CONFERENZA NAZIONALE VOLONTARIATO GIUSTIZIA

 

Terni, 10/11/12 novembre 2000

II Assemblea Nazionale del Volontariato Giustizia

L’inizio di ogni nuova avventura porta con sé il senso della “scommessa”, capire cioè se l’intuizione e le necessitą di alimentare nuovi percorsi ha senso e significato o è solo un sogno di una notte di mezza estate.

Nel 1994, tra interesse e scetticismo, iniziò il mio peregrinare romano alla ricerca di disponibilitą per questo sogno di un mondo dell’impegno sociale che riuscisse a coagularsi e uscisse da una storia che lo faceva rassomigliare più a un movimento carbonaro. Luciano Tavazza, che non mi conosceva granché a qual tempo, quando gli proposi il progetto di quello che diventò poi la Conferenza mi rispose asciutto che se trovavo la disponibilitą di altri organismi nazionali lui avrebbe dato tutto l’apporto necessario, e quella promessa la mantenne sempre. Giovanna Pugliese e Carmen Bertolazzi di Arci Ora d’Aria e Paola Dal Dosso della Caritas Italiana, assieme all’esperto dirigente di servizio sociale Celso Coppola, furono coloro che, insieme al sottoscritto, per alcuni anni si ritrovavano periodicamente alla Fivol attorno ad un tavolo a farsi chiarezza sugli obbiettivi e significato di questo nuovo soggetto sociale che avrebbe potuto nascere.

Nell’aprire questa seconda assemblea nazionale del volontariato giustizia, mi sono lasciato prendere da un po’ di nostalgia, non potendo non riandare con il pensiero agli anni in cui si formò l’idea di costituire questo nuovo soggetto, ai primi tentativi di mettere insieme i pezzi di questa esperienza, a una storia che poi è diventata pubblica dalla manifestazione tenutasi a Roma nel carcere di Rebibbia, fu quella la “Prima conferenza nazionale del volontariato impegnato nell’ambito della giustizia”, era il novembre 1996. E in questi anni tanti sono stati gli avvenimenti che hanno profondamente segnato un’esperienza ancora breve ma gią così ricca. Primo fra tutti l’aver perduto un caro amico che credette sin dall’inizio alla proposta e l’appoggiò in ogni modo: è chiaro che il ricordo va a Luciano Tavazza.

Nello spazio di tutto questo tempo, considerando i fatti e gli avvenimenti che si sono succeduti, sembra assai lontana quella convention, la prima del genere, che aveva il fondamentale scopo di saggiare il terreno prima della decisione conclusiva di dare vita a un nuovo soggetto “politico” che rappresentasse il più possibile questo variegato e “singolare”, per certi versi, mondo della solidarietą sociale. L’organizzazione di quella prima conferenza aveva perciò lo scopo di far incontrare i volontari, di alimentare un necessario confronto tra le diverse “anime” del volontariato, laiche e cristiane, che operavano in gruppi e associazioni impegnati negli interventi rivolti alle persone detenute, in misura alternativa ed ex-detenute. Ed, in effetti, le giornate assembleari alla Domus Pacis, che indicarono anche il grande interesse che la proposta suscitava vista la massiccia partecipazione di volontari provenienti da tutta Italia, non furono prive di momenti di contrapposizione, dovemmo superare anche alcune diffidenze circa il pericolo di “perdita di autonomia” da parte delle organizzazioni locali rispetto al nucleo centrale. E’ da rilevare con soddisfazione che le scelte successive, che si produssero, fecero svanire tutte le perplessitą e la costituzione delle conferenze regionali, siamo arrivati a 9, che sono un perno indispensabile dell’organo nazionale, è stata la migliore risposta a tutti i dubbi possibili.

Sin dall’inizio e in modo proprio dal primo giugno 1998, data della ormai storica costituzione, la Conferenza cerca di rappresentare e coordinare una base meno frammentata di qualche anno fa ma ancora sparsa sul territorio, per promuovere con forza e determinazione nuove e più umane idee di giustizia, che devono concretizzarsi attraverso forme di intervento che privilegino modalitą di pace – pensiamo all’impegno per promuovere l’istituto della mediazione nel settore penale per gli adulti, con un’attenzione e un coinvolgimento particolare rivolto alle vittime dei reati. L’atteggiamento pratico e politico della Conferenza, pertanto, è di una ricerca paziente e consapevole di scelte che siano a favore di tutti, attraverso la cultura della condivisione, della testimonianza civile, che diventa gioia e fatica, nella tensione ed attenzione alla centralitą del soggetto umano.

In questi due anni il Consiglio direttivo nazionale della Conferenza ha speso le proprie energie per rafforzare i legami e la rappresentativitą delle conferenze regionali, è stato stimolato il dibattito e l’incontro tra le diverse componenti della base, un lavoro di trasparenza e riconoscimento con gli organismi territoriali pubblici.

In ambito nazionale si è lavorato quasi due anni per realizzare una di ricerca sul volontariato impegnato nella giustizia, finanziata dall’Osservatorio Nazionale del Volontariato presso il Ministero degli Affari Sociali. L’obbiettivo del progetto era conoscere l’effettiva e reale presenza del volontariato impegnato nella giustizia in Italia, un dato che nessuno ha mai prodotto seriamente e che solo con molta approssimazione è stato a volte stimato da alcuni enti di statistica, un elemento che per questa Conferenza diventava assolutamente necessario avere per conoscere l’entitą del mondo che si poneva a rappresentare. I risultati sono stati raccolti in un volume edito dalla Fivol e presentato pubblicamente a Roma il 25 ottobre 2000 al Ministero Affari Sociali (domenica il dott. Frisanco ne farą una dettagliata e preziosa sintesi a tutti i convegnisti). La ricerca, comunque senza anticiparne la relazione, ha evidenziato come il volontariato abbia assunto un ruolo indispensabile all’interno del sistema penitenziario, soprattutto quello che è riuscito a darsi una forma organizzata, continuativa e stabile. Dai risultati dell’indagine, infatti, è emerso in modo sintomatico come essere gruppo organizzato costituisca un valore aggiunto per i volontari, e questo nell’obbiettivo di realizzare interventi più efficaci, per accordi e programmi di lavoro con l’amministrazione penitenziaria. Infine, sempre la ricerca, ha dovuto rilevare il particolare e fruttuoso muoversi del volontariato verso la centralitą della persona, pur in un ambiente quale il carcere che annulla soggettivitą e unicitą, attraverso l’ascolto, il sostegno, la responsabilizzazione e il confronto.

Un altro fatto di grande importanza è stata la firma di uno storico protocollo d’intesa, il primo in assoluto, con il Ministero della Giustizia, avvenuto l’8 giugno 1999, fattore che ha gettato le basi per un effettivo salto di qualitą nel rapporto tra volontariato ed istituzione penitenziaria. La finalitą dell’accordo è quella di sviluppare ulteriormente le attivitą di volontariato all’interno degli istituti e sul territorio, soprattutto per la reintegrazione dei detenuti nel mondo del lavoro e nella societą, con una programmazione annuale delle attivitą regionali e locali di volontariato, con maggiore coinvolgimento delle comunitą locali e, particolarmente significativa è, la decisione di programmare percorsi formativi congiunti per gli operatori istituzionali e volontari.

Con il trascorrere del tempo, le scelte, l’impegno e la progettualitą, soprattutto culturale, che connota le politiche della Conferenza sono sempre più chiari: diventare il volano della crescita del volontariato impegnato nella giustizia in Italia. Che significa maggiore capacitą dei volontari nell’intervento di servizio, forte dialogo ed incisivi e segnanti accordi con le istituzioni pubbliche e private a tutti i livelli, incidenza sulle scelte operative e legislative per quanto riguarda le politiche della giustizia, ed infine crescita dei percorsi sociali di pace rivolti al territorio. E proprio su questa linea si era collocata l’organizzazione del convegno nazionale sulla mediazione penale per gli adulti, del 1999 a Roma, e la collaborazione all’organizzazione di un seminario di studi che si è svolto sul lago di Garda, e che ha proposto un tema che allo stesso tempo solleva questioni di difficile soluzione ma pone obbiettivi di enorme respiro sociale, cioè l’incontro tra gli autori e le vittime dei reati per creare opportunitą di riconciliazione e pace, con l’obbiettivo di parlare maggiormente della mediazione dei conflitti in ambito penale per un’intuizione di giustizia e di pace che connota il credere profondamente a questo istituto quale possibile sostituto della sanzione penale per alcuni reati e in funzione di una migliore qualitą di vita dei territori e dei rapporti umani.

E lo scorso mese di luglio è stata emanata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, una circolare che trova origine proprio dal protocollo d’intesa siglato l’anno precedente, nella quale vengono impartite disposizioni agli istituti e ai centri di servizio sociale per dare pieno riconoscimento al compito perseguito dal volontariato e alla sua presenza a pieno titolo nell’azione trattamentale. Infatti se gią con il protocollo si delineava un accresciuto impegno di collaborazione e si riconosceva al volontariato il ruolo insostituibile di collegamento tra il carcere e la societą civile, ora con questa circolare viene a chiare lettere rivolto a tutti gli operatori del penitenziario l’invito a favorire la partecipazione del volontariato, soprattutto quello organizzato, e a superare quegli ostacoli che ancora, purtroppo, in diversi istituti costituiscono impedimento all’opera dei volontari.

Il 30 dicembre dello scorso anno il Ministro della Giustizia ha firmato un decreto ministeriale che ha disposto l’integrazione della Commissione Nazionale Consultiva del Ministero della Giustizia per i rapporti con le regioni e gli enti locali attraverso la presenza di tre rappresentanti del mondo del volontariato designati da questa Conferenza. Il significato di questo atto ministeriale è fondamentale in quanto pone sullo stesso piano di dignitą, al medesimo tavolo di concertazione, lo Stato, le regioni, gli enti locali e il volontariato, significando un riconoscimento definitivo della necessitą di dialogo e confronto con i rappresentanti sociali del territorio, che gią il protocollo d’intesa aveva delineato ma solo nell’ambito dell’esecuzione penale, come d’altronde gią tratteggiato nel documento di indirizzi del 1994 prodotto dalla stessa Commissione nazionale. Nei primi mesi del 2000 vengono anche costituiti due gruppi di studio della suddetta Commissione Nazionale, uno che va ad occuparsi della verifica dell’attuazione del protocollo d’intesa e l’altro per accertare l’ipotesi di una sperimentazione sulla mediazione penale nell’ambito degli adulti, quest’ultimo proposto dalla Conferenza stessa, e nei quali vengono designati a partecipare tre rappresentanti del volontariato per ogni gruppo.

Durante quest’anno la concomitanza del giubileo dei detenuti ha determinato, tra l’altro, un largo movimento d’opinione sulle problematiche connesse a possibili atti di clemenza, prodotti dal parlamento o dal governo, e la Conferenza ha dato la massima disponibilitą ed adesione a queste iniziative, pur mantenendo una posizione mediatoria rispetto alle proposte che hanno alimentato detti movimenti d’opinione. Ha sollecitato, comunque, più volte il governo e il parlamento, anche con documenti scritti, ad assumere delle decisioni in merito, considerata altresì la drammatica situazione di sovraffollamento in cui versano gli istituti penitenziari italiani e le conseguenze devastanti che questo determina sulla popolazione carcerata. In ogni caso la Conferenza ha ritenuto che un provvedimento di clemenza debba essere non una semplice liberazione formale ma un impegno concreto della comunitą finalizzato alla responsabilizzazione delle persone condannate e al loro reinserimento sociale, un atto che è opportuno possa contenere disposizioni che leghino l’uscita dagli istituti penitenziari all’applicazione di dette modalitą di reinserimento.

A cavallo della data giubilare rivolta ai detenuti, il nove luglio scorso, la Conferenza, assieme ad altre organizzazioni nazionali, è stata tra i promotori ed organizzatori della prima manifestazione nazionale di arte reclusa denominata “Oltre il muro del sogno”, che si è dispiegata per una settimana in diversi punti della cittą di Roma. La qualitą della manifestazione e il numero assai rilevante di partecipanti ha convinto tutti della necessitą di riproporre tale manifestazione ogni due anni, per farne un appuntamento importante di riflessione e sensibilizzazione rispetto alle persone incarcerate e alle risposte che la societą libera può dare. L’arte, quindi, come un fattore fondamentale nell’azione pedagogica penitenziaria, che serva sia alle persone detenute che per coinvolgere la societą esterna sulle problematiche della devianza e dell’esclusione sociale. Infatti è stato anche un momento di confronto, aggiornamento e scambio tra operatori del territorio, del penitenziario, degli enti locali, detenuti e societą libera, comunicando e diffondendo le esperienze realizzate in ambito penitenziario dalle forze del volontariato e del privato sociale, per sollecitare una riflessione costruttiva in grado di promuovere nuovi percorsi di reinserimento e di riparazione che possano dare alla pena un significato profondo di utilitą e integrazione sociale.

 

Quindi, ripensando alla “provocazione” iniziale, cioè se fosse possibile riunire il variegato mondo del volontariato giustizia e farne un soggetto politico, oggi possiamo rispondere con certezza: sì! Anche se è evidente che non può aver automaticamente assorbito e fatti propri certi mutamenti e conquiste solo per il fatto che si sono verificate, e una parte di questo mondo ha tuttora necessitą di essere accompagnata e di trovare modalitą di dialogo e confronto per cogliere fino in fondo la positivitą di quanto sinora accaduto; c’è, altresì, un’altra fetta di volontari, organizzati, che invece sta camminando a piè sospinto verso progettualitą che escono dai confini del proprio microcosmo e si allargano, in parallelo con una mondialitą che non ci da alternative e che misura anche il nostro grado di attenzione sociale, coinvolgendo ogni entitą possibile e attingendo risorse sinora non compendiate.

Ecco perciò che in questa novitą di percorso si inserisce pure la proposta di una rete europea del volontariato impegnato nei percorsi della giustizia, che presenteremo domattina, e che ha origine dall’esperienza sin qui maturata che è stimolo a mantenere vivo ed attuale l’impegno di tutto il nostro mondo, in linea con quanto sta avvenendo a livello politico ed economico nel nostro Paese, delle trasformazioni, insomma, che stanno connotando la fine del ventesimo secolo e l’inizio del ventunesimo.

E’ su queste strade di attenzione, nella tensione positiva, che si inseriranno le proposte e le strategie future che questa Conferenza produrrą per divenire sempre di più un punto di riferimento per coloro che operano nel volontariato sociale, per costruire una societą dove “giustizia” non continui a restare solo un termine che esprime un ideale ma sia il dispiegarsi di atteggiamenti di veritą e solidarietą. Ma il livello e la qualitą dei progetti e percorsi che potranno concretizzarsi dipenderą soprattutto dalla condizione di coinvolgimento di tutto il volontariato impegnato, che significa quanto ogni organismo sentirą propria questa Conferenza e, percependola tale, si farą partecipe dando un contributo fondamentale di energie ed idee, per scrivere insieme un piccolo pezzo di storia.

 

Livio Ferrari (Presidente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia)