ANNO 2005

SOMMARIO anno 2005

  1. Con più autorevolezza e… dolore nel cuore (Livio Ferrari)
  2. In memoria di fra Giorgio Cavedale (Nicoletta Piffer)
  3. Appunti di viaggio (Marta Muraro)
  4. L’altra parte della “Luna” (Alessandro Sovera)
  5. La luna e le sue figlie (Irene Rigobello)
  6. Assisi, un ricordo sempre vivo (Fulvianna Godino)
  7. Sempre in ascolto (Fabio Furini)
  8. Nel 2004, sulle strade della solidarietà
  9. La follia del volontario cristiano (Christian Malanchin)

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Con più autorevolezza e... dolore nel cuore

di Livio Ferrari

 

Nel dover raccontare dell’anno appena trascorso, tutto passa in secondo piano rispetto allo sgomento e al dolore per la scomparsa di padre Giorgio Cavedale. Un cammino, quello di questa associazione, che dura da oltre sedici anni e che è stato trapuntato dalla presenza e dal contributo di questo amico frate.

Dodici mesi che sono serviti a delineare e definire nella concretezza il “Progetto Luna” con la presa in carico di diverse ragazze, seguite in un percorso di inserimento e radicamento nel territorio. Sono pure stati stretti legami con altre organizzazioni impegnate in questo ambito, inserendosi in una rete che permette di aumentare l’efficacia e la possibilità di riuscita degli interventi. Contemporaneamente i volontari hanno pure concluso l’attività del “Progetto Venere”, fatto in collaborazione con il Comune di Rovigo, che ha prodotto un report conclusivo sullo stato dell’opera del fenomeno prostituzione nel capoluogo polesano. Nel corso del nuovo anno si produrrà, a corredo, una ricerca che evidenzi i contorni e indichi i dati per il resto del territorio provinciale attraverso il progetto “Lucytantibaci”, finanziato dal Csv e dalla Provincia di Rovigo.

Dopo cinque anni di vita dello “Sportello Giustizia”, un servizio di consulenza, informazione e promozione verso le associazioni di volontariato presenti nella regione del Veneto, possiamo ben dire, a conclusione di quest’ultimo, che ha ottenuto una visibilità e riconoscimento mai avuti sinora, sia nella nostra regione che a livello nazionale, dove la sua specificità viene riconosciuta ed apprezzata. La presenza di Marta Muraro, volontaria di questa associazione, con una relazione al Convegno nazionale dell’Isfol tenutosi a Roma il 17 dicembre scorso, chiamata a presentare la realtà dello “sportello” unica nel suo genere nel panorama nazionale, è stato l’ultimo tassello di un’attività iniziata nel 2004 in tarda primavera (causa il rinnovo della convenzione) e portata avanti con forza ed impegno per dare un ulteriore impulso ad un settore del volontariato più ostico da promuovere rispetto ad altri. Lo sportello è in fondo un’occasione per confrontarsi sull’efficacia del messaggio della promozione del volontariato giustizia e sulla necessità di alimentare questa esperienza che è segno di civiltà e può far crescere i nostri territori e aiutare un miglioramento della qualità della vita degli stessi. Venerdì 26 novembre, presso la Casa Toniolo di Treviso, si è tenuto l’annuale convegno regionale dello sportello dal titolo “Adolescenza e detenzione” che ha vista una buona partecipazione di pubblico, un buon riflesso dell’iniziativa sulla stampa e negli organi di informazione, nonché la promozione di percorsi possibili tra reclusione e reinserimento e la richiesta della chiusura della struttura minorile di Treviso in quanto non in grado di garantire il rispetto della dignità dei ragazzi rinchiusi. Lo scorso 10 dicembre a Genova è stata presentata la “Guida per orientarsi nella vita in carcere e oltre” realizzata dalla Conferenza Regionale Volontariato Giustizia della Liguria, finanziata dalla Regione Liguria, che riprende, aggiornata e adattata “La guida per i detenuti” prodotta nel 2001 da questo Sportello Giustizia, volume che è stato adottato anche in altre regioni. Considerato che pubblicazioni di questo tipo nel nostro Paese nel sono state prodotte diverse, vedere che la nostra guida ottiene tutto questo gradimento a livello nazionale è un elemento di soddisfazione per il lavoro sinora fatto.

Il servizio rivolto alle persone detenute della Casa Circondariale di Rovigo è continuato attraverso l’opera di sei volontari, tre al maschile e tre al femminile, e con non poche difficoltà determinate dall’attuale contingente situazione che sta vivendo l’istituzione carceraria, alle prese con carenze di organico e sovraffollamento. Tanto che da oltre un anno e mezzo non si riesce a far uscire in art. 21 (uscita al mattino e rientro la sera per attività di lavoro) nessun detenuto e il progetto di formazione al lavoro annovera solo soggetti che andiamo a “raccattare” in detenzione domiciliare o già in affidamento.

Importante ed efficace è stato anche lo sforzo prodotto per aiutare persone che provengono da un’esperienza detentiva a ritrovare un lavoro, nodo fondamentale per creare i veri presupposti per un reinserimento sociale.

La nostra associazione ha assunto ancora di più il ruolo di punto di riferimento locale, regionale e talvolta anche nazionale per quanto riguarda il settore carcere e giustizia. Sono sempre molte le richieste di aiuto che provengono da carceri del resto d’Italia e qualcuna anche dall’estero. L’esperienza acquisita in questi anni e i consolidati rapporti con gli organismi appartenenti alla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia sono risorse preziose nella ricerca di una risposta a tutte queste vite in difficoltà, a questi drammi dell’esistenza umana con i quali ci incontriamo.

I volontari nuovi che sono approdati al Centro si sono via via inseriti e costituiscono ormai anche loro un tassello importante nel puzzle delle attività che si stanno sviluppando. E’ da evidenziare come siano rimasti in servizio solo tre dei sei fondatori, e solo altri due volontari hanno una presenza che risale più o meno all’inizio della storia dell’Associazione. Questo sta ad indicare che negli anni si è prodotto un continuo ricambio, considerato che sono transitati per il Centro oltre trecento volontari, e questo è sicuramente un aspetto positivo, visto che l’impegno nell’azione volontaria è per la maggior parte delle persone solo “un transito”, cioè un periodo circoscritto nel tempo. Pensiamo sono quasi settemila i rappresentanti (dalla rilevazione 2003 sui volontari in carcere) di una società civile che crede ancora nella persona, nel suo ravvedimento, nel cambiamento, nella dignità che ogni essere umano può conquistarsi e che nessuna legge o atteggiamento vendicativo può toglierli. Un volontariato, pensiamo a quello del carcere, che ancora oggi però deve fare i conti con la impossibilità di accedere in diversi istituti a causa della chiusura di certe direzioni che non vogliono accettare presenze “senza divisa”. Succede poi in certe carceri che nel mese di agosto vengano completamente cassate le attività trattamentali prodotte dall’esterno, lasciando i reclusi ancora più soli proprio nel periodo dell’anno maggiormente a rischio, con la scusante della riduzione della vigilanza a causa delle ferie degli agenti e perciò agitando lo spettro della sicurezza.

Questa massiccia presenza della comunità esterna, comunque, finora non è servita a modificare il negativo dell’esistente, perché dopo le numerose denunce che il volontariato in quest’ultimo decennio ha suo malgrado dovuto fare, tutto è restato uguale a prima, e di fronte a ciò grande è il senso di impotenza e delusione nel dover assistere al perpetrarsi quotidiano dell’atteggiamento vendicativo che il carcere esprime come tassello “ultimo” di una società che è contrassegnata quotidianamente da involuzioni sociali e politiche. L’ingenuità di fondo che permea il mondo del volontariato fondamentalmente rimane un ostacolo alla coscienza della contrapposizione, in quanto dovrebbe essere eloquentemente evidente che per produrre effetti migliorativi all’attuale situazione ci si deve porre socialmente contro. Cioè essere consapevoli di muoverci a difesa di soggetti che sono al massimo tollerati e che in ogni caso danno fastidio. E’ impensabile continuare a cercare un falso dialogo, ad accettare le briciole che cadono dalle tavole dei politici e dei “paperoni” di turno, che d’estate inflazionano le pagine dei rotocalchi, immortalati su sfavillanti natanti davanti a spiagge dorate. Cosa può interessare loro della marginalità sociale, degli immigrati, dei tossicodipendenti, delle persone distrutte dall’usura, di chi scivola giorno dopo giorno nella china dell’emarginazione, del bisogno, della disperazione insomma dei “brutti, sporchi e cattivi”, solamente che non diano fastidio, che non creino problemi tali da incrinare il consenso elettorale, perché in questi casi la solerzia a dare risposte è forte e puntuale.

Gli interventi contro l’esclusione sociale e le politiche di welfare sono necessariamente da rivedere, come è da ripensarsi tutti nei propri ruoli e nei rapporti con le istituzioni e lo Stato, ancorati come sono ancora a modelli oramai superati, da una storia che ogni giorno corre veloce e alla quale solo il carcere continua a rimanere uguale a se stesso.

In questo processo il volontariato della giustizia può contribuire ad alimentare scelte fondamentali, considerata l’esperienza acquisita e la disponibilità dimostrata, ma per farlo deve uscire dall’idea che tutto si esaurisca solo nell’azione concreta di solidarietà, dal questo microcosmo dell’intervento diretto, per diventare sempre e ancora di più un riconoscibile e coeso soggetto politico. E’ necessario che faccia sentire la propria voce non in modo episodico ma comunicando quotidianamente, attraverso delle reti consolidate ormai da tempo, nel suo impegno volto a difendere i diritti dei più deboli, con una presenza assidua e costante nei luoghi dove si prendono le decisioni, dove si distribuiscono le risorse e si privilegiano certi interventi rispetto ad altri, senza continuare a demandare o peggio delegare questo alla partitocrazia rovinosa dell’Italia del nuovo millennio, di cui stiamo facendo purtroppo triste e deleteria esperienza!

 

 

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In memoria di fra Giorgio Cavedale

di Nicoletta Piffer

 

Sabato 28 agosto 2004, Sant’Agostino, è tornato al Padre fra Giorgio Cavedale, 48 di Sant’Andrat di Talmassons (UD).  Un frate, un amico, un porto sicuro, un compagno di vita generoso e forte.

Padre Giorgio era arrivato a Rovigo nel settembre del 1984 ed ha cambiato le vite di quelle persone che si ritrovavano settimanalmente a pregare presso il convento dei frati Cappuccini. Da lì è poi nata la gioventù francescana, in precedenza inesistente nel nostro territorio. Ci ha aperto alla vista di un mondo nuovo, ci ha mostrato la vigna da coltivare e ci ha dato i mezzi per poterlo fare.

Di tutti i suoi pregi e carismi, la sua forza è stata l’accoglienza, la generosità senza limiti, nel rispetto di ognuno, aiutandoci a camminare. Siamo cresciuti tanto e in tanti attraverso di lui, nella fede, nella speranza di costruire un mondo migliore e poter essere prossimo per chi incontravamo.

In questi anni aveva vissuto altre esperienze che lo avevano portato, tra l’altro, a Gerusalemme, a Lendinara e poi a Gorizia, e di ognuna sapeva far tesoro e comunicare il positivo del suo vissuto.

Ha creduto tanto nel Terz’ordine, anche nei momenti faticosi della prova, quando era più difficile farlo! Ha seminato amore in tutti quei luoghi dove è passato, donando tutto sè stesso senza riserve.

Ringraziamo il Signore Gesù di avercelo messo accanto come fratello e compagno di strada, ci impegneremo nel continuare a coltivare ciò che lui ha seminato in noi, perchè gli innumerevoli doni che ci ha fatto a nostra volta sappiamo donarli e continuare a percorrere quella strada che in questi ultimi vent’anni abbiamo fatto con Giorgio.

 

 

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Appunti di viaggio

  di Marta Muraro

 

Giovedì 21 ottobre 2004, ore 07.30: partenza!! Ho una valigia in mano, sono un po’ assonnata ed infreddolita dalle prime giornate a basse temperature di Rovigo ma…con lo spirito felice perché sto andando in vacanza.

Ore 11.30 circa: arrivo!! La temperatura è decisamente diversa, un sole splendido illumina e riscalda e così la mia idea di essere in vacanza aumenta. Dimenticavo sono arrivata a Roma. Non ho molto tempo per stare ad ammirarla devo fuggire in albergo per il deposito bagagli e poi devo correre a Rebibbia! In questi giorni si terrà la “III Assemblea Nazionale del Volontariato Giustizia” dal titolo “Giustizia, diritti, solidarietà e gratuità nel nostro tempo”, inizia oggi con tema “Giustizia e diritti in carcere”, e quale miglior luogo dunque per dare l’avvio ai lavori che il carcere…

Arrivo e trovo una gran quantità di gente, molti di questi sono giovani,  proprio un bel vedere. Con molta pazienza e cortesia siamo stati accompagnati in teatro. Molte persone sono intervenute ma credo che la maggior parte dei presenti sia stata colpita da Ivana Monti che con la sua grande passione ed energia ci ha raccontato e recitato Hikmet, poeta turco, che emozione.. Poi la serata si è conclusa con un concerto di Niccolò Fabi accompagnato da un gruppo musicale composto da detenuti “I presi per caso”. Esco alla fine della serata ancora frastornata da tanta emozione di questa prima giornata della mia vacanza un po’ speciale.

Venerdì 22 ottobre 2004 - Seconda giornata “Giustizia e solidarietà del nostro tempo”. Il luogo di incontro previsto non è quello di ieri ma un teatro, la Sala Umberto a due passi dal Parlamento. All’ingresso trovo un po’ di confusione, una coda di gente non ben ordinata che attende la registrazione (per la presenza). Niente a che vedere alle ordinate file dei cugini francesi! Sono stata da poco oltr’Alpe! Nell’attesa non posso fare a meno di ascoltare i discorsi dei miei vicini, che sono ancora tutti emozionati dalla performance di Ivana come viene amichevolmente chiamata.

Al centro del dibattito c’è la giustizia intesa in senso lato, comprensiva di tutte le sue molteplici facce. Voci diverse ne hanno raccontato le varie realtà. Anita Morhard della rete europea della lotta alla povertà ed esclusione sociale, il presidente di “Un ponte per..” Fabio Alberti  ancora provato dalla recente esperienza del sequestro delle loro volontarie, il quale lancia un messaggio di aiuto alle organizzazioni presenti per la loro esperienza e l’emergenza carcere in Iraq. Poi è intervenuto il presidente della sezione italiana di Amnesty internetional Marco Bertotto, ricordando che ancora oggi nella nostra società per cosi dire evoluta ci sono molti Paesi, per la precisione 180, in cui la tortura è praticata. E negli altri che si fa? In Italia non c’è ancora una norma che regolamenti questo reato nonostante i vari tentativi di alcuni disegni di legge. Poi è la volta di don Luigi Ciotti, ascoltarlo è sempre un piacere e riesce ogni volta a richiamare la nostra attenzione. “Educare al positivo a cominciare dal nostro ambiente che ne abbiamo un gran bisogno”, ha cominciato così e con l’augurio di essere analfabeti. Beh! Non è proprio una cosa piacevole, ma poi ha precisato,” non impoveritevi, continuate ad essere curiosi ad aver voglia di informarvi e ad alimentare continuamente le nostre emozioni”. “ I fatti richiedono coerenza, la partecipazione democrazia” è una frase che diceva Tonino Bello vescovo di Puglia….. Ovviamente,come accade per tutte le cose, si può essere d’accordo o meno ma è indubbio che faccia riflettere.

Buona parte del pomeriggio è stata dedicata alle relazioni delle diciotto conferenze regionali, che hanno presentato i loro progetti e i progressi fatti nel corso di questo anno, e gli interventi delle nove organizzazioni nazionali che aderiscono alla Conferenza.

Sabato 23 ottobre 2004 - Tema della terza giornata “Giustizia e gratuità del futuro”. Giornata conclusiva della assemblea e ultimi interventi, tra questi, mi ha colpito Luciano Eusebi, docente di diritto penale all’Università Cattolica. Mi ha colpito perché è riuscito a fare un intervento sulla giustizia a tutto tondo. “Agire secondo giustizia”. “Fare progettazione positiva, che significa rispondere al male con il bene cioè il “perdono” e alimentare la prevenzione, ovvero cercare un’adesione per convincimento legato all’autorevolezza del messaggio normativo. Nulla rafforza di più che un recupero. Ha forza destabilizzante”. Fine!!! Si è conclusa l’assemblea e ora ritorno a casa sempre con la mia valigia in mano. Ma ho la sensazione di portarmi dietro qualcosa di più. Tante idee che sono entrate nella mia testa e tante occasioni per riflettere con calma su ciò che è stato detto. Conoscendomi è molto probabile che tutte queste informazioni entreranno nel cassetto dei ricordi pronte ad essere usate nel momento opportuno…spero. Però vorrei non dimenticare una cosa che è passata…la voglia di aprire la nostra mente e il nostro cuore sempre. Ovviamente ogni persona resta colpita da qualcosa, da qualche frase, diversa da quella degli altri però. Auguro a tutti di avere delle occasioni di questo tipo, ma soprattutto un buon rinnovo di motivazioni a tutti.

 

 

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L’altra parte della “Luna”

di  Alessandro Sovera

 

A dodici mesi circa dall’avvio concreto del “Progetto Luna” possiamo guardare con soddisfazione la nostra creatura: nove mesi, d’altronde, non rappresentano metaforicamente un lasso di tempo insignificante. Vedere il progetto crescere, ottenere risposte, farsi conoscere, studiare modelli di intervento, aiutare e farsi allo stesso tempo aiutare dalle persone a cui ci si rivolge: sono tutte sfide la cui portata, nel dar vita a un’idea, si può comprendere pienamente solo giorno per giorno. Ciononostante, credere di poter acquisire capacità e competenza nell’aiutare gli altri è un processo quasi sempre illusorio, e votato all’insuccesso completo, qualora ce se ne arroghi il diritto ad honorem in funzione del solo fatto di avervi dedicato impegno e preparazione: nemmeno l’esperienza, per quanto lunga, può conferire titoli. Il rivendicare particolari abilità nel saper soccorrere chi chiede aiuto ci porrebbe infatti su un piano di tacita superiorità nei suoi confronti, per quanto se ne sia inconsapevoli, o meglio per quanto convenga ritenersi tali. Se dovessi un giorno trovarmi nelle condizioni di vita di alcune persone che incontro nella mia attività, e in risposta alla mia richiesta di aiuto avessi la sensazione di ottenere una bella dose di comprensione calata dall’alto con fare paternalistico, non farei altro che sorridere e sfruttare pragmaticamente il più possibile chi crede di fare del bene per me, e a fondamento di questo atteggiamento potrei rivendicare un’etica anche migliore di quella che adotta chi mi sta davanti. Perché? E’ molto semplice: l’istinto di sopravvivenza dell’uomo è sempre predominante, e le nostre azioni tendono inevitabilmente a preservare noi stessi, non importa a scapito di cosa o chi. Una mano tesa per sentirsi migliori, per ripulirsi una coscienza sporcata da una vita da uomo occidentale, i cui privilegi e la posizione dominante nel mondo sono figli di una tirannia dei pochi sui molti, avvolta in una spirale che elargisce di più a chi ha di più, altro non è che una mano tesa in primis a noi stessi. Cosa resta, allora? Resta solo la consapevolezza di questo, e la sincerità che ne consegue. Quando  porgiamo la mano a qualcuno, non lo aiutammo più di quanto lui aiuti noi lasciandosela prendere: anche se questo non sembra sempre applicabile ai singoli casi o ai singoli rapporti che viviamo, nell’arco di un’esistenza sono convinto che il bilancio va sempre in pareggio. Neanche un anno di lavoro, per il “Progetto Luna”. Le difficoltà non poche, le soddisfazioni tante. Piegare l’ignoranza o l’indifferenza verso realtà che si preferisce fingere non esistano, “per il bene di tutti”, è più difficile che non continuare a concentrarsi su problemi già assodati. Noi continuiamo a fare quello che possiamo, ma il vero percorso è un altro, per non ricadere nell’errore: imparare a non rivendicare nessuna competenza, nessuna autorità. Se si riesce a prendere atto delle proprie debolezze, forse si può lavorare meglio, in una società sempre più presuntuosa e nutrita dalle maschere che indossiamo. Prima ancora di criticare le manifestazioni di potere, le scelte istituzionali, il pregiudizio e l’intolleranza altrui, è indispensabile mettere in discussione le proiezioni di tutte queste dinamiche presenti in noi. Perché lo sono in tutti, nessuno escluso, sia pure in forme diverse, e combattere contro se stessi costa molto, più caro che combattere contro gli altri. D’altronde tutti percepiamo quanto vuote e parolaie suonino le dichiarazioni di intenti, e peggio ancora le regole formalizzate, quando non siano lo specchio di un cambiamento effettivo avvenuto a livello sociale. E la società parte da un insieme di singole persone in rapporto reciproco. Nell’epoca dei tempi stretti, delle comunicazioni di massa, della spersonalizzazione dell’individuo, che viene sempre più associato collettivamente a immagini precostituite per comodità, la società assomiglia sempre più ad un mostro che vive di vita propria senza il nostro controllo. La riappropriazione di quello che di essa spetta a tutti noi passa attraverso una critica in parallelo, capace di coinvolgere anche i genitori di questa figlia ribelle, e il loro dissociamento dai motivi per cui hanno deciso, forse, di generarla. E la cosa peggiore è che spesso, invece di ridiscutere il rapporto, si sceglie uno stato di cieca sudditanza nei confronti di qualcosa che parte sì dall’individuo, ma per asservirsi ad esso e non per soggiogarlo. Sia ben chiaro, ancora per non cadere palesemente in errore: prendere atto di tutto ciò, a parole, è solo  un inizio. Perché questo, nel bene e nel male, riguarda anzitutto me stesso.

 

 

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La luna e le sue figlie

di  Irene Rigobello

 

“Luna”, ormai, è presente nel Centro Francescano di Ascolto da circa un anno, e adesso le persone per le quali questo servizio è nato hanno dei nomi e dei volti. In questi mesi di attività non sempre l’interazione  tra le “figlie” della luna e noi volontari è stata facile, e non solo per le difficoltà linguistiche, in fin dei conti ognuno è fatto a suo modo: loro sono caotiche, dolci, aggressive, e noi impazienti di risolvere i loro problemi, precisi e ansiosi di progettare un nuovo futuro per loro. E’ solo incontrandosi  che si capisce che cos’è l’Ascolto, solo “toccandosi”, sorridendosi, guardandosi negli occhi e parlandosi si capisce che cos’è l’Ascolto. Non è più un concetto lontano, astratto, un atteggiamento vuoto, ma diventa azione, emozione concreta, fisica, viva. In questi dodici mesi abbiamo avuto delle valorose e generose compagne di viaggio: le operatrici dell’associazione Centro Donna Giustizia di Ferrara. E’ con loro che abbiamo fatto la nostra prima esperienza in strada. E’ con loro che abbiamo visto quanta inutile burocrazia è necessaria per una persona che vuole rimettersi in gioco, o quante regole bisogna seguire per avere una visita medica, ed è a loro che per questo e per tanto altro va il nostro grazie.  Incontrare le ragazze direttamente sulla strada è stato intenso e importante; le loro vite scorrono sulla strada, e sotto un cielo che non sempre è illuminato dalla luna. Il desiderio di strappare quelle ragazze dalla strada è stato forte, ma impossibile da attuare perché paradossalmente ingiusto! No, non si può irrompere  nella loro vita ancora una volta, imporre loro un nuovo futuro strappando quelle ultime briciole di stabilità che  si sono costruite nonostante il lavoro in strada, non si può violentare il loro cuore ancora, no!  E’ solo usando il linguaggio della generosità e della dolcezza, un linguaggio che le “figlie della luna” hanno sentito poche volte  con le persone con cui hanno avuto a che fare, ma che rapidamente imparano a far proprio. E’sufficiente offrire un succo di frutta per trasmettere un messaggio semplice, ma nuovo per loro, perché è un’offerta di gratuità: “Tieni, non voglio niente in cambio, prendi il mio numero e se vuoi chiama, ma solo se scegli di farlo”. E’ semplicemente un’opportunità da scegliere, si offre un’occasione assolutamente e completamente libera: nulla deve essere imposto, per una volta, alle figlie della luna! Nonostante ciò, non è facile accettare che una figlia della luna non chiami, ma si deve fare, perché si deve rispettare la sua volontà, e non ci si deve abbattere, si deve passare al supermercato a prendere tanti nuovi succhi di frutta  e barrette di cioccolato di frutta e riprendere la strada sotto la luna.

 

 

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Assisi, un ricordo sempre vivo

di Fulvianna Godino

 

Oggi molti giovani che non vogliono essere ingoiati dal vuoto di valori, suggerito dall’attuale società consumistica, si inseriscono nel volontariato dove operano con generosità ed entusiasmo. Lo ha fatto anche, nel 1988, un gruppo di giovani della Gioventù Francescana del Polesine, che, guidati dall’Assistente di allora padre Giorgio Cavedale, avevano scoperto che non si può dire di amare Dio, se non si amano gratuitamente i fratelli, come insegna S. Francesco. Così avevano deciso di chiamare questa disponibilità all’ascolto dei disagi, Centro Francescano di Ascolto, che in questi anni ha spaziato in varie forme di attenzione, e si è fatto conoscere in tutta Italia, anche e non solo attraverso una sintetica presentazione sul Calendario di Frate Sole del 2001. In questi anni ci sono stati molti avvicendamenti: tanti di quei primi volontari hanno dovuto ritirarsi dal loro impegno attivo, per motivi di famiglia e di lavoro, molti altri però sono arrivati a sostituirli nelle varie attività. Pochissimi dei “nuovi” provengono da una formazione francescana, sebbene i fondatori, in particolare Livio Ferrari (che è sempre strenuamente sulla breccia), abbiano cercato di ricordare il carisma francescano attraverso alcune iniziative, come un periodico incontro di spiritualità, per il quale però era sempre più difficile trovare un orario che permettesse una larga partecipazione. Ci voleva qualcosa di straordinario: da qualche tempo si stava cercando di organizzare un tuffo nell’atmosfera intensamente francescana di Assisi, per riscoprire il significato del servizio, sull’esempio di S. Francesco. Nel giugno di quest’anno finalmente si è potuto raccogliere una buona adesione…e siamo partiti, non prevedendo quanto l’esperienza ci avrebbe arricchito. Già è particolare la natura: meravigliosi i panorami attorno al monte Subasio, con tutte le varietà di verde dei boschi e dei prati, con le macchie gialle delle ginestre in fiore: non è difficile intuire perché in Umbria ci sono stati e ci sono tanti santi mistici. Quelli trascorsi nei luoghi francescani sono stati giorni molto intensi, durante i quali si sono alternati momenti forti di preghiera, riflessione, silenzio contemplativo, con esperienze particolari negli incontri con persone ed ambienti – diversi fra loro –, ma tutti ci hanno trasmesso gioia e pace. Alla base della piena soddisfazione per la bella gita, c’è l’aspetto della condivisione, amicizia e fraternità fra noi, che eravamo di età, esperienze di vita, formazione religiosa differenti; fra noi che soprattutto avevamo avuto pochissime occasioni per incontrarci. C’erano alcuni di quei francescani secolari che da quasi 20 anni continuano questa missione, sorretti dalla Fede, dalla certezza che è Dio che agisce e li conduce ad operare secondo i Suoi progetti. E ce n’erano altri arrivati di recente, che hanno accettato di venire ad Assisi ad attingere da Francesco la forza per vedere Cristo nei fratelli più emarginati dalla società, senza scoraggiarsi dei frequenti insuccessi.

Del gruppo faceva parte anche una giovane coppia col piccolo simpaticissimo Nicolaj, che ci rallegrava con le sue grida di gioia, specie con la musica della chitarra di papà e che alla fine tutti l’abbiamo adottato come nipote (o zii o nonni). A questo gruppo eterogeneo sono bastate poche ore per sentirsi famiglia e tutti con lo stesso desiderio di scoprire il segreto del fascino di S. Francesco. In breve, siamo riusciti a “staccare” dalle preoccupazioni del quotidiano, immergendoci nei luoghi in cui Francesco e Chiara sono vissuti e ne sentivamo la presenza, dopo otto secoli! Livio aveva preparato le tracce per la riflessione, prendendole da testi di Carlo Carretto, Charles de Faucauld, l’Abbé Pierre, etc. Assistente spirituale era fra’ Olindo, Cappuccino, corresponsabile della Cooperativa Olivotti che ha diverse comunità di recupero, tra le quali a Mira e a Pagnano d’Asolo. Ogni giorno Liturgia delle Ore e celebrazione Eucaristica venivano assaporate senza fretta, perché l’azione dello Spirito penetrasse più in profondità. I vari luoghi francescani, benché molto frequentati da gente di ogni razza, contribuivano al raccoglimento e alla meditazione. Chiudevamo le giornate, scambiandoci le nostre riflessioni, e concludevamo ringraziando il Signore attraverso la recita di Compieta, accompagnati dalla chitarra di Fabio, che accresceva l’atmosfera festosa, determinata dal stare facendo esperienza della gioia dell’amicizia. Abbiamo trascorso la prima mattina quasi interamente davanti al Crocifisso di S. Damiano, inesauribile di spunti di riflessione e contemplazione sull’abisso d’Amore di Dio Padre. Quel Gesù che mi guarda Vivo, Risorto, Glorioso, ma appeso ed inchiodato ad una Croce, mi ricorda che è passato attraverso la morte dolorosissima ed ignominiosa, per portare anche noi alla risurrezione, alla vita eterna e alla gloria dei cieli. Padre Olindo, al termine di ogni Messa, ci invitava: “andate in pace, portate la pace” e mi veniva sempre più spontaneo interrogarmi come meglio avrei potuto concretizzare quell’invito. Suppongo che ognuno andasse col pensiero al suo settore di volontariato: fra i carcerati, le loro famiglie e gli ex detenuti emarginati, fra gli anziani e malati, fra le giovani sfruttate…Le visite programmate a tre realtà, ci hanno dato modo di constatare come rispondono alla continuità, tra preghiera e azione, alcuni cristiani che hanno fatto scelte molto particolari: Maddalena Holuigue di Spello, francese, che agli inizi degli anni ’70 lascia la Francia, una bella carriera e la famiglia  (poi il marito e la figlia minore l’hanno raggiunta in Umbria, altre 2 si sono sistemate là). E’ venuta ad abitare nella terra di Francesco per meglio capire come si possa incarnare il Vangelo. Trascorre molte ore al giorno in intensa comunione col Signore, ma è anche una donna molto attiva, con grande capacità di comunicare la sua ricchezza interiore. Ha dato vita alla “Casa della povera gente” in “Via della povera vita” per accogliere persone senza dimora, con le quali condivide tutto. Ci accoglie come amici-fratelli da sempre, ci accompagna in una stanza adibita a cappella, dove ci raccogliamo qualche momento in preghiera, assaporando un’atmosfera di grande pace. Poi Maddalena comincia a raccontarci la sua vita e la sua esperienza di crescita spirituale straordinarie, e ci coinvolge ed affascina. Partiti da lei, siamo andati a Perugia per un altro incontro particolare con don Carlo Rocchetta che dirige una realtà interessante: il centro familiare “Casa della tenerezza”, ancora in via di espansione. Don Carlo, con l’appoggio del Vescovo, che ha messo a disposizione il vecchio Seminario con tanto terreno circostante, ha dato il via ad un progetto a sostegno delle coppie in difficoltà, creato per venire incontro al grave problema della crisi della famiglia.. Qui le coppie si incontrano e possono riscoprire il significato del matrimonio ed il valore della famiglia. Alcune coppie vivono lì con i loro figli  cresciuti in numero ed età, e fanno da animatori nelle giornate di spiritualità. Nel primo anno 8 coppie su 10 hanno deciso di ricomporsi avendo riscoperto la bellezza e la tenerezza dell’amore coniugale, sostenuto dalla forza del sacramento. L’ultimo nostro appuntamento umbro è stato con le Clarisse del Monastero S. Agnese di Perugia, esperienza intensa ed emozionante. Sebbene separate dalla robusta grata, abbiamo sentito la loro accoglienza come un caldo abbraccio fraterno. In parlatorio ci hanno accolte sorridenti la Madre Badessa e la giovane Suor Chiara Speranza. Chi di noi non aveva mai avuto contatto con monache di clausura, era molto curioso di capire come si potesse scegliere una vita “così fuori dal mondo”, ma quasi subito si è reso conto che non è “fuori dal mondo”. Ascoltando la descrizione di una giornata in monastero, apprendiamo che rientra negli impegni quotidiani la lettura dei giornali seguita dal dibattito sulle notizie. C’è poi un servizio che porta dentro le mura claustrali, il mondo con tutte le sue sfaccettature: è l’ascolto fraternamente partecipato di chi si rivolge a loro per qualsiasi problema; e c’è l’uscita in missione per l’assistenza ai malati di aids. Una volta al mese la chiesa annessa al monastero rimane aperta tutta la notte, per permettere alle persone “esterne” di vegliare e pregare con loro, davanti al SS. Sacramento. Anche noi abbiamo condiviso un’oretta di adorazione eucaristica, in un profondo silenzio che ha dato voce alla Parola di Dio.

La nostra permanenza nella terra dei grandi santi Francesco e Chiara, è passata molto in fretta, ma ci ha lasciato un segno duraturo: siamo tornati a casa con una carica nuova per continuare nel nostro servizio di samaritani dei nostri prossimi, che non sono solo gli estranei che si presentano al nostro “sportello”, ma tutti, a partire dalla nostra famiglia, compagni di lavoro e amici.

 

 

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Sempre in ascolto

 di  Fabio Furini

 

Il 2004 è stato un anno dei servizi di ascolto e segreteria sempre più quotidiano e fedele sia da parte dei volontari che delle persone che vi si sono rivolte. La presenza settimanale sempre più continua, per l’aumento dei volontari e dei progetti attivati, ha permesso di accogliere maggiori richieste d’aiuto concentrandosi su particolari bisogni manifestati dalle persone che bussano alla nostra porta. Più puntuali e tempestive sono state le nostre risposte di ascolto, di relazione, di informazione e di accompagnamento verso un cambiamento o risoluzione dei problemi.

L’attività in sede

Da una lettura dei dati riportati nella tabella è possibile fare un’analisi del cammino svolto dal servizio nel 2004. Le numerose richieste d’informazione (78) accanto alla promozione di iniziative e progetti di aiuto hanno permesso di consolidare ed estendere la rete di rapporti e collaborazioni con gli Enti Pubblici (Comune di Rovigo, Centri di Servizio per il Volontariato ed associazioni regionali e nazionali), con associazioni di volontariato e cooperative sociali e anche con singoli cittadini. Si è anche consolidata la progettualità esistente grazie all’apporto dei nuovi e giovani volontari che hanno stimolato e reso efficaci le diverse iniziative promosse dal Centro offrendo di conseguenza servizi più qualitativi e mirati.  Nella tabella infatti si coglie una domanda a svolgere un servizio di volontariato di 22 persone. Rimane significativo e in fase di consolidamento lil dato riguardante la rete di rapporti (Informazioni, Contatti con Enti Pubblici, altri) che permettono all’Associazione di essere un importante punto di riferimento nel territorio nella promozione di percorsi di aiuto e di diffusione della cultura del servizio volontario in ambito sociale. Il lavoro di segreteria permette ogni giorno di mantenere tutti i contatti con le varie realtà che lavorano e collaborano con l’associazione, offrendo informazioni utili a chi cerca aiuto o riferimenti adeguati alla propria richiesta, informando e collegando tra loro le attività e i servizi dei volontari. Parallelamente c’è il disbrigo di pratiche amministrative (lettura e protocollo posta, telefonate, risposta alla corrispondenza, informazioni) necessarie per ricevere e trasmettere informazioni ai volontari e alle persone che chiedono aiuto e risposte alle loro necessità. La segreteria assicura anche il passaggio puntuale e preciso delle richieste di colloquio, delle attività promosse dal Centro, delle informazioni che pervengono da altri enti, delle adesioni ad iniziative (convegni, forum, incontri) promosse da altre associazioni pubbliche e private.

Accoglienza e ascolto

Nel 2004 i contatti con l’utenza si sono concentrati maggiormente nei mesi primaverili ed estivi. Rispetto all’anno precedente si nota un sostanziale incremento dei contatti ed incontri con le persone con richieste ed esigenze sempre più specifiche. Sono in costante aumento le problematiche che riguardano la detenzione (il dato in tabella accorpa anche i colloqui in carcere). Qui la domanda d’aiuto si è concentrata nelle richieste di ascolto, sostegno e successivamente di inserimento lavorativo. A questi interventi si sono aggiunti l’informazione ed il sostegno a familiari e volontari che seguono la persona. Lo sviluppo e il sostegno dei progetti d’inserimento lavorativo di detenuti e dello Sportello Giustizia, il maggior impegno profuso dai volontari nella Casa Circondariale di Rovigo trovano nel servizio Ascolto un ambito informativo e di mantenimento dei contatti con gli enti partecipanti all’esperienza. In costante calo è la richiesta d’aiuto che riguarda le problematiche legate al disagio familiare che però non scompaiono, ma riemergono in altre come le richieste di lavoro e di casa sintomi di una marcata insicurezza economica che va’ incidere in situazioni familiari precarie. Sono in aumento solo le richieste di lavoro che esprimono il malessere generale in cui la nostra società si trova di fronte a politiche sociali sempre più penalizzanti la famiglia specie quelle più povere. Si constata poi un dato importante: l’aumento esponenziale del numero di contatti con le persone straniere e in particolar modo con quelle che hanno problemi legati alla loro permanenza nel nostro paese. Esse vivono sempre più in situazioni di emarginazione e la risposta ai loro bisogni trova ancora poche strade o progetti di aiuto e sostegno specifici per i loro principali problemi come la casa e il lavoro. Il Centro ha continuato a fornire loro aiuti primari e per lo più informazioni e riferimenti per una integrazione sociale nel territorio. Sono del tutto assenti, invece, le richieste di aiuto legate alle problematiche delle disagio psichico, dell’alcolismo e di sostegno dei malati di Aids.

Il futuro: la costante presenza dei volontari

Gli interventi posti in atto in questi ultimi anni hanno cercato d’integrarsi con le esigenze del nostro territorio per dare risposte puntuali alle varie richieste d’aiuto. Si è ulteriormente rafforzato il sistema dei rapporti di rete tra il Centro Francescano di Ascolto e le varie realtà sociali e territoriali. Rapporti più stretti si sono consolidati con il Comune di Rovigo, la Provincia e il Centro di Servizio per il Volontariato, segno di una rete sempre più efficace che ci vede protagonisti degli interventi sociali che vengono promossi nel nostro territorio. I progetti attuati e le iniziative culturali stanno trovando sempre più spazi specifici nella nostra realtà locale cercando di dare risposte nuove e più efficaci ai bisogni delle vecchie e nuove povertà. Mantenere i progetti esistenti con l’innesto dei tanti nuovi volontari arrivati in questi due anni deve permettere di impiegare in modo ottimale tutte le risorse umane ed esperienziali accumulate in questi anni di servizio. Ora stanno diventando loro il cuore pulsante e il futuro vero dell’associazione. In modo speciale lo sono coloro che, anche nei servizi più nascosti, permettono agli altri di servire ed accompagnare il prossimo a superare il proprio disagio per ricominciare a vivere con dignità ed amore la propria vita.

 

 

[Sommario]

Nel 2004, sulle strade della solidarietà

 

1. Rovigo - Istituto Tecnico Commerciale De Amicis - Corso “I diritti umani nel nostro territorio” - 2. Larino (CB) - Csv Il Melograno - Convegno “Ma quale giustizia” - 3. Roma - Agenzia Redattore Sociale - Incontro “Febbraio 2001-febbraio 2004: 3 anni di informazione debole” - 4. Adria (RO) - Istituto Tecnico Commerciale Statale per Geometri - Corso “Situazione carceraria e bisogni dei soggetti in carcere” - 5. Padova - Centro Documentazione Due Palazzi - Giornata di studi “Carcere: l’alternativa che non c’è” - 6. Macomer (NU) - Caritas della Sardegna - Convegno “Carcere, chiesa e volontariato” - 7. Camposampiero (PD) - Seac - Seminario di studi “Diritti, accoglienza, perdono: quale posto in questa società?” - 8. Verona - Prc - Tavola rotonda “I diritti in carcere” - 9.  Sacrofano (RM) - Seac - Convegno nazionale “L’Europa e il carcere” - 10. Portoferraio (LI) - Crvg Toscana - Convegno “Io non ci voglio tornare” - 11. Rovigo - Comune di Rovigo - Corso formazione “Ruolo del volontariato e del terzo settore” - 12. Roma -Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia - Assemblea nazionale “Giustizia, diritti, solidarietà e gratuità nel nostro tempo” - 13. Treviso - Csv e Sportello Giustizia - Convegno regionale “Adolescenza e detenzione, percorsi possibili tra detenzione e reinserimento” – 14. Rovigo - Caritas diocesana - Incontro-dibattito “Liberare la pena” - 15. Nuoro - Casa Circondariale Badu e Carros - Convegno “In ricordo di Anna Cualbu” - 16. Roma – Isfol - Convegno “Il mentoring nei percorsi di accompagnamento e mediazione sociale di giovani e di detenuti” – 17. Lauro (NA) - Associazione Il Pioppo e Casa Circondariale - Convegno “L’elogio del limite, carcere e reti territoriali si interrogano”.

 

 

[Sommario]

La follia del volontario cristiano

   di Christian Malanchin

 

Tra i ricordi che mi porto dentro dell’estate scorsa c’è un incontro, un ragazzo che ho conosciuto quasi per caso, visitando più volte una casa di riposo e che mi ha incuriosito perché non è certamente cosa quotidiana vedere giovani dedicarsi con passione all’assistenza di persone anziane. Eppure lui era lì e lo scorgevo a distanza mentre si prendeva cura di loro, conversava con pazienza ed affabilità, anche quando sembrava che l’altra parte non lo capisse o il dialogo fosse arduo.

Incuriosito da quella figura decisi di farmi avanti e grazie alla cordialità del suo carattere non mi fu difficile conoscerlo e scoprire molti lati della sua vita. Mi sorprese sapere che, nonostante i suoi venticinque anni, era già da molto tempo che si impegnava in diversi servizi di volontariato, sia a contatto con anziani, che in ospedale, soprattutto con i pazienti teminali.

Mi sentii subito in speciale sintonia con lui, perché condividevamo la stessa passione e gli espressi quasi istintivamente la mia contentezza per aver trovato un giovane che viveva in maniera così esaltante la sua vocazione cristiana. Ma egli mi bloccò subito tenendo a precisare che non si sentiva  cristiano, anzi non riusciva a credere affatto in un Dio che, secondo lui, lasciava perpetrare ingiustizie infinite in questo mondo, indifferente alle tragedie umane, che non ha nessuna intenzione di scomodarsi. Quel giovane, di fronte alla triste considerazione che non c’era alcun Dio che si preoccupava delle sue creature, ma esse erano sole, abbandonate ad un cieco destino, sentiva forte il dovere di fare qualcosa e quindi di occuparsi lui, nel suo piccolo, di quegli sventurati che implorano ogni giorno aiuto.

Quelle parole mi pesarono tanto e mi misero lì per lì in crisi, perché ero sempre stato abituato a pensare che chi si pone a servizio degli altri, in maniera esplicita o implicita doveva avere un riferimento di fede che funzionasse da molla. Mi trovavo invece di fronte ad una persona che, pur negando in maniera caparbia ogni riferimento religioso, svolgeva con tanta assiduità un servizio a favore del prossimo.

Se le cose stavano così, mi chiedevo: cos’è che fa la differenza tra un cristiano che si impegna nel volontariato e una qualsiasi altra persona? Quel ragazzo sembrava comunicarmi che nell’aiuto del prossimo la fede non è assolutamente necessaria, lui era proprio lì a testimoniarmelo, con il suo eccellente impegno.

Deciso a penetrare più in profondità nel mistero di quel personaggio, scorsi alcuni aspetti ai quali prima non avevo prestato molta importanza.  Innanzitutto osservando bene il suo volto notai che non era affatto sereno, ma nascondeva ferite interiori, si sforzava di sorridere, ma vi riusciva a stento, e la sua mente sembrava a volte da tutt’altra parte.

Dal dialogo, più che comunicare sentimenti di gioia o di pace, a volte sembrava trasmettere amarezza, incomprensione, se non addirittura rabbia verso un mondo troppo appesantito di negatività, di ingiustizie, di cose che andavano storte, di brutture. La sua buona volontà era grande ma si leggeva in lui una sorta di rassegnazione: per quanto io possa fare, il male continuerà sempre a dominare nel mondo.

In lui veramente mancava qualcosa, ma che cosa esattamente?

Forse in lui non c’era la follia del volontario cristiano.

Quando si incontra Cristo, l’eterno fa irruzione nella povera vita della persona e la muta così in profondità che nulla può essere più come prima. Con Lui siamo coinvolti in una svolta che ci fa acquistare una mentalità nuova, un nuovo modo di guardare il mondo e la vita, nuovi criteri di giudizio. Egli ci rende consapevoli che il Regno, cioè quella dimensione straordinaria di amore, giustizia e pace  che tutta l’umanità attende con ansia è già qui, vicina a noi e non è una conquista umana ma è un dono gratuito di Dio. Il male allora non è inesorabilmente presente nel mondo, ma si può vincere perché Cristo lo ha già vinto, è venuto a liberarcene ed anche noi con Lui possiamo vincerlo, vincendo il male con il bene. La vittoria sul male non è frutto dei nostri sforzi ma è sempre un lasciare che sia Lui a sollevarci dai pesi e dalle fatiche per permetterci di amare in maniera smisurata, anzi davvero folle perché si spinge fino a dare la vita.

Questa è la follia di un amore che non conosce riserve né limiti. Una vera follia per gli uomini ma non per chi guarda con gli occhi di Dio. E’ la follia che fa sentire beati i poveri, gli afflitti, chi ha sete di giustizia, i perseguitati…, e dice loro: Rallegratevi ed esultate perché il Regno di pace e di giustizia è finalmente arrivato, può fare ingresso nel vostro cuore e consentirvi di vivere in modo diverso qualsiasi tipo di conflitto. Cristo è risorto ed ha inaugurato la sconfitta del male e della morte. Non possiamo più essere rassegnati al male ma vivendo intimamente uniti a Lui lottiamo con forza ed energia contro di esso nella certezza che Cristo l’ha battuto.

Il volontario cristiano allora è un “folle” che combatte una battaglia che appare superiore alle sue forze, sapendo però che la guerra l’ha già vinta!!!