di voce. “Non è vero che il mondo va a rotoli; basta saper guardare con fiducia ai giovani. Quando li accolsi nella mia casa, non pensavo che quei ragazzi fossero così risoluti nel volontariato ed ora sono contenta di aver contribuito a realizzare questa idea meravigliosa che Livio Ferrari ed altri portano avanti da 20 anni”.
La vita di Maria è stata tutta un cammino incontro al Signore; ma in particolare da quando ha dovuto dar spazio ai ragazzi del volontariato, sgombrando la soffitta, si era preparata al grande viaggio verso il cielo, distaccandosi dai suoi libri di formazione professionale e spirituale, che consultava spesso, per ricordare con gratitudine i molti doni ricevuti da Dio durante la sua vita.
Aveva ammonticchiato, ordinatamente in un’altra stanza, tutto il materiale cartaceo, e dopo averlo esaminato, lo destinava a chi poteva avere interesse per l’argomento (insegnamento, famiglia, catechesi, Magistero della Chiesa, biografie, devozione eucaristica o mariana ecc.). Su quella soffitta erano stati sistemati anche innumerevoli quaderni su cui annotava ogni evento o pensiero degno di essere ricordato soltanto da lei, perciò li custodiva gelosamente.
Di questi sono ora depositaria io. Quando Maria è partita da questa terra, io avevo completato le testimonianze di affetto scritte su La Settimana, con una breve biografia. La sorella e le nipoti hanno ritenuto di affidarmi l’incarico di ampliare le note biografiche, consegnandomi i diari. Ho aperto con trepidazione il primo quadernetto scritto con calligrafia chiara a matita. Maria non aveva ancora 28 anni e scriveva: “Esercizi Spirituali luglio 1942. Devo diventare santa. Lo vuole: 1. Dio, 2. Gesù, 3. la Santa Chiesa, 4. la nostra coscienza, 5. la nostra vocazione, 6. la nostra età, 7. l’ora presente. Penso di poter dire, senza temere smentita, che questo programma è uscito dal suo cuore per tutta la vita.
Questa impostazione di adesione alla Chiesa Cattolica, con l’andare degli anni, avrebbe potuto portarla ad un certo atteggiamento moralista, di nostalgia del passato e critica del presente, del salire in cattedra per correggere deviazioni. Niente di ciò. Sempre al passo coi tempi, aperta ad ogni innovazione, fino all’ultimo si è tenuta informata dai giornali o radio e televisione cattolici. Dunque con la mente ed il cuore sempre giovani.
Noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerla e siamo rimasti affascinati dalla sua capacità di stupirsi con l’innocenza di un bimbo, ma tutt’altro che ingenua, anzi matura e libera nel senso più profondo, dovremmo fare tesoro della sua testimonianza serena e gioiosa di sentirci amati da Dio, che dà la forza di amare i fratelli come pure i “lebbrosi”, con la semplicità dei “santi feriali”che esistono sempre e la nostra Maria ne è un esempio luminoso.

 

 

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La rinnovata biblioteca

del Centro Francescano di Ascolto

di Chiara Tosini

 

La biblioteca del Centro Francescano di Ascolto nasce, prima di tutto, con l’intento di documentare le produzioni librarie relative al mondo del francescanesimo, carcere e volontariato, offrendo al pubblico risorse cartacee e multimediali. I documenti, ben 3.922, sono a scaffale aperto, cioè direttamente a disposizione degli utenti senza che sia necessario ricorrere agli addetti o compilare moduli di richiesta. I libri e gli opuscoli si possono sfogliare o consultare liberamente in biblioteca oppure prendere a prestito. Curiosare tra gli scaffali è sempre utile perché fa venire idee per nuove letture, magari seguendo un percorso consigliato dagli operatori. Inoltre, con l’assistenza dei bibliotecari, dalla biblioteca del Centro si può avere accesso al catalogo del patrimonio librario di tutte le biblioteche polesane, averne in prestito libri e fare ricerche senza sostenere alcuna spesa.
Ci auguriamo che molti di voi accolgano l’invito mio e di Consuelo di venire a trovarci il martedì pomeriggio dalle ore 15.00 alle ore 18.00, potremo aiutarvi nella ricerca di libri da leggere o di consigli sulle ultime novità.
Nel frattempo ecco alcune puntualizzazioni in merito ai servizi di consultazione e di prestito.
COME OTTENERE UN LIBRO IN PRESTITO:
1. Se sapete il titolo o l’autore del libro che vi interessa: chiedete direttamente agli operatori di biblioteca.
2. Se non sapete il titolo o autore, ma vi interessa un argomento: chiedete direttamente agli operatori di biblioteca per vedere quali e quanti libri vi sono sull’argomento che vi interessa.
3. Una volta trovato il libro (o i libri): date le vostre generalità all’addetto al prestito, e il libro (o i libri) potranno essere ritirati e trattenuti presso di voi per un mese.
4. Se il libro o i libri che cercate sono già in prestito ad altri?: si può prenotare il prestito.
5. Se il libro cercato non è posseduto dalla biblioteca: si farà una ricerca su tutte le biblioteche della provincia di Rovigo e, una volta trovato, tramite il servizio interbibliotecario, arriverà a Rovigo per gli iscritti alla biblioteca.
6. Quanti libri posso avere a prestito?: tre.
7. Per quanto tempo posso avere a prestito il libro?: un mese. Rammentate anche che i libri sono fatti sì per essere letti, ma sono affidati alla cura di chi li usa.
CORRETE AD ISCRIVERVI e ricordate: IL PRESTITO è COMPLETAMENTE GRATUITO!!!

 

 

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Il tempo per il dialogo

e il tempo per il futuro
di  Alessandro Sovera

 

Mi chiedo spesso se il concetto di dialogo sia stato contagiato dalle tempistiche televisive, o se in fondo quest’ultime non facciano altro che riflettere il nostro modo di vivere. Una risposta perentoria non riesco a darmela. L’unica certezza è che, allo stato attuale delle cose, gli elementi in gioco siano avvinghiati in una relazione circolare, dove l’uno alimenta l’altro, il che pone in secondo piano la disputa su chi abbia cominciato. Il circolo è vizioso da tempo.
Certo è che in televisione alcune dinamiche raggiungono toni parossistici, e balzano inevitabilmente agli occhi. Lo scorrere del tempo, in televisione, è la spada di Damocle che domina sulle forme e sui contenuti dei palinsesti. Niente di incomprensibile, specie nell’era della televisione commerciale (pensare ancora alla Rai come a un servizio pubblico sarebbe per lo meno ingenuo), se si facessero davvero i conti con la cronica penuria temporale che affligge la programmazione, e ci si rendesse conto che, in questa situazione, non tutto si può fare. In particolare, non si dovrebbe pretendere di inscenare autentiche situazioni dialogiche.
Watzlawick, primo esponente della celebre scuola psico-terapeutica di Palo Alto negli Stati Uniti, dice che l’essere umano in società è costretto a comunicare, non gli è possibile una non-comunicazione, al di là della sua volontà: al contrario, gli è possibilissimo non dialogare.
Ecco che la nostra televisione, invece, spaccia per dialogo tonnellate di mera comunicazione. Di più: questa tendenza è divenuta ormai “trasversale”, ovvero non più relegata a quei format che prevedono di per sé la simulazione di una dimensione dialogica come salotti televisivi e talk shows. La messa in scena della dinamica del dialogo impregna gran parte dei palinsesti, indipendentemente dall’oggetto e dalle modalità del dibattito.
Se ci rendessimo conto che la discussione televisiva altro non può essere che un surrogato del concetto di dialogo non ci sarebbero molti problemi. Il punto è che la televisione sembra essere maledettamente convincente nello spacciarsi come detentrice di realtà, ed è qui che ritorno all’interrogativo che mi sono posto all’inizio: è la tv ad essere convincente, o la società che ha deciso di attribuirle l’arbitrio su ciò che è verità? Ovvero, in un mondo nel quale i volumi comunicativi crescono di pari passo con i volumi demografici, l’oggettivazione di una realtà a cui appellarsi diventa, più che un’opportunità, un’esigenza, e la tv, con il suo potenziale di economicità, velocità, sintesi e intrattenimento, diventa ciò che fa al caso nostro. Ed è a questo punto che la tv finisce per prendere coscienza, volente o nolente, del proprio ruolo oracolare, e la messa in scena del “dialogo democratico” si fa garante di autenticità e trasparenza “procedurale”.
Peccato che dialogare sia molto più complicato del comunicare: il dialogo richiede energia e predisposizione. L’etimologia stessa del termine attraverso (dia) la parola (logos)) esprime il concetto di tramite verso gli altri: dialogare significa gettare un ponte verso l’altro, attraverso il quale ci si possa “contaminare” a vicenda, e avviare un processo di comprensione reciproca capace di restituire agli interlocutori qualcosa in più rispetto alle posizioni dalle quali si era partiti.
In buona sostanza, al dialogo, per poter essere tale, non può essere sottratta né la buona volontà di chi lo avvia, né l’asservimento e la disponibilità del tempo: cose sistematicamente indisponibili nei teatri televisivi, e troppo spesso trascurate dai teatri del vivere quotidiano.
Proprio perché il dialogo richiede tempo ed energia, non si può pretendere di eleggerlo a pratica esclusiva nella gestione dei rapporti umani, questo è evidente. L’errore allora sta nella presunzione di surrogarlo con la comunicazione ordinaria, e in questo la televisione è, a seconda che la si reputi causa o effetto di alcuni comportamenti sociali, eccellente maestra o eccellente allieva. Quello che non sono altro che accozzaglie d’opinioni, il più delle volte pregiudizievoli e impermeabili al confronto, vengano perciò chiamate con il loro nome; lo stesso valga per i dibattiti edulcorati dal politically correct, per i quali parrebbero bastare correttezza e buona educazione (che non dovrebbero leggersi quali meriti quanto minimi e indispensabili termini per la comunicazione, tanto più se di pubblico dominio) per assumere il rango di “dialogo civile”, e che non celano altro che ipocriti sofismi a sostegno di tesi preconcette e altrettanto inviolabili. Siamo pieni, nella vita e nelle comunicazioni di massa, di elenchi sovracarichi di punti di vista e verità preconfezionate, a tenuta stagna, che non fanno altro che cozzare l’una contro l’altra senza avviare alcun procedimento di sintesi costruttiva.
Il recupero della dimensione dialogica, allora, passa anzitutto attraverso la presa di coscienza che il dialogo è altro da quello che spessissimo ci viene spacciato, e che a nostra volta spacciamo, come tale. E per aiutarci basta pensare a quella che è una componente irrinunciabile del dialogo: l’ascolto. Anche qui, l’ascoltare sta al sentire come il dialogare sta al comunicare. Mettersi in ascolto richiede uno sforzo che non coinvolge soltanto i sensi (l’udito) e la memoria (l’archiviazione di informazioni nel nostro cervello). L’ascoltare presuppone un coinvolgimento ben diverso, che riguarda la volontà, la capacità interpretativa, il senso critico, la voglia di mettersi in discussione.
Il fatto che considerazioni come queste possano essere tacciate di astrattezza, o prese per sterile ginnastica intellettuale, non farebbe altro che confermare il valore del loro contenuto. Restituire all’ascolto e al dialogo la loro vera accezione significherebbe andare alla radice dei problemi che affliggono la società occidentale, per recuperare un’identità comune.
Perché senza capire chi siamo, cosa vogliamo e dove dobbiamo andare, senza un quadro d’insieme che può essere condiviso soltanto se costruito attraverso il dialogo autentico, la solidarietà spontanea che una società sa offrire, per quanto abbondante essa sia, sarà condannata per sempre a svuotare dall’acqua una nave alla deriva con lo scafo squarciato, senza avere il tempo e l’opportunità di chiudere le falle. La colata a picco, così fosse, può essere soltanto posticipata, ma non evitata.

 

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Se anche tu vedi la stessa luna

non siamo poi così lontani ...

di  Irene Rigobello

 

“Se anche tu vedi la stessa luna non siamo poi così lontani...”, questa frase mi ha fatto riflettere su come l’essere umano dovrebbe sentirsi legato ai suoi simili in un unico insieme dove non esistono né distanze, né differenze: bello vero!? Ed invece in questo periodo storico, forse ancor più che nella distinzione della popolazione in classi, si avverte la necessità di non occuparsi di nessun altro se non della propria persona, in un individualismo esasperato nel quale le relazioni diventano superficiali e difficili e assolutamente scambiabili come merci.
Tutto ciò è assolutamente ad un punto di non ritorno ed è più che mai necessaria un inversione di rotta per non affondare fino all’autodistruzione della persona umana!
L’indignazione non è più sufficiente e neppure la lotta e le rivolte sono efficaci per cambiare, è doverosa una modifica culturale profondissima e radicale, il fatto ad esempio che si parli di un nuovo ritorno di una prostituzione al “chiuso-indoor” e che gran parte dell’opinione pubblica lo ritenga un beneficio, solo perché lo squallore della strada non rischia più di turbare i cittadini, mi disgusta! E non solo per il fatto che ormai il genere umano è incapace di creare sistemi sostenibili di convivenza civile, all’interno dei quali le difficoltà e i problemi vengono colti, indagati e affrontati, ma perché l’esistenza del disagio sociale esiste solo se visibile. Dunque siamo legati a questa dinamica: togliendole alla vista, le difficoltà perdono consistenza e di conseguenza esistenza.
Ebbene, grandi uomini moderni, la criminalità e le organizzazioni di sfruttamento non sono mai state così efficienti ed efficaci e Ci ringraziano di cuore per gli affari che gli stiamo permettendo di fare!
L’attività dello sportello Luna non si arrende e continua tra mille difficoltà e tra mille salite, ma è un’attività fatta di incontri, di persone che condividono con noi alcuni passi in questo pianeta che dovrebbe avere lo stesso cielo e la stessa luna e che invece è diviso dall’uomo in mille parti.
Luna sarà sempre pronta ad offrire un unico cielo, un unico mondo e un’unica strada nella quale l’individuo possa riscoprire il valore di se stesso e della sua unicità all’interno di un insieme di altri esseri umani capaci di stringersi la mano, di guardarsi negli occhi e magari di scambiarsi un sorriso.

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In ascolto di nuovi e vecchi disagi

di  Fabio Furini

 

E’ trascorso anche il 20° anno di attività di servizio per l’ascolto e l’accoglienza delle persone in disagio. Già dagli inizi della storia della nostra realtà molte e varie sono state le risposte date a chi ha bussato alla nostra porta, molti (forse troppi!) i volti vecchi e nuovi affacciatisi che hanno cercato vie di speranze e risposte ai loro problemi.
I volontari che offrono questo servizio in sede, da tempo convogliano le diverse problematiche verso quei servizi che meglio sanno affrontarle e darne soluzione.
Quest’anno la fedeltà nel servizio e all’ascolto di tutti si è resa concreta con la presenza quotidiana che ha coperto ogni giorno della settimana, creando spazi specifici per l’ascolto dei bisogni e la definizione di percorsi di accompagnamento e recupero della persona in disagio. Tale impegno quotidiano sta assicurando una presenza viva e attiva, capace di rispondere a molte richieste e a sostenere i vari progetti promossi e realizzati dal Centro.
Le giornate in sede
Nel 2008, dai dati raccolti che sono viibili nella tabella statistica, emerge su tutti quello delle richieste di aiuto di persone che hanno vissuto e vivono la problematica carceraria. Non solo la nostra sede è diventata punto di riferimento per persone detenute e loro familiari, ma anche luogo di informazione e di contatto con enti pubblici e privati che devono attivarsi per la soluzione di questi problemi. Le molte progettualità promosse dal Centro stanno dando buoni risultati, costituendo riferimenti nella positiva rete di contatti che in questi anni si è realizzata con persone e associazioni presenti nel territorio.
Tra le realtà del disagio maggiormente incontrate emerge il dato delle persone sfruttate sessualmente e assistite dallo Sportello Luna e il servizio di Avvocato di Strada, che danno un supporto informativo e legale, anche con l’accoglienza delle persone, soprattutto extracomunitari, che cozzano contro una legislazione penalizzante rispetto al loro inserimento.
In continuo aumento sono le richieste di informazioni e i contatti con enti pubblici e associazioni del Terzo Settore, segno che il nostro lavoro è sempre più orientato a mantenere rapporti stretti con chi opera nel sociale nella nostra realtà locale.
La quotidiana attività di segreteria permette di mantenere i contatti con tutte queste realtà che operano con noi, ma soprattutto offre informazioni importanti a chi cerca aiuto o riferimenti adeguati alla propria necessità.
Parallelamente c’è il disbrigo di pratiche amministrative, dalla corrispondenza ai contatti telefonici, che danno ai volontari quelle preziose informazioni e importanti conoscenze necessarie a rispondere alle richieste degli utenti, dei loro familiari o di chi è in prima linea nell’aiutarli.
La segreteria assicura anche il passaggio quotidiano delle richieste di colloquio, delle attività promosse dall’Associazione, delle informazioni provenienti da altri enti, delle adesioni ad iniziative: convegni, forum, incontri, etc., promossi da altri enti.
Non solo ”dati”
I numeri ci aiutano a capire spesso in che misura e dove si concentrano particolarmente i disagi. Tuttavia il nostro stile di ascolto non deve mai prescindere dal considerare che ciascun bisogno è espresso da una persona particolare e da rispettare per la sua dignità e difficoltà.
Nel commentare le “statistiche” del 2008 salta agli occhi come numerose siano state le richieste di aiuto di persone che vivono il loro disagio negli ambienti quotidiani della loro vita sociale: famiglia e lavoro.
I contatti coi volontari si sono concentrati maggiormente nei primi mesi dell’anno, mentre hanno avuto una flessione nei mesi estivi, riprendendo a risalire in modo esponenziale negli ultimi mesi. Questo percorso rispecchia il momento di crisi economica e sociale che il nostro Paese vive, ma denota anche un abbandono a sé stessi di coloro che sono gli ultimi della nostra società.
Continua ad aumentare la richiesta d’aiuto presso i più specifici servizi svolti dal Centro che affrontano le problematiche sociali del carcere, della prostituzione e disagio familiare.
Il problema detenzione registra i maggiori interventi sia di ascolto che di sostegno e proposta di percorsi di reinserimento sociale, lavorativo ed abitativo, oltre ai colloqui e a tutte le attività che i volontari svolgono nella Casa Circondariale.
Il servizio ascolto è per i volontari del carcere un impegno settimanale, come il prestito di libri nelle sezioni maschile e femminile, le redazioni di “Prospettiva Esse”, la rivista dei detenuti, e si concretizza nell’assicurare informazioni e continui contatti con l’esterno e con i familiari dei detenuti.
Si nota una ripresa significativa, rispetto il 2007, delle problematiche legate al disagio famigliare e alle situazioni di emarginazione. In esse emerge il dato del disagio psichico che chiede accoglienza e aiuto psicologico, laddove regna la solitudine e perdita dei riferimenti affettivi. In calo sembrerebbero invece le richieste di aiuto delle persone straniere. Ma analizzando in modo trasversale i dati ci si accorge che le loro problematiche si inseriscono nel campo delle richieste di lavoro, casa, problemi di detenzione e sfruttamento sessuale. Un segnale che anche loro stanno diventando “cittadini italiani” purtroppo solo in questo ambito.
Il Centro ha offerto a queste persone un sostegno psicologico fornendo poi informazioni chiare per un aiuto concreto per la soluzione dei loro problemi quotidiani: permessi di soggiorno, assistenza sanitaria, disbrigo di pratiche burocratiche. Un servizio per aiutare queste persone ad integrarsi nel tessuto sociale del nostro territorio.
Una notevole domanda di aiuto si concentra attorno allo “Sportello Luna”, condiviso anche quest’anno con la Caritas Diocesana.
In leggero aumento le richieste legate al mondo delle dipendenze, segno delle difficoltà di risposta da parte di alcuni servizi. Anche la diversificazione delle forme e delle tipologie di assunzione di droghe e la nascita di nuove dipendenze, ad esempio al gioco, fanno nascere nuove richieste d’aiuto.
Un dato molto confortante è il continuo aumento delle richieste di fare volontariato nell’Associazione. Nel 2008 il numero è stato di 30 richieste frutto di informazione e sensibilizzazione svolte in ambito pubblico con incontri, programmi e stages per le scuole superiori, dibattiti e confronti su tematiche legate alle nostre specificità d’intervento, e questo ha portato diversi nuovi volontari che durante l’anno si sono inseriti nei servizi.
La novità è il nostro quotidiano
Nulla deve essere dato per scontato, perché ogni giorno volti nuovi si presentano ai nostri occhi con problemi sempre più complessi e bisognosi di pronte risposte.
Ogni giornata richiede diversi interventi, ci richiamano a non tenere bassa la guardia, ad essere attenti alle nuove povertà che purtroppo crescono e si diversificano, segni di una società sempre meno attenta ai bisogni dei poveri e troppo preoccupata di mantenere al top il proprio tenore di vita,
Perciò devono sempre più perfezionarsi quei contatti e quelle collaborazioni con i soggetti che operano in ambito sociale. Ciò si fa ripensando e consolidano maggiormente vecchie e nuove progettualità, coinvolgendo sempre più i volontari nel servizio facendolo diventare un impegno quotidiano che permette di ascoltare, accompagnare e sostenere i percorsi di uscita dal disagio di tante persone che si rivolgono a noi.
Nella fedeltà al servizio, sostenuta da una formazione umana e da una conoscenza delle problematiche sociali si può costruire un futuro fatto di speranza e di nuove sfide.
L’attività del volontario deve dirigere sempre più all’essere vicini a chi soffre e di fare un tratto di strada con chi è in difficoltà e cerca di riprendere un cammino interrotto da problemi e sofferenze personali.
La condivisione quotidiana del servizio fra volontari, sempre più presenti e attivi in associazione, permette di scambiarsi esperienze e costruire nuovi percorsi capaci di dare risposte alle nuove e mutevoli problematiche sociali che la nostra società produce ogni giorno.

TIPOLOGIA DEI CONTATTI
2003 2004 2005 2006 2007 2008

ALCOLISMO E TOSSICODIPENDENZA

3
11
8
1
1
  10
AVVOCATO DI STRADA (SPORTELLO)

    - 

   - 

  - 
17
128

   94

CARCERE

276

272

290
246
162

273

DISAGIO FAMILIARE

  16

   9

7
12
10

  16

DISAGIO PSICHICO

   7

   6

2
3
4

   7

EMARGINAZIONE E SOLITUDINE

   6

 18

25
32
30

   9

INFORMAZIONI

    76

 78

86
96
73

 68

INTERESSE AL VOLONTARIATO

 28

 22

18
50
27

 30

MALATI HIV-AIDS

  5

   2

4
1
2

   2

RICHIESTE DENARO

11

  4

13
9
3

   1

RICHIESTE LAVORO

  8

 15

10
11
11

 14

SENZA FISSA DIMORA

  3

   7

3
8
1

   4

STRANIERI IN DIFFICOLTA’

30

54

67
47
22

 14

SPORTELLO LUNA (PROSTITUZIONE)

10

155
166
91

 98

ALTRO

25

17

28
26
14

 14

TOTALE
494 
525
714
726
579
654

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Ci siamo anche noi ... e a colori!

di  Annamaria Visentin

 

Il nuovo servizio del 2008 del Centro Francescano di Ascolto è lo “Sportello a colori”, che ha come simbolo una bellissima farfalla, anche se quando è nato nessuno ha pensato di esporre un fiocco rosa o azzurro che fosse.
Lo sportello è una finestra aperta sul mondo della transessualità. Ma chi è il transessuale?
Partiamo da una definizione teorica: il transessuale è la persona che si sente prigioniera di un corpo con caratteristiche fisiche riferite ad un sesso, mentre la sua mente, la sua emotività, la sua affettività è caratteristica del sesso opposto: una donna ingabbiata in un corpo maschile; un uomo ingabbiato in un corpo femminile!
Già attraverso queste poche frasi forse si può iniziare a capire la complessità di questa condizione e quante possano essere le difficoltà e le sofferenze che caratterizzano la vita di queste persone e anche quella di chi vive con loro.
Teoricamente la soluzione sembra ovvia: la medicina, con i suoi strumenti, restituisca a queste persone il corpo che desiderano! In realtà il percorso per adeguare il corpo alla mente, che viene definito transito, è lungo e doloroso e la soluzione non è così semplice.
Per prima cosa una persona deve capire cosa succede dentro di sé, per quale motivo viva un disagio così grande da odiare il suo corpo e tutti gli atteggiamenti e i comportamenti che a “quel”corpo si riferiscono.
Altro scoglio altissimo è riuscire a parlare di ciò con le persone della propria famiglia, di solito niente affatto preparate a capire e supportare questa condizione “strana”, anzi spesso è proprio la famiglia che arriva ad escludere chi è tanto diverso e non lo riesce a comprendere. E se la famiglia per prima non riesce ad accettare un figlio transessuale immaginiamo l’intero mondo di relazioni intorno a lui: emarginazione e rifiuto saranno esperienze quotidiane!
Noi del gruppo abbiamo chiesto l’apporto di persone transessuali, proprio per capirne un po’ di più e superare la conoscenza solo teorica di questa realtà. Porpora Marcasciano, vice-presidente del Mit (Movimento Identità Transessuale) di Bologna, ha tenuto a battesimo lo Sportello. Si è presentata a noi con una semplicità e una profonda carica umana che hanno cancellato immediatamente anni di stereotipo del transessuale tutto paillettes e parruccone che i media ci propongono da sempre !
Nei nostri incontri di formazione, con Porpora e con Laurella dello sportello Transgender Pink di Verona, abbiamo capito un’altra cosa importante, che spiega perché il nostro sportello si chiama “A colori”. Nella nostra cultura siamo abituati a separare in due unici generi il sesso: maschio o femmina, come dire: bianco o nero, fine!
Queste persone ci hanno fatto comprendere, invece, che esistono tante sfumature, tanti colori, appunto, che permettono agli esseri umani di autodeterminarsi come meglio sentono dentro di sé. Questo vale per i transessuali, ma anche per ognuno di noi e ci sembra un’importante invito alla libertà: ognuno di noi dal suo bozzolo può e deve far uscire quella colorata “farfalla” che sa di essere!
Perché il Centro dovrebbe occuparsi di transessuali? Richiamiamo tre parole significative usate nella descrizione: prigioniero, dolore, emarginazione. Sono queste le parole che hanno sempre caratterizzate le realtà di cui il Centro si è preso cura nel corso degli anni.
“L’utenza?” chiederete. Ce lo siamo chiesto anche noi e, a questo proposito, abbiamo elaborato un progetto di ricerca sul nostro territorio per rilevare l’entità numerica di questa realtà. Perché non è sufficiente mettere in piedi un servizio solo per poche richieste pervenute. Dalla ricerca ci aspettiamo anche di capire meglio come e dove indirizzare il nostro impegno. Per il momento ci proponiamo come un orecchio in “ascolto”, una porta aperta per accogliere chi vive in solitudine il suo disagio.
Lo sportello, per il momento è composto da quattro volontari: una laureata in psicologia con formazione in sessuologia, un medico di base con formazione in sessuologia, una laureata in legge e una laureata specialistica in psicologia.
Ma non saremo soli in questa attività, perché agiamo in collaborazione con la Caritas Diocesana, il Mit di Bologna, il Transgender Pink di Verona, il Gruppo Abele di Torino.
Questa, in breve, la nostra storia, non abbiamo voluto di proposito fare una presentazione “tecnica” del nostro impegno, perché pensiamo che i termini scientifici non siano capaci di esprimere la ricchezza emotiva della realtà transessuale . . . tanto per questo ci sono i libri!

 

 

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Il ruolo dei volontari della giustizia

di Paola Zonzin

 

Nell’anno appena trascorso, durante il quale ho diminuito le attività all’interno del carcere, per lasciare spazio alla mia bambina che è arrivata a luglio, non ho però interrotto l’impegno nel Coordinamento dei volontari. E, proprio allo scopo di presentare ruolo e funzionamento del nostro Coordinamento, ho incontrato due ragazze, allieve del Liceo Socio-psico-pedagogico, che stavano svolgendo uno stage formativo presso il Centro Francescano di Ascolto. Confesso che tale appuntamento non mi entusiasmava, poiché rappresentava un impegno in più da incastrare nell’organizzazione della giornata. Invece, il dialogo con le due studentesse, ragazze pensanti, motivate e intente a trarre il massimo profitto dall’esperienza che stavano affrontando, mi ha arricchito e piacevolmente costretto a rispolverare le mie motivazioni di volontaria in carcere.
Me l’aspettavo la domanda che una delle due studentesse mi ha rivolto, perché è in fondo l’interrogativo cruciale per chi si avvicina al mondo del carcere: come si fa a perdonare chi ha commesso un crimine e a dedicargli umana comprensione?
Sono convinta che gli operatori che lavorano nelle carceri e i volontari che incontrano i detenuti non si pongano il problema di perdonare, perché non spetta loro concedere il perdono umano che può arrivare solo da chi è stato ferito. Questo mi è apparso chiaro durante il toccante intervento di un detenuto durante la Messa celebrata nella Casa Circondariale dal nostro Vescovo lo scorso Natale: le poche parole che racchiudevano tutta una vita, che aveva conosciuto la felicità, ora svanita per un gesto nato chissà da dove, quelle parole cariche al tempo stesso di disperazione, dignità e speranza, non inducevano né alla condanna, né alla ricerca di una giustificazione consolatoria, tanto meno a concedere un facile perdono, quello impropriamente, perché intimo, spesso tirato in ballo dai mass media all’indomani di un fatto criminoso. Chiedevano solo di essere accolte, chiedevano di sedersi accanto ad altri esseri umani per portare insieme quel peso troppo grande che rischia di schiacciare e impedisce di guardare avanti.
Come nota il Cardinal Martini in Non è giustizia, il perdono è la meta e non il punto di partenza di un percorso che ha inizio nel cuore dell’uomo colpevole, dal quale si “esige il cambiamento”, la conversione che porta “l’intimo della persona all’autodeterminazione di ritornare ad essere uomo giusto”. Ma proprio perché tale percorso abbia inizio, chi ha sbagliato ha bisogno di essere avvicinato con umanità, ha bisogno, citando ancora le parole del Cardinal Martini, “di una presenza amica e ideale”. Ciò non significa fornire giustificazioni agli errori commessi o minimizzare il male causato, si traduce invece nella disponibilità all’ascolto, ad accompagnare la sofferenza della detenzione, del rimorso per ciò che si è fatto, della lontananza dai propri cari.
In questo cammino la figura del volontario appare particolarmente preziosa perché può assumere un atteggiamento allo stesso tempo empatico e distaccato. Sembra una contraddizione ma credo siano gli ingredienti necessari ad una proficua relazione d’aiuto. L’empatia garantisce la capacità di ascolto profondo e la comprensione della persona; dall’altra parte il distacco, il fatto cioè di non avere nessun tipo di coinvolgimento nella vicenda di chi si incontra in carcere, permette di non farsi travolgere dalle emozioni, di guardare alla sua storia con obiettività per saperlo consigliare e accompagnare nel modo a lui più utile.
Il ruolo del volontario diventa ancor più importante dal momento in cui le figure istituzionali preposte al trattamento dei reclusi, ovvero educatori, psicologi e assistenti sociali, si trovano cronicamente in deficit di organico e, come succede ormai da anni anche nella Casa Circondariale di Rovigo, non riescono a seguire tutta la popolazione detenuta in modo adeguato.
Tuttavia, il delicato compito del volontario di accompagnare il detenuto nel percorso di cambiamento deve essere svolto con equilibrio, per evitare di eccedere sia nell’empatia che si traduce in emotività e pure nel distacco che diventa freddezza. È per questo importante accettare i limiti che la nostra azione può trovare sia negli ingranaggi della burocrazia penitenziaria, sia nelle persone detenute, non sempre pronte o capaci di affrontare la revisione della propria storia, e saper fermarsi se la situazione ci sta sfuggendo di mano.
Per riuscire a mantenere tale equilibrio ritengo che siano due gli strumenti che il volontario ha a disposizione: la formazione, per essere consapevole e preparato nello svolgere il proprio servizio, e il confronto con gli altri volontari, per recuperare, grazie ai colleghi, lo sguardo lucido e sereno nel leggere le storie che, per un tratto, ci vengono affidate. Ed è proprio in queste due direzioni, la formazione e il confronto, che si muove il nostro Coordinamento, una famiglia eterogenea che condivide con semplicità l’impegno di accompagnare chi vive la reclusione.