ANNO 2006

SOMMARIO anno 2006

  1. Con dolore e con amore (Livio Ferrari)
  2. Per capirci… anche in una torre di Babele (Anna Roccato)
  3. Insieme per migliorare (Rossella Magosso)
  4. Cartolina dal carcere (Marta Muraro)
  5. Lo sportello “Luna”, l’immersione in un presente che non è già più (Alessandro Sovera)
  6. A proposito di “Lucy”… (Irene Rigobello)
  7. Sempre in ascolto (Fabio Furini)
  8. Nel 2005, sulle strade della solidarietà
  9. Ricordo del maestro Luigi Metterle (Fulvianna Godino)
  10. Il dono più grande (Christian Malanchin)

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Con dolore e con amore

di Livio Ferrari

 

Tutto si può dire del 2005 fuorchè sia stato un anno senza novità, nel bene e nel male!

Le attività dell’Associazione si sono dispiegate ancora una volta in maniera cospicua sui diversi fronti che maggiormente l’hanno caratterizzata: l’attenzione alle persone detenute, l’incontro con l’immigrazione, la promozione della cultura della solidarietà, la ricerca e, infine, l’ascolto dei dolori e delle richieste di aiuto che pervengono dalla strada.

L’attenzione alle persone detenute è stata prodotta con una continua presenza nella Casa circondariale di Rovigo, con il prosieguo del progetto di formazione al lavoro per i carcerati e con un rapporto di consulenza e assistenza ai dimessi dal carcere e alle famiglie. Senza contare tutte le richieste di aiuto che pervengono da vari istituti penitenziari d’Italia, alle quali, attraverso una capillare attività di rete, si cerca di dare risposte in termini di accoglienza e di reinserimento.

L’incontro con l’immigrazione è sempre in aumento e suscettibile di ulteriore crescita, in quanto anche i nostri territori sono popolati da un numero sempre maggiore di persone provenienti dai Paesi poveri dell’Africa, dell’Est europeo e anche dell’Asia. Per tutte queste vite la sopravvivenza quotidiana è alquanto problematica, spesso sono assenti i requisiti minimi per i bisogni elementari quali il nutrimento e l’alloggio, senza parlare del lavoro e soprattutto del lavoro nero che sta ritornando “di moda” insieme ai mille sfruttamenti che vengono alimentati nei confronti di questi cittadini in affanno!

La promozione della cultura della solidarietà ha trovato cittadinanza nell’incontro con gli studenti delle scuole, nella formazione di chi si affaccia sul mondo del volontariato, e soprattutto attraverso lo “Sportello Giustizia” un servizio che da sei anni viene prodotto nei confronti delle associazioni di volontariato presenti nella regione Veneto, attraverso una convenzione con il Centro di Servizio per il Volontariato di Rovigo.

La ricerca, in questi ultimi due anni, si è particolarmente incentrata sulla problematica della prostituzione e della tratta. Rovigo e provincia sembravano quasi immuni da questi virus, ma il nostro osservatorio ci diceva il contrario. Così, con la caparbietà che ci contraddistingue, abbiamo prodotto prima una ricerca “soft” sul comune capoluogo e poi una analisi più circostanziata su tutta la provincia. I risultati di “Lucytantibaci” hanno, in effetti, evidenziato come eravamo stati lungimiranti e che, purtroppo, il problema esiste ed è molto radicato, pur se meno riconoscibile che in altre città in quanto è assente l’unica forma che lo rende visibile: la prostituzione di strada.

Parallelamente alla ricerca è proseguito il servizio “sportello luna” rivolto alle donne straniere in difficoltà e a quelle che provengono proprio dal mondo della prostituzione.

Infine l’ascolto delle fatiche di uomini e donne che non ce la fanno più a mettere insieme i pezzi di vite di dolore, con nuovi e attuali problemi quali, per esempio, la dipendenza da videopoker con conseguenze di indebitamento economico assai disastrose, che minano congiuntamente la stabilità familiare.

Il 2005 lo ricorderemo anche perchè abbiamo perduto un compagno di strada prezioso e importante: Luigi Mutterle.

Per molti di noi, ma per me soprattutto, è stato un punto di riferimento nell’approccio a San Francesco. Un fratello e una guida nelle scelte “coraggiose” che la regola indica, un fautore e fondatore della nostra associazione insieme anche a padre Giorgio che l’aveva preceduto nel 2004. Quanti ricordi mi si affollano dentro pensando a Gigi. Le giornate di Assisi, le riunioni per la costruzione di Tau, i momenti della preghiera comunitaria, il suo sorriso, le battute, il suo impuntarsi sulle questioni che riteneva fondamentali, etc.

Da alcuni anni, periodicamente, avanzava l’ipotesi di abbandonare, in quanto avanti con l’età, il suo apporto in associazione al martedì mattina, giornata che ha mantenuto sempre con fedeltà sin dalla nascita del Centro. Ma la mia perentoria censura, ribadendogli che in quanto fondatore non avrebbe mai potuto arrivare a questo se non per motivi di forza maggiore, lo aveva sempre fatto desistere dal metterlo in pratica. Ricordo la gioia che ho provato, e condivisa con Fulvianna, quando qualche tempo dopo la morte della sua amata Maria, riprese la sua settimanale presenza al martedì mattina.

Diversi anni fa Simone, poi Giorgio, ora Gigi, compagni e fratelli che hanno lasciato questo mondo ma, ne sono profondamente convinto, ci stanno aiutando, nel modo che noi non sappiamo, per continuare a percorre con sempre maggiore coraggio le strade di frate Francesco.

 

 

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Per capirci... anche in una torre di Babele

  di Anna Roccato

 

Nella società in cui viviamo, si affacciano sempre più popoli e culture diverse. Le città sono un continuo fluire, un continuo scorrere di genti che interagiscono e si relazionano tra loro. Consci dell’importanza che ha il poter comunicare, il capirsi correttamente perché una società possa ben funzionare, si è pensato di attivare un laboratorio linguistico presso le strutture del Centro Francescano di Ascolto. Il corso tenutosi nel periodo compreso tra aprile e luglio 2005, si proponeva di far conoscere la lingua italiana principalmente nei suoi aspetti pratici, di permettere alle persone che si trovano in un Paese straniero di affrontare le situazioni più frequenti come richiedere il permesso di soggiorno in questura, saper fare la spesa, pagare la bolletta, andare in farmacia, tutte quelle situazioni che per una persona che ha padronanza della lingua sono semplici a farsi. Il corso aveva la frequenza di una volta alla settimana per la durata di due ore, per l’insegnamento ci si è avvalsi di materiale cartaceo, di video e ovviamente del dialogo. Si è cercato di rivolgere l’attenzione alle richieste dei partecipanti al corso. Molto spesso sono persone che, arrivate in Italia e non conoscendo la lingua, cercano di spiegarsi parlandone un’altra, quale l’inglese, che ha un’impostazione totalmente diversa dall’italiano, così c’è la necessità di porre le lingue (non solo l’inglese )a confronto, di metterle su due binari paralleli mostrandone le diversità e le congruenze, le costruzioni particolari sempre nell’ottica dell’aspetto pratico che ha, in questo caso, la conoscenza di una lingua. Il laboratorio linguistico è un’attività in continua evoluzione, come fa pensare la parola laboratorio, dove escogitare modi e metodi di comunicazione efficaci e utili, dove unire le conoscenze di entrambe le parti ed intrecciarle, è un punto di partenza per far sì che chi giunge in un paese straniero sia come un sordomuto dentro una folla chiassosa, per far sì che le differenze linguistiche e non siano fonte di curiosità e ricchezza, diventino il punto di partenza per un buon vivere in comune. L’idea del laboratorio linguistico è nata nell’ambito di “Sportello Luna”, un servizio di ascolto, di aiuto e di sensibilizzazione sociale rivolto a tutte le donne in difficoltà. La ridotta durata dell’iniziativa è stata causata da una carenza di volontari, speriamo di poter ripetere l’esperienza e di migliorarla con chiunque voglia dedicare una parte del proprio tempo a questo progetto, e chiunque creda che alla base di una società interetnica c’è il dialogo e la capacità di comunicare.

 

 

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Insieme per migliorare

di Rossella Magosso

 

Un altro anno è passato e ci ritroviamo per l’appuntamento assembleare a raccontarci il nostro impegno e servizio di volontari. E’ stato un anno ricco di lavoro e di emozioni e l’ingresso alla Casa circondariale di Rovigo è diventato per  me  un appuntamento da non perdere. Stare insieme e condividere con le ragazze recluse momenti di vita in comune  mi rende più serena e gioiosa, vedo la vita svolta all’esterno con occhi diversi e riesco  a svolgere le mie attività, nella routine di un quotidiano ormai scontato, con più amore per il prossimo. La carica che  sanno darmi le ragazze è notevole. Mi accorgo che anche da ristretto uno può dare  molto a chi si avvicina, stima e fiducia reciproca è alla base per avere scambi  di opinioni e dialoghi in un rapportarsi alla pari.  Noto  i disagi che ogni giorno cercano di combattere con le loro forze ma che,  purtroppo, le difficoltà delle istituzioni, la sordità e l’indifferenza di tante persone incattivisce e inasprisce il loro cuore seppur nella consapevolezza di essere  in posizione di inferiorità. Ma nonostante questo in loro la voglia di riscatto, la voglia di farsi conoscere, in una veste che non sempre riescono a farla vedere per carenze dell’istituto, è grande. Dignità, rispetto ascolto per la persona, questo è ciò che costantemente chiedono ma  troppo spesso il silenzio è la risposta.

Voce e ancora voce, dare suono a tutto ciò che  possiamo e con qualsiasi mezzo, per illuminare la mente e il cuore delle persone che hanno potere.

Essere volontari:  molto uso si fa di questa parola ma troppo spesso senza concretizzarla. E’ difficile essere volontari, perché esserlo  significa :  gratuità – umanità- amore per il prossimo. Il tutto non sempre è capito e ciò rende difficile  avvicinarsi  a questo  mondo. Allungare la mano alla persona bisognosa,  diversa,  disagiata    è un atto  che la nostra società è ancora molto restia e lontana a fare, la visione è assai offuscata. In noi c’è la consapevolezza di continuare con fervore il nostro impegno, mettendo a disposizione tutto ciò che conosciamo per far sì che altre persone si avvicinino a una realtà di questa attuale civiltà bisognosa di aiuto. Essere parte viva di  questa società comporta responsabilità, ognuno di noi deve fare la sua parte senza se e senza e solo così potremmo avere un futuro migliore fatto di persone degne di chiamarsi tali.

 

 

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Cartolina dal carcere

  di Marta Muraro

 

Poeti santi e navigatori…e anche volontari stando alle ricerche e alle statistiche che con regolarità costante escono. Una gran quantità di gente che fuori dalla porta di casa entra a contatto con il mondo secondo la propria specifica sensibilità, non solo mettendosi in relazione con altri ma dandosi obiettivi sempre nuovi e capace più di altre realtà di capire quelli che sono i problemi e i bisogni…meglio e più brava ad ascoltarli. Però, talvolta, tutta sta brava gente non la si trova, e ci si chiede ma dove è finita?!

Questo forse deve essere stato il pensiero di un certo signore o forse la sua fantasia, che lo hanno portato a pensare ed è nata una iniziativa per le festività natalizie che tutti noi volontari del carcere abbiamo accolto con consapevole incoscienza, altro non è che una cartolina scritta dalle donne e dagli uomini ospiti nella Casa Circondariale di Rovigo da noi riveduta e corretta, ben confezionata con tanto di francobollo e foto, nella quale si richiama l’attenzione degli abitanti della città. Con ancora addosso il fresco odore della stampa i volontari del coordinamento sono andati per ogni dove e hanno distribuito in lungo e in largo queste cartoline, chiedendosi se tra un regalo e l’altro e tutti i buoi propositi che si sprecano all’inizio dell’anno non ci fosse anche quello di interessarsi di chi è a poca distanza dalla loro casa, dentro il carcere.

La lettera dice cosi:

Siamo le donne e gli uomini detenuti nella Casa Circondariale della città e scriviamo a voi, persone libere, confidando nella sensibilità e attenzione nei nostri riguardi, in quanto, anche se il carcere di Rovigo si trova nel centro del capoluogo, noi ci sentiamo una realtà estranea!

L’esilio del carcere, in effetti, rende il tempo di detenzione una

ulteriore afflizione, aumentando l’emarginazione dal territorio e l’allontanamento dalle famiglie e dagli affetti, anziché essere un’occasione di recupero e reinserimento sociale.

Chi è recluso è lo stesso parte della società e ha, per questo, la necessità di mantenere il contatto con chi sta fuori!

Abbiamo, perciò, un forte desiderio di poter incontrare quanti fra di voi sono disponibili ad intraprendere un dialogo con noi.

Da parte nostra lasciamo aperto ogni spiraglio per condividere proposte, idee e soprattutto un confronto umano attraverso il quale arricchirci reciprocamente, noi detenuti e voi cittadini.

Cogliamo l’occasione per augurare a tutti un sereno Natale.

Bellina proprio eh?

Giusto perché il ferro bisogna batterlo finché è caldo, oppure vista da un’altra angolazione dato che stiamo cercando di rompere con una certa indifferenza … abbiamo deciso di uscire con un’altra nuova iniziativa e cioè un corso per volontari, nuovi, si spera, volenterosi e che non fuggano dopo che il corso sarà terminato. Un percorso lungo dieci lezioni, sempre di giovedì a partire dal 16 febbraio, attraverso il quale affrontare le principali nozioni che un qualsiasi soggetto desideroso di conoscere questo mondo deve sapere per non fare disastri e limitarsi agli umani errori, perché si sa, è inevitabile, la teoria bella fin che si vuole ma poi all’impatto con la pratica effettiva la si dimentica in un batter d’ali. Non sono ancora in grado di raccontare i risultati di queste due iniziative, al momento è ancora troppo presto, però voi da “bravi” cristiani incrociate le dita, ok!?

I volontari che attualmente compongono il coordinamento sono certo pochi, però un piccolo vantaggio c’è ed è la conoscenza e l’affiatamento che può nascere dal lavorare costantemente insieme l’uno con l’altro che con i grandi numeri può perdersi. Ah, un’altra bella novità, dopo tanti anni finalmente lo “Sportello giustizia”, quel servizio gestito dalla nostra Associazione da sei anni e rivolto a tutte le associazioni che si adoperano nell’ambito della giustizia all’interno della nostra Regione, finalmente può contare su ogni referente per provincia, piccola grande vittoria e che non sia di buon auspicio per tutte le iniziative che si andranno a fare e per quelle che ancora non abbiamo pensato ma solo immaginato.

E poi non potremmo che essere baciati dalla buona sorte visto che un nostro caro amico ha fatto il primo dei tre passi importanti per coronare il sogno della sua vita, magari ci mette una buona parolina con tutti i suoi agganci lassù. A parte gli scherzi, siamo molto felici per lui.

 

 

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Lo sportello “Luna”, l’immersione
in un presente che non è già più

di  Alessandro Sovera

 

Predisporre un intervento in campo sociale, per quanto scrupolosamente si cerchi di farlo, significa anzitutto prepararsi a rivederne organizzazione e pratiche esecutive quasi quotidianamente. Per quanto ci si sforzi, la mappa genetica di un progetto in alcun modo potrà ritenersi esaustiva ed onnisciente nei confronti della realtà. Riferirsi a quest’ultima, infatti, non implica mai, se non nelle necessarie quanto ingenue semplificazioni della nostra mente, un confronto con il presente: il concetto stesso di realtà, nel momento in cui lo si chiama in causa, non appartiene più al contemporaneo, relegandosi al passato o proiettandosi nel futuro.

Sembrerebbero, queste, elucubrazioni mentali, peraltro piuttosto ovvie, che con l’attività di un’associazione di volontariato c’azzeccano gran poco. Eppure credo che il successo di tale attività risieda, almeno in buona parte, a partire da considerazioni di questo tipo, esplicite o implicite che siano. Il riconoscimento della dimensione perpetua del “divenire”, nel guardare il mondo, consente di collocare le risposte che si vuole erogare sullo stesso piano.

L’inadeguatezza, sempre più evidente, di quel welfare statale chiamato nel secolo scorso a ripianare gli squilibri intrinseci di un sistema capitalistico, non risiede solo nella povertà dei conti pubblici, ma anche, e forse di più, nella cristallizzazione degli interventi e nella burocratizzazione sterile della macchina statale, tradotta spesso in una lentezza esasperante delle risposte. Il terzo settore e il volontariato sono chiamati, quindi, ad un ruolo di primo piano. E per adempiere a questa chiamata non si può che guardare al divenire continuo del reale, ascoltando la sua voce e gettandosi in avanti, con coraggio.

Lo “Sportello Luna” del Centro Francescano di Ascolto, da due anni a questa parte, ha cercato di evolversi in questa direzione, dando ascolto a coloro che, nel territorio polesano, non esistono. Non esistono, o quasi, per le istituzioni e per l’opinione pubblica, incapaci di vedere se non attraverso scandali o problemi di ordine pubblico di grande portata.

Il divenire della nostra società è multicolore e multilingua: un patrimonio immenso a cui attingere per rinnovarsi. Un patrimonio, tuttavia, carico di percorsi di vita pesanti da sopportare, di conflitti, di vuoto, per persone che abbandonano con sofferenza la sofferenza delle proprie origini per ritrovarsi immersi in un nulla alienante, le cui vie d’uscita sembrano inesistenti.

La nostra attività vuole tendere una mano a queste persone, aiutarle ad interpretarsi quali portatrici di ricchezza e non di conflitto, tendendo al contempo l’altra a noi stessi, alla nostra dorata società, per sottolineare la necessità di uno sforzo biunivoco verso l’integrazione. Se la realtà cui guardare può essere solo quella di domani, l’apertura di spazi di dialogo, di aiuto e di processi inclusivi ci appare l’unica realtà che possiamo voler immaginare.

Ci pensino anche coloro che non credono al potenziale di ricchezza sociale dell’evoluzione integrativa: quale altra strada? La chiusura? Peccato che milioni di persone si trovino già qui, e siano in costante aumento.

Oggi la chiusura, l’autarchia, possono significare soltanto guerra, odio, negazione dei diritti umani fondamentali per chi, spesso, è in cerca di un loro primo riconoscimento…

Non è questo che possiamo voler immaginare, noi che del progresso democratico e sociale abbiamo fatto un vanto. Non possiamo immaginarlo noi piccole persone, estranee a quelle centrali del grande potere sempre pronte a nascondere dietro un ideale di giustizia (quale?) la natura meschina, animalesca e “territorialmente prevaricatrice” dell’uomo.

Eppure proprio noi, piccole persone, estranee al potere costituito, siamo chiamate al compito più difficile, immersi in una quotidianità dell’oggi e del domani che contribuiamo a plasmare e cambiare. Persino i grandi centri del potere sono destinati a piegarsi di fronte al potenziale che la nostra quotidianità è capace di schierare.

E allora la realtà, quella realtà che significa futuro, si imponga ai nostri sforzi, nell’unica accezione in cui vogliamo e possiamo pensarla. Se non altro, non potremo considerarci non avvertiti.

 

 

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A proposito di “Lucy”...

di  Irene Rigobello

 

Il traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale è diventato, nel corso dell’ultimo decennio, una delle principali attività criminali che interessa centinaia di migliaia di uomini e donne che, a vario titolo, sono coinvolti in un lucroso e crudele business i cui guadagni si affiancano a quelli del traffico di armi e di sostanze stupefacenti. Vittime principali di questo mercato globale del sesso a pagamento sono soprattutto donne e minori provenienti da Paesi caratterizzati da situazioni socio-economiche precarie e instabili.

La tratta non è un fenomeno di recente espressione, esiste da secoli, nuove però sono le sue dimensioni e le sue forme di estrinsecazione e diffusione, che disegnano rotte che rimarcano le forti disuguaglianze economiche e sociali esistenti tra i Paesi ricchi e quelli poveri. E’ una realtà internazionale alimentata dalla crescente femminilizzazione della povertà e dalle diffuse violazioni dei diritti sociali ed economici delle fasce deboli della società; e né l’Italia né il nostro Polesine  sfuggono a questa situazione.

La soglia di povertà, attualmente, nel nostro territorio, tocca molte donne che vivono in estrema difficoltà per vari ordini di motivi: in primo luogo, la  perdita del posto di lavoro, che, nonostante le tutele, avviene ancora troppo spesso per le donne che aspettano un bambino, e che rischia di trasformarsi in una situazione cronica di disoccupazione, e ancora la crisi della famiglia, e la violenza domestica. Tutto ciò contribuisce a rendere sempre più complesso l’universo femminile che si sviluppa in un vero e  proprio labirinto dove non è facile trovare la via d’uscita.

La ricerca che abbiamo condotto è stata più che altro una sfida, o meglio “un’iniziativa coraggiosa” che rispecchia lo spirito vivo all’interno dell’associazione Centro Francescano di Ascolto che sceglie, ancora una volta, di “essere nel mondo”. Non eravamo a caccia di numeri né di semplicistiche definizioni, ma volevamo cercare di abbattere quel muro di indifferenza che troppo spesso rischia di trasformare le donne in difficoltà in vere e proprie “persone invisibili”.

Certamente, il tema che abbiamo indagato è da sempre un po’ “scomodo”, parlare di prostituzione o di tratta suscita sempre vari atteggiamenti: c’è chi si allontana sbattendoti la porta in faccia, scandalizzandosi e facendo quasi fatica a pronunciare la parola prostituta, oppure, c’è chi dimostra un interesse sincero quasi un entusiasmo che presto si sviluppa in una concreta collaborazione. Non tutti, dunque ci hanno accolto, ma chi è stato disponibile ci ha dato una testimonianza preziosa utile a comprendere più in profondità le tante realtà che coesistono sul nostro territorio. E’ così, che in luoghi avvolti da un alone di vita di altri tempi dove tutto appare scorrere con lentezza al passo con il ciclo delle stagioni, si mimetizzano donne che vivono situazioni di segregazione e violenza di abuso fisico e psicologico da parte di famigliari o estranei o ad opera di vere e proprie organizzazioni criminali.

Ci sono  “vite spezzate” anche vicino a noi, vite che non possono definirsi tali ma che esistono e verso le quali non possiamo chiudere gli occhi e fare la politica dello struzzo. Troppe donne, ancora oggi, non hanno accesso alle tante opportunità che ci sono, e alla libertà di scelta che sta alla base della dignità di ogni essere umano.

Non voglio illudermi, la strada per vedere che nessuna donna non  sarà più toccata neppure con un fiore è ancora tanto tanto lunga, ma sicuramente Lucytantibaci ha contribuito a far  “luce” su situazioni che sembravano inesistenti in questa “isola felice” come a più di qualche “struzzo” piace definire il nostro territorio, e che, invece, per più di qualcuno tanto felice non è! E’ per quel qualcuno che Luna dovrà continuare a brillare finché nel buio della notte non si faranno spazio le prime luci dell’alba.

 

 

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Sempre in ascolto

di  Fabio Furini

 

Il servizio ascolto nel 2005 ha avuto un incremento notevole di presenze e passaggi di persone che con frequenza e continuità si sono rivolte ai volontari per intraprendere percorsi di riabilitazione e superamento del personale disagio.

La presenza continua quotidiana dei volontari ha permesso la prosecuzione dei progetti attivati facendosi carico delle sempre maggiori richieste d’aiuto e concentrandosi su particolari bisogni illustrati nella tabella riportata nella pagina accanto.

Puntuali e tempestive sono state le nostre risposte di ascolto, di relazione, di informazione e di accompagnamento verso un cambiamento o superamento dei problemi.

L’attività in sede

Da una lettura dei dati riportati nella tabella è possibile fare un’analisi del cammino svolto dal servizio nel 2005 in relazione anche all’anno precedente.

Sono aumentate le richieste d’informazione (86) grazie alla promozione di iniziative e progetti di aiuto consolidando ed estendendo la rete di rapporti e collaborazioni con gli Enti Pubblici (Comune di Rovigo, Centri di Servizio per il Volontariato ed associazioni regionali e nazionali), con associazioni di volontariato e cooperative sociali.

Si anche consolidata la progettualità dello “Sportello Luna” anche grazie all’apporto del Progetto “Lucytantibaci” (155 contatti).

Nella tabella si coglie poi una certa flessione nella domanda a svolgere un servizio di volontariato (18 richieste). Rimane significativo e in fase di consolidamento il dato riguardante la rete di rapporti (Informazioni, Contatti con Enti Pubblici, altri) che permettono all’Associazione di essere un importante punto di riferimento nel territorio nella promozione di percorsi di aiuto e di diffusione della cultura del servizio volontario in ambito sociale.

Il lavoro di segreteria permette ogni giorno di mantenere numerosi contatti con le varie realtà che lavorano e collaborano con l’associazione, offrendo informazioni utili a chi cerca aiuto o riferimenti adeguati alla propria richiesta, informando e collegando tra loro le attività e i servizi dei volontari.

Parallelamente c’è il disbrigo di pratiche amministrative (lettura e protocollo posta, telefonate, risposta alla corrispondenza, informazioni) necessarie per ricevere e trasmettere informazioni ai volontari e alle persone che chiedono aiuto.

La segreteria assicura anche il passaggio puntuale e preciso delle richieste di colloquio, delle attività promosse dal Centro, delle informazioni che pervengono da altri enti, delle adesioni ad iniziative (convegni, forum, incontri) promosse da altre associazioni pubbliche e private.

Accoglienza, ascolto e informazione

Nel 2005 c’è stato un flusso stabile e continuo nei contatti con l’utenza che ha determinato un aumento notevole delle presenze in sede sia dei volontari che delle persone in cerca di aiuto. Le richieste si sono però concentrate in ambiti sempre più specifici come la detenzione, l’accoglienza delle persone straniere e il mondo della prostituzione.

Sono in costante aumento le problematiche che riguardano la detenzione (il dato in tabella non accorpa i colloqui in carcere che i volontari fanno settimanalmente). Qui la domanda d’aiuto si è concentrata nelle richieste di ascolto, sostegno e successivamente di inserimento lavorativo. A questi interventi si sono aggiunti l’informazione ed il sostegno a familiari e volontari che seguono la persona.

Lo sviluppo e il sostegno dei progetti d’inserimento lavorativo di detenuti e dello Sportello Giustizia, l’impegno profuso dai volontari nella Casa Circondariale di Rovigo trovano nel servizio Ascolto un ambito informativo e di mantenimento dei contatti con gli enti partecipanti all’esperienza.

Per quanto riguardo il disagio familiare, le richieste d’aiuto si sono notevolmente ridotte, pur rimanendo inserite in altre come le richieste di lavoro e di casa, sintomi di una sempre più marcata insicurezza economica che va ad incidere in situazioni familiari precarie. 

Si constata poi un dato importante: l’aumento esponenziale del numero di contatti con le persone straniere e in particolar modo con quelle che hanno problemi legati alle pratiche relative alla permanenza nel nostro Paese. Esse vivono ancora in situazioni di emarginazione e la risposta ai loro bisogni trova ancora pochi progetti di aiuto e sostegno specifici per i loro principali problemi come la casa e il lavoro. Il Centro ha continuato a fornire loro aiuti primari come l’accompagnamento e per lo più informazioni e riferimenti per una integrazione sociale nel territorio.

Sono assolutamente in ribasso, invece, le richieste di aiuto legate alle problematiche delle dipendenze e di sostegno dei malati di aids.

Il futuro: attenzione positiva ai cambiamenti

Gli interventi posti in atto in questi ultimi anni hanno cercato d’integrarsi con le esigenze del nostro territorio per dare risposte puntuali alle varie richieste d’aiuto.

Si è ulteriormente rafforzato il sistema dei rapporti di rete tra il Centro Francescano di Ascolto e le varie realtà sociali e territoriali.

Si sono ulteriormente consolidati i rapporti e la collaborazione con il Comune di Rovigo, la Provincia e il Centro di Servizio per il Volontariato, segno di una rete sempre più efficace che ci vede protagonisti degli interventi sociali che vengono promossi nel nostro territorio.

I progetti attuati e le iniziative culturali stanno trovando sempre più spazi specifici nella nostra realtà locale cercando di dare risposte nuove e più efficaci ai bisogni delle vecchie e nuove povertà.

Mantenere i progetti esistenti con la promozione di percorsi di formazione per nuovi volontari mira ad avvicinare e motivare tutti coloro che desiderano mettersi al servizio di chi soffre o è in situazione di disagio.

La sfida per il nuovo anno è di dare maggiore impulso all’attuale progettualità inserendo nuove idee e persone. Per rimanere sempre vigili ed attenti alle richieste vecchie e nuove di aiuto bisogna avere l’umiltà di ascoltare ogni giorno ed accogliere con competenza e semplicità coloro che bussano alla porta dell’Associazione.

 

 

[Sommario]

Nel 2005, sulle strade della solidarietà

 

1. Bologna – CNCA – Convegno “Non incarcerate il nostro crescere”

2. BariCaritas – Convegno “Liberare la pena”

3. Matera – CRVG Basilicata – Convegno “Il ruolo del volontariato per le misure alternative”

4. RovigoEmergency – Incontro “Il volontariato in carcere”

5. Genova – CRVG Liguria – Corso “Il volontariato di giustizia: una sfida”

6. Rovigo – Associazione Arancio Chimera – Convegno “Il carcere tra piazza e paradiso”

7. BellunoSeac – Seminario di studi “Quale sicurezza ci rende sicuri”

8. RovigoCgil – Tavola rotonda “Nuovo carcere di Rovigo”

9. Perugia – Gruppo Abele – Tavola rotonda “Strada facendo 2”

10. Rovigo – Liceo Socio pedagogico – Lezione “Il carcere e la partecipazione sociale”

11. Matera – CRVG Basilicata – Corso “Volontari in carcere”

12. EboliAmnesty International – Convegno “Carcere e lavoro, tra giustizia, diritti, opportunità e speranza”

13. Roma – Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia – “Conferenza stampa a Montecitorio sui problemi delle carceri”

 

 

[Sommario]

Ricordo del maestro Luigi Metterle

di Fulvianna Godino

 

Per oltre mezzo secolo ha irradiato entusiasmo e letizia francescana nell’Ordine Francescano Secolare polesano e veneto.

PREGHIERA ED AZIONE

E’ stato Luigi Mutterle a farmi conoscere il Centro Francescano di Ascolto; lo ha fatto col suo stile convincente, di poche parole: un sorriso accattivante che corrispondeva al “vieni e vedi” che Filippo rivolse a Natanaele (Gv. 1, 46).

Al martedì mattina, in Via Mure Soccorso 5, si riuniva un piccolo comitato di redazione per l’Angolo francescano Taunotizie del settimanale diocesano. Da anni vi collaborava Danira, venendo puntualmente da Adria, ed in tempo di vacanze, Francesca.

Si iniziava con la recita delle Lodi, che si concludevano con il Padre Nostro pregato per una intenzione particolare suggerita dall’attualità e tenendoci forte per mano.

Solo dopo aver rivolto il pensiero al Signore e chiesto il Suo aiuto, si mettevano gli altri a conoscenza dei propri articoli e delle notizie che erano arrivate dalle Fraternità locali.

Non ricordo che Gigi scrivesse qualcosa di suo: l’aveva fatto già per tanti anni! (come abbiamo trovato riordinando l’archivio dell’Ordine Francescano Secolare, nei locali della Sorella Maria Roccato in via Verdi). Ma ogni volta portava il suo contributo: articoli di riviste francescane o testi e preghiere proposti dalla Fraternità Regionale, o trafiletti su notizie francescane riportati su Avvenire che leggeva con attenzione ogni giorno, e al martedì, quando arrivavamo noi, aveva già diligentemente sfogliato.

Ogni tanto venivamo interrotti da uno squillo di telefono o da una scampanellata di chi cercava aiuto al Centro Francescano di Ascolto.

Allora ho capito il motivo del ritrovarsi in quella sede: il Maestro Mutterle, che poteva essere papà (o giovane nonno) di quei giovani francescani secolari, nel 1988, aveva appoggiato e forse sollecitato con entusiasmo giovanile, la proposta di Padre Giorgio Cavedale di mettere concretamente in pratica la Regola dell’OFS. 

San Francesco aveva previsto istruzioni pratiche per attuare l’evangelica forma di vita, ovvero un’indicazione precisa per avvicinarci al più grande Comandamento che Gesù è venuto a proporre: ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso.

Scorrendo la vita di Gigi Mutterle, balza evidente che aveva ben presenti tutti gli articoli della Regola, anzi li ha fatti suoi, senza retorica, e fino all’ultimo non ha mai trascurato neppure gli articoli che prevedono azione: è stato fedele al suo “volontariato” anche quando la sua amatissima moglie era malata, ma forse era lei – che sempre ne aveva condiviso nell’ombra il grande impegno ed amore all’OFS - a convincerlo che poteva continuare a privilegiarlo.

CENNI BIOGRAFICI

Luigi Mutterle era nato a Montegaldello (Vicenza) il 2 novembre 1921, ed è approdato, giovanissimo insegnante elementare, sulle sponde dell’Adige; la sua vita si è radicata nel Polesine, sebbene pendolare fra Boara Pisani (Padova) dove si è accasato con la straordinaria Maria ed hanno avuto i figli Maria Lodovica e Gianluigi, e Boara Polesine (Rovigo) dove è stato maestro di generazioni di alunni.

Ha pronunciato la sua Professione al Terz’Ordine Francescano l’11 febbraio 1955.

Ne aveva notato le eccezionali doti di testimone gioioso e convincente, l’allora Ministra del TOF (Terz’Ordine Francescano) della Diocesi di Adria-Rovigo, Agnese Bologna, meravigliosa colonna della Chiesa e dell’Ordine Francescano polesani.

Quasi subito lo volle suo collaboratore nell’intensa attività di animazione delle numerose Fraternità locali della Diocesi, una novantina, sorte in quasi tutte le parrocchie, per opera della capillare evangelizzazione dei Frati Cappuccini dei tre Conventi.

Per oltre 40 anni, Gigi si presentava - quasi ogni settimana - in una Fraternità, che vivificava con il suo sorriso accogliente, con le sue battute argute, sprizzante la gioia contagiosa del sentirsi figlio di Dio-Amore.

In tempo pre-conciliare, quando ancora la predicazione era piuttosto seria e compunta, Luigi affascinava e coinvolgeva, con semplici, chiare e convinte affermazioni da vero seguace di Francesco, giullare di Dio.

Nell’agosto 2004, la moglie Maria l’ha preceduto nell’eternità, e, malgrado le più affettuose e premurose attenzioni dei figli, in Gigi deve essere diventata forte la nostalgia del cielo, ed in silenzio, serenamente si è preparato, accettando la croce della salute sempre più invalidante.

La sera del 15 settembre 2005, è partito per la Fraternità celeste, lasciando nei moltissimi amici, fratelli e sorelle della grande famiglia francescana, un profondo senso di vuoto, mancando loro un preciso riferimento, e quasi un doloroso stupore, - benché lo si sapesse anziano ed in precarie condizioni -, perchè, anche dai più giovani, era ricordato attivo e “giovane”, proteso con ottimismo verso il futuro, perché sui giovani riponeva sempre grande fiducia, ritenendoli capaci di rendere migliore il mondo.

Significativa a tal proposito mi pare questa lettera:

Caro Gigi, chiudo gli occhi e ti sento vicino, vedo come in un film il nostro cammino di fede: i campiscuola, i pellegrinaggi, le visite alle Fraternità, le giornate di spiritualità, i momenti di preghiera, i giorni trascorsi insieme fatti di gesta importanti e di azioni preziose. I giovani hanno sempre occupato i nostri pensieri e la sofferenza di questi giorni è il pensare di essere privati della tua preziosa presenza, della tua amicizia, del tuo amore fraterno. Ma ecco che la voce dell’anima mi consola pensandoti vicino alla tua cara Maria e noi uniti nell’Eucaristia e nella preghiera. Dio ci attende tutti “oltre la porta”, ma dietro a quella porta c’è la vita che Gesù ci ha donato, morendo per tutti noi sulla croce. Pace e Bene.

Sorella Jolanda

TESTIMONIANZE

E’ una delle testimonianze per commemorarlo, apparse su l’Angolo TAU de La Settimana (e su riviste francescane), ma già alle sue esequie, nella chiesa della Madonna della Neve di Boara Pisani, si sono trovati numerosissimi gli amici, provenienti anche da lontano: sacerdoti, frati, consiglieri ed ex-dirigenti OFS della Regione Veneto/Friuli Venezia Giulia, e molti gli hanno rivolto tributi di affetto, stima, ammirazione e riconoscenza, anche in forma di preghiere.

La testimonianza di fede che Mutterle ha offerto attraverso la sua vita di cristiano e francescano, è stata evidenziata dall’omelia del Parroco don Roberto, che ha ricordato con grande efficacia il senso cristiano della vita che ci viene dalla contemplazione di Cristo morto e risorto e quindi ha delineato con chiarezza e puntualità il profilo spirituale del maestro Mutterle che ha vissuto il suo impegno battesimale con un coinvolgimento pieno nella vita della comunità cristiana di appartenenza.

La vita di Gigi è stata così intensamente attiva e ricca di valori, che ritengo più completo il profilo che ho l’incarico di scrivere (per “ricordarlo” all’Assemblea del Centro Francescano di Ascolto), se non mi affido solo a ricordi e sentimenti miei, tanto più che io ho conosciuto lui e l’Ordine Francescano Secolare “solo” una ventina di anni fa, quando già Mutterle, per circa 30 anni, si era donato alla testimonianza esplicita del Vangelo e del carisma francescano, con tutti i suoi talenti.

Attingo perciò a tutto ciò che è stato scritto di lui in occasione della sua partenza per la Vita Vera.

Amico fraterno lieto, ottimista, accogliente, disponibile.

In tutti gli interventi spicca il grande, vero e profondo sentimento di amicizia fraterna, ad es.: Rosa Faccin, già Ministra Regionale OFS Capp., intitolando il suo articolo sulla rivista TAU “Un francescano speciale”, ricorda: “Gigi entrò a far parte dell’allora Terz’Ordine Francescano più di 50 anni fa, rivestendo ben presto incarichi di servizio e di animazione, specialmente nella zona di Rovigo, dove era amato e stimato. Negli anni 80 fu eletto vice-ministro regionale e perciò per quasi 7 anni lavorammo insieme sempre in piena sintonia, legati da un profondo affetto fraterno.”

Danira: “Un grande affetto e stima reciproca ci ha sempre uniti, anche nei nostri dibattiti a volte calorosi. C’era sempre il desiderio di dare il meglio all’OFS, alla Chiesa, ai fratelli... Forse solo ora che ci hai lasciati, capisco quanto bene ci siamo voluti nel nome del Signore e di San Francesco.

Ed anche sincera gratitudine, sulla quale ho articolato il mio intervento.

Per la tua vita intensamente vissuta da coerente e gioioso cristiano e francescano, sei stato subito, e rimarrai sempre per me, figura esemplare da imitare, e questi sono alcuni motivi per dirti grazie:

· la letizia francescana, la serenità, la capacità di cogliere il lato positivo di eventi e di persone;

· l’accoglienza gioviale di chiunque, che subito si sentiva amato come fratello;

· l’aspetto di fraternità, cioè appartenenza ad una sola famiglia di figli di Dio, che hai colto nel francescanesimo ed hai trasmesso con tutto te stesso.

Appunto: l’amore e la dedizione incondizionati all’Ordine Francescano Secolare.

Sette anni fa, umilmente, mi hai passato il testimone del servizio alla Fraternità diocesana dell’OFS, che ho accettato sapendo di poter contare sulla tua illimitata disponibilità di aiuto e di insegnamento, fatto di pochissime parole, molti sorrisi incoraggianti e soprattutto esempio e preghiera.

Francesca: “Non hai risparmiate energie per servire l’OFS ai vari livelli d’incarico, locale e del Triveneto, mostrandoti Maestro di abnegazione e sacrificio per oltre 50 anni. Sei stato la roccia su cui fondare la nostra Fraternità “S. Elisabetta” e, perfetto seguace di S. Francesco, hai osservato la Regola completando in breve tempo, il tratto mancante al raggiungimento di Gesù. 

Attenzione verso le nuove generazioni:

* l’entusiasmo giovanile, mantenuto nonostante lo scorrere degli anni, che ti ha fatto schierare sempre dalla parte dei giovani che hai incoraggiati nelle scelte coraggiose, come il Centro Francescano di Ascolto.

Antonio: “…Sei stato Gigi un vulcano di idee e di iniziative. Legati da profonda, sincera amicizia, abbiamo percorso insieme, conforme gli insegnamenti del nostro Serafico Padre, molte vie dell’apostolato: l’OFS, la Settimana, Radio Kolbe, i campiscuola ragazzi a Posina, Cugnan. Hai incontrato e conosciuto tanta gente, presentandoti: sono Gigi…“Da mihi animas, cetera tolle (dammi anime, prendi il resto)”; da terziario francescano puro sangue, Tu questo motto lo hai realizzato in pieno...

Rosa: “ Cosa ricordo di lui in particolare? L’amore per i giovani: era il fratello maggiore che trasmetteva fiducia e spinta a non mollare.”

Francesca: “Hai amato immensamente la famiglia francescana e ho constatato il tuo prodigarti instancabile per i giovani della GIFRA, di cui hai avuto particolare cura, proprio quest’estate nel riordinare l’Archivio Diocesano dell’OFS.

MAESTRO

Francesca: “Caro Gigi, te ne sei andato in silenzio con discrezione, com’è nella tua natura. Sempre disponibile, sei stato Maestro a quanti ti hanno avvicinato, per quel tuo rapportarti concreto, deciso e di poche parole. A me hai insegnato a pregare come i francescani e mi hai coinvolto nelle tue attività con autorevolezza e dolcezza insieme, per cui non ho potuto sottrarmi al tuo desiderio di collaborazione nella rubrica “Taunotizie”. E’ stato bello incontrarti nel mio cammino e recitare le Lodi insieme al Centro Francescano di Ascolto, dove con gioia ci aspettavi. Abbiamo rafforzato un’amicizia fraterna tale che hai voluto consegnarmi il tuo libro di preghiere in segno di una eredità spirituale…Quanta commozione quando lo apro… Aggrappandoti alla Croce con silenziosa e paziente sofferenza, ci hai insegnato ad essere autentici imitatori di Cristo e ora come Francesco, puoi dirci di aver fatto generosamente la tua parte e che Cristo ci insegni a compiere la nostra. Caro Gigi, è ben poco quanto ho detto rispetto a quello che provo, ma tu mi sei stato maestro anche in questo.”

Il Maestro Mutterle ha insegnato come vivere evangelicamente non solo ai più giovani di lui.

Danira: “..solo ora c’è in me la percezione chiara di quanto sei stato importante per la mia crescita al servizio della Chiesa”.

Antonio: “Gigi, amico mio fraterno, oggi ho compreso di aver perduto il Maestro che fu per tanti anni guida e sostegno al nostro itinerare lungo il percorso della nostra esistenza…” - alto senso del  dovere che ti ha fatto continuare con puntualità il servizio al Centro Francescano di Ascolto e alla stesura dell’”Angolo” sul giornale, anche con diminuite forze, grazie alla premurosa disponibilità dei tuoi  figli.

Danira: “…Un lavoro costante instancabile che ci trascinava e non ammetteva ritardi e negligenze. Io che ho lavorato con te  come consigliera, collaboratrice alla stampa e segreteria, so quanto impegno e scrupolosità richiedevi ai tuoi collaboratori”.

EVANGELIZZATORE

Molti lo ricordano per il suo impegno per la diffusione della Parola di Dio attraverso i mezzi della comunicazione sociale:

La convinzione che la gioia di seguire il Vangelo deve essere comunicata a tutti ed in modi sempre nuovi, ti ha reso grande sostenitore dei mezzi di comunicazione cattolici, collaborando a La Settimana, anzi ideando la pagina fissa di formazione e informazione Angolo Francescano Taunotizie ed appoggiando fin dal suo nascere l’emittente Radio Kolbe.

Il direttore Mons. Bruno Cappato: “..iniziatore della rubrica “Angolo Francescano” sul settimanale diocesano La Settimana e vero co-fondatore di Radio Kolbe dove ha riversato sempre un impegno generoso e pieno di entusiasmo.”

Rosa: “ Ma l’impegno più grande e significativo, da lui voluto e sostenuto per anni, è stata la pubblicazione sul settimanale diocesano della rubrica Angolo francescano. La pagina del settimanale del 25 settembre 2005 l’ha scritta ancora Gigi con la penna di alcuni francescani che hanno voluto, attraverso le loro testimonianze, esprimere tutta la stima e l’affetto che li legava a lui”.

PRONTA ADESIONE ALLE NOVITA’

Danira lo ricorda artefice del rinnovamento OFS: “Caro Gigi,… negli anni 80, la Regola rinnovata ed approvata da Paolo VI, incitava tutto l’OFS a rinnovarsi. Te ne sei fatto propugnatore convinto ed instancabile. Con giovani Assistenti iniziammo e portammo avanti la formazione permanente che ancora continua. Abbiamo vissuto insieme con gioia le varie settimane di studio, preghiera, approfondimento: Asolo, Costabissara, Cugnan, ai campiscuola, al rinnovo dei Consigli regionali E al nostro Consiglio provinciale che sempre spronavi! Lo hai guidato per molti anni in tandem con Antonio, visitando e prendendoti cura delle fraternità una per una. E le energie profuse per la stampa e la Radio, il Centro Francescano di Ascolto …”.

Rosa ricorda due aspetti di Gigi aperto alle proposte del Concilio:

L’aver vissuto e proposto l’ecclesialità dell’OFS. “La Regola all’art. 6 ci ricorda: “Ispirati da S. Francesco e con lui chiamati a ricostruire la Chiesa, si impegnino a vivere in piena unione col Papa, i Vescovi e i sacerdoti, in un fiducioso e aperto dialogo di creatività apostolica”. L’indimenticabile Manuela Mattioli, al tempo Ministra internazionale, ci diceva: ”Ricordate che noi francescani secolari non siamo frati, facciamo parte della stessa famiglia, ma siamo di Cristo e della Chiesa”. Gigi aveva ben capito questo e perciò, come Ministro diocesano di Adria-Rovigo, si faceva premura di invitare ogni anno il Vescovo per un incontro con i terziari che volevano esprimergli deferenza e amore”. (Rosa)

Su questo punto, - è stato già detto - al funerale, il suo parroco ha evidenziato il solerte e puntuale impegno di Luigi Mutterle nella vita Pastorale e liturgica del suo paese.

...E QUASI PROFETA

La sua convinzione che si dovesse arrivare all’unità dell’OFS: “Negli anni 70, in un convegno regionale a Monteortone, Gigi affermò con convinzione: “I frati sono divisi, ma l’OFS (allora TOF) è uno e uno solo! Dobbiamo raggiungere questo obiettivo”. Era quello che il grande papa Giovanni Paolo II ebbe a dire nel dicembre 2004: “ricordate che l’OFS è uno e unico”. Mi conforta sapere che Gigi ha visto realizzarsi il sogno in cui costantemente aveva creduto.”(Rosa)

AMORE ALLA FAMIGLIA

Pur con i numerosi e vari impegni apostolici, Gigi non ha mai trascurato la sua famiglia, che è sempre stata in cima ai suoi pensieri e alle sue attenzioni, ed è rimasta saldamente unita dall’Amore, diventando parte integrante della Famiglia Francescana, per merito della meravigliosa consorte Maria, che assumeva come proprie le gioie, speranze, fatiche del marito, per rendere sempre più vivo l’OFS.

ARRIVEDERCI

Ora caro Gigi ti sei riunito alla tua Maria lassù nella luce e nella meritata pace: vegliate ed intercedete Grazie divine per i vostri figli e famigliari, ed anche per i fratelli e sorelle dell’OFS, perché siano sempre fedeli al carisma di Francesco, come sei stato tu maestro Luigi Mutterle! Grazie!

Danira: “E così te ne sei andato. Ci hai voluto precedere per attenderci. Resti nei nostri cuori e nei tanti ricordi specie di noi veterani che abbiamo percorso con te un lungo cammino…”.

Francesca: “Prega per i tuoi fratelli e sorelle francescani affinché, come te, anche noi possiamo arrivare alla Casa del Padre con ceste colme di opere buone.”

Antonio:La Provvidenza ha disposto che fosti tu il primo a salire verso le ignote vie del cielo. A mio conforto rimane la speranza che il Tuo colloquio con il Padre abbia avuto un riscontro positivo per l’assegnazione del posto acquisito dai meriti conseguiti durante la Tua vita terrena. Tu non ci sei più, ma nel cuore sei e sarai sempre presente.

Non ti dico addio, ma arrivederci e rimango in attesa del giorno in cui lo sguardo divino si poserà su di me, concedendomi la possibilità di incontrarti e insieme godere la Celeste Beatitudine”.

Rosa Faccin, già Ministra Regionale OFS Capp:“Ho sentito il dovere di ricordare un fratello carissimo e generoso, sicura di interpretare anche i sentimenti di profonda gratitudine di quanti, nella Regione lo hanno conosciuto ed apprezzato. Caro Gigi, ora prega per il nostro OFS che hai tanto amato.

 

 

[Sommario]

Il dono più grande

  di Christian Malanchin

 

Fin dal primo giorno che entri in carcere ti rendi conto di immergerti in un crogiuolo di umanità ferita, un insieme di mani tese, bisognose continuamente di qualcosa o di qualcuno, che ripongono in te, volontario, tante attese, sperano di aver trovato finalmente la persona giusta che si interessa dei loro problemi.

Le domande più ricorrenti sono sempre molto concrete: mi puoi trovare un lavoro? Mi aiuti ad ottenere l’affidamento? Cosa potrei fare per avere una casa?

Come volontario senti di doverti caricare di queste richieste, di prenderle sul serio e allora ti attivi cercando strade, piste che pensi nuove, che qualcuno non ha mai battuto. Ma ti scontri subito con tante resistenze e ti accorgi che solo una minima parte di quelle richieste possono trovare reale esaudimento, ti prende uno sconforto perché sembra che in fondo il tuo servizio sia stato come un semino che si disperde nel vento.

Né ti consola il pensiero che qualcosa hai comunque offerto: ascolto, vicinanza, compagnia a persone che hanno come male cronico la solitudine. A ben vedere infatti anche quel sollievo che puoi aver recato è un granello di sabbia: un’ora, due alla settimana, sempre che il rapporto riesca ad essere costante, terminate le quali devi andartene con un’amarezza che ti assale, quasi uno strano senso di colpa perché comunque quel detenuto continuerà  a rimanere lì, dietro le sbarre, forse ancora più solo di prima, perché si è appena illuso di avere qualcuno a fianco al quale importa qualcosa di lui, ma sa che non ti rivedrà più fino alla settimana prossima, o anche oltre. Vorresti fargli capire che condividi la sua sofferenza, il suo dolore fino in fondo, ma in realtà non potrai mai farlo perché la tua condizione è ben diversa dalla sua . Dovresti vivere lì al suo fianco, immergerti fino in fondo nella disperazione dei suoi giorni ed invece te ne devi ritornare alle tue occupazioni

Più passano gli anni di servizio e più ti convinci che il tuo servizio è stato forse in molti casi un  fallimento.

In questi anni però mi è stata di grande conforto la Parola di Dio che, con la sua potenza straordinaria è riuscita a rimotivarmi mostrandomi un’altra prospettiva di aiuto nella quale potevo e dovevo inserirmi.

Negli atti degli apostoli si racconta che un giorno Pietro e Giovanni stavano salendo al tempio per la preghiera, verso le tre del pomeriggio. Lì alla porta del tempio trovarono uno storpio che chiedeva l’elemosina a coloro che vi entravano. Ad un certo punto costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare, domandò loro l’elemosina. Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: “Guarda verso di noi” ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro rispose: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina!” e, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava, tanto che riuscì ad entrare con loro nel tempio camminando e lodando Dio.

Mi sono chiesto: Cosa significano le parole di Pietro “quello che ho te lo do?” Pietro non aveva proprio nulla da offrire, nessun aiuto materiale era possibile, né era medico per poterlo guarire dal suo male che si portava dietro da così tanti anni. A Pietro, fattosi povero tra i poveri per seguire Gesù, restava una sola ricchezza: la fede. Pietro era ben consapevole di avere dentro di sé un qualcosa di apparentemente debole ma che aveva potenzialità dirompenti. Se quella fede, che aveva ricevuto per dono di Dio, l’avesse tenuta per sé, sarebbe stata come un seme che non viene piantato e a lungo andare, prima o poi marcisce. Se però quel seme lo pianti nel terreno dell’umanità, genera vita e vita in abbondanza. Fare dono della tua fede agli altri rivoluziona la loro vita e crea effetti così straordinari che non sono neanche più sotto il tuo controllo ma vanno ben al di là della tua immaginazione. Nella Bibbia, tutte le paralisi fisiche sono semplicemente un segno di una condizione di paralisi interiore, in cui si trova chi vive angosciato nelle tenebre, privo di una speranza vera, abbandonato all’ombra di un destino di morte che annulla ogni valore all’esistenza umana. La fede con cui Pietro contagia lo storpio produce una meraviglia anche agli occhi dell’apostolo, la sorpresa di vedere che quella fede può rinvigorire chi sembra oppresso in maniera irrimediabile e farlo balzare con l’entusiasmo di chi scopre che la propria vita è cambiata radicalmente ed ha ritrovato un senso profondo.

Tutto questo sprona a prodigarsi smisuratamente per offrire ogni sollievo materiale ai nostri fratelli detenuti, nella consapevolezza però che il dono più urgente è quello della fede, l’unico stabile, duraturo, che resiste anche quando noi non potremo più essere lì accanto a loro, che agisce indipendentemente dalle nostre piccole e breve azioni e può far rifiorire la vita di una persona.

Azzardo una similitudine che sono convinto mi costerà qualche critica perché può essere fraintesa: l’unico antidoto alla noia e al senso di inutilità che si percepisce nei confronti del tempo da trascorrere in carcere è quello di volgere questo negativo in un xairos, trasfigurando quel luogo di incomprensibile sofferenza, in una sorta di luogo di ritiro interiore, in cui trovare l’opportunità per guardarsi dentro, fare verità nella propria vita, preparare uno spazio ad una Presenza di Dio che è l’unica a poterti riempire sul serio, che può asciugarti ogni lacrima, che può dare un senso anche all’ora della prova.